16 aprile 2024
Aggiornato 19:30
Google e demenza

Usi Google per troppo tempo? Rischi la demenza

L’utilizzo continuato e indiscriminato di internet e, in particolare, dei motori di ricerca come Google, secondo alcuni scienziati britannici potrebbe portarci a un aumentato rischio di demenza

Google ci porterà alla demenza?
Google ci porterà alla demenza? Foto: Shutterstock

Prima di tutto è doverosa una precisazione: non è certo colpa di Google se noi siamo più o meno soggetti alla demenza. Piuttosto è il nostro utilizzo indiscriminato dei dispositivi elettronici e dei relativi motori di ricerca – il cui più famoso è Google – a poter aumentare il rischio di declino cognitivo fin dalla più giovane età. Ad asserirlo sono stati alcuni ricercatori del Regno Unito che hanno evidenziato come molte delle comodità a noi disponibili possano, in alcuni casi, ritorcersi contro di noi. Ecco cosa rischi se fai un’overdose di ricerche sul web.

Chi è capace a stare senza Google?
Diciamo la verità: quanti di noi riescono a stare un giorno intero senza Google? Da quando abbiamo a disposizione internet anche nello smartphone, basta avere una minima perplessità, un dubbio o un’idea che ci armiamo di Google per ottenere delle risposte alle nostre domande. E se pensate si tratti di una prerogativa dei giovani, vi sbagliate di grosso. Ormai anche gli over 60 non possono fare a meno di effettuare ricerche sul web. Ma questa sorta di dipendenza, a detta di alcuni scienziati, potrebbe favorire il declino cognitivo.

Perché usare il cervello?
Il problema principale, secondo i ricercatori britannici, è che non utilizziamo più il nostro cervello, i nostri ricordi, il pensiero spontaneo e l’intelligenza. Troviamo tutti molto più comodo affidarci a Google per avere pareri – spesso discordanti – riguardo i nostri dubbi. «È importante promuovere una buona salute del cervello e l’unico modo per farlo è usarlo costantemente, ma in questi giorni sembriamo esternalizzare il nostro cervello a Internet», ha dichiarato Frank Gunn-Moore, professore dell'Università di St Andrews nel Regno Unito.

Meglio Google
Una risposta che tutti potranno darvi in merito è che è decisamente più semplice ottenere risposte in pochi secondi attraverso Google che sforzare il nostro cervello per ricordare nozioni acquisite in passato. «Se vogliamo sapere qualcosa, cerchiamo online piuttosto che cercare di richiamare le informazioni dalla nostra memoria. È un esperimento che coinvolge tutta la razza umana e dovremo aspettare di vedere se questa esternalizzazione influisce davvero sulla prevalenza della demenza», ha aggiunto.

Ma qualche speranza c’è
«Quando ripenso a 10 anni fa, i progressi che abbiamo fatto sono incredibili. La prevalenza della demenza ha iniziato a calare, ma poiché molti di noi vivono più a lungo, il numero continua a salire. Ci sono buone prove del fatto che se viviamo uno stile di vita sano potremmo sbarazzarci di un terzo dei casi, ma abbiamo visto anche gli effetti sul cuore e notiamo ancora un aumento dell'obesità, quindi si tratta di un problema sociale. In poche parole, tutto ciò che è un fattore di rischio per il cuore è anche un fattore di rischio per il cervello», ha continuato Gunn-Moore durante un’intervista al Daily Mail.

Non è il primo studio
Quello del team guidato da Gunn-Moore non è il primo studio sull’argomento. Un paio di anni fa alcuni ricercatori dell’Università della California hanno evidenziato come la dipendenza da Google – o, in generale da internet – stia cambiando vistosamente il modo in cui pensiamo e ricordiamo. «Mentre prima potevamo tentare di ricordare qualcosa da soli, ora non ci preoccupiamo. Man mano che maggiori informazioni saranno disponibili tramite smartphone e altri dispositivi, diventeremo progressivamente più dipendenti durante la nostra vita quotidiana», conclude il ricercatore Benjamin Storm. Insomma, forse grazie a Internet potremo goderci più la vita perché non dovremmo tenere sempre il cervello attivo allo scopo di ricordare anche le nozioni più semplici, d’altro canto con molta probabilità assisteremo a un declino cognitivo in giovane età.