29 aprile 2024
Aggiornato 01:30
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Coronavirus, con anticorpi immuni per almeno 6 mesi

I risultati emergono da uno studio in corso da aprile su 12.180 dipendenti dell'ospedale universitario di Oxford, regolarmente testati su anticorpi e infezioni

Coronavirus, con anticorpi immuni per almeno 6 mesi
Coronavirus, con anticorpi immuni per almeno 6 mesi Foto: Alessandro Di Meo ANSA

Coloro che hanno contratto il virus del Covid-19 mostrano basse probabilità di poter contrarre nuovamente l'infezione nei sei mesi successivi al contagio. Lo rivela uno studio, ancora in corso, dell'Università di Oxford e dell'ospedale universitario di Oxford, presentato oggi.

I risultati emergono da uno studio in corso da aprile su 12.180 dipendenti dell'ospedale universitario, regolarmente testati su anticorpi e infezioni. «Questo studio mostra che la maggior parte dei partecipanti che hanno contratto l'infezione di Covid-19 hanno una protezione contro una re-infezione per almeno sei mesi», ha dichiarato in una nota uno degli autori, il professor David Eyre del dipartimento Nuffield di Salute della popolazione.

«Non abbiamo riscontrato nessuna nuova infezione sintomatica tra i partecipanti che avevano sviluppato gli anticorpi e tra gli 89 che erano negativi agli anticorpi e poi hanno avuto il contagio» con sintomi.

«E' una buona notizia perché possiamo essere sicuri sul breve termine che le persone che contraggono il Covid-19 non lo contrarranno di nuovo», ha aggiunto «Il livello degli anticorpi si riduce con il tempo, ma esiste una certa immunizzazione che permane».

OMS raccomanda di non usare il Remdesivir

L'Organizzazione mondiale della Sanità ha raccomandato di non usare il farmaco antivirale Remdesivir per i pazienti ricoverati in ospedale con il Covid-19, «a prescidere di quanto siano gravi le loro condizioni, perché attualmente non ci sono prove che migliori la sopravvivenza o la necessità di ventilazione».

In una nota l'Oms ricorda che il remdesivir è finito sotto i riflettori in tutto il mondo «come cura potenzialmente efficace per forme gravi di Covid-19 grave ed è sempre più utilizzato per curare i pazienti in ospedale. Ma il suo ruolo nella pratica clinica è rimasto incerto». E la raccomandazione di non usarlo, si precisa, si basa sulla «comparazione degli effetti di diversi trattamenti farmacologici per Covid-19 e include i dati di quattro studi internazionali che hanno coinvolto oltre 7.000 pazienti ricoverati in ospedale per Covid-19».