26 aprile 2024
Aggiornato 18:30
Ricerca e salute

Diabete: ricerche e innovazioni che cambiano la vita

Gli enormi sforzi scientifici e le ricerche più innovative nel campo del diabete. Ecco come può cambiare (in meglio) la vita dei pazienti diabetici

Diabete: le ultime ricerche scientifiche
Diabete: le ultime ricerche scientifiche Foto: Shutterstock

Il diabete si sta ormai diffondendo a macchia d’olio. I numeri sono allarmanti e parlano da soli: 400 milioni di individui affetti da tale patologia in tutto il mondo, di cui il 90% dei casi – in Italia – è di tipo 2. Se da un lato è previsto un aumento esponenziale nei prossimi vent’anni, dall’altro la ricerca sta facendo passi da gigante per migliorare la vita dei diabetici. Ecco le migliori scoperte e innovazioni dell’ultimo decennio.

Diabete: non è colpa (solo) dello zucchero
Quando si pensa a un paziente diabetico si ritiene che la sua dieta debba essere povera di cibi zuccherini. Ma se per un verso questo è vero, per l’altro il Centro per la ricerca in epidemiologia dell’Inserm di Parigi ha mostrato che vi sono anche altri tipi di alimenti che mettono a rischio la salute di un diabetico. Chi assume, per esempio, cibi prettamente acidi pare avere un rischio aumentato di sviluppare diabete di tipo 2. Lo studio, durato 14 anni, ha coinvolto 65mila donne, di cui 1.300 diventate diabetiche durante l’osservazione. Le persone che mostravano un’acidità aumentata parevano essere sottoposte a rischi maggiori di sviluppare il diabete. Sul banco degli imputati carne, pesce, formaggi e legumi a discapito di basse quantità di frutta, cereali e verdura. Tra la frutta migliore emergono gli agrumi come il limone che sembrano contrastare l’iperglicemia.

  • Lo sapevi?
    Ci sono 4 milioni di italiani affetti da diabete, ma un milione non sa nemmeno di averlo. Sono i dati emersi il 14 novembre 2016 scorso durante la Giornata mondiale del diabete.

Chi ha detto all’insulina di fermarsi?
Sono anni che i ricercatori si chiedono perché l’insulina non viene secreta a dovere nei pazienti diabetici. A fornire una risposta sensata sono stati alcuni scienziati della Stanford University School of Medicine. Sono loro ad aver scoperto la limostatina, un ormone che frena la circolazione di insulina nei momenti di digiuno. La scoperta sarebbe stata fatta nei moscerini della frutta, ma pare che negli esseri umani il funzionamento sia identico. Per capirne di più il gruppo di ricerca ha tenuto a digiuno prolungato (28 ore) i moscerini della frutta, in questo modo hanno appurato che la limostatina causa una riduzione di insulina se espressa in abbondanza. Una volta compreso il meccanismo, ai moscerini è stata apportata una modifica genetica affinché non fossero in grado di esprimere la limostatina. Il risultato? Insulina à gogo. La Limostatina nell’uomo si chiamerebbe neuromedina U. Tale proteina sembra essere associata anche alla pressione sanguigna, al controllo dell’appetito, ai disturbi metabolici e all'obesità.

Il cerotto che sostituisce le iniezioni
E’ una delle innovazioni più sensazionali: a prima vista è un semplice cerotto ma in realtà è il futuro dell’insulina per i diabetici. Addio quindi a siringhe e dolorose iniezioni, il cerotto – frutto dell’ingegnosità di ricercatori americani – è in grado di misurare la glicemia e rilasciare l’insulina all’occorrenza. Si tratta di un micro-dispositivo delle dimensioni di una monetina in cui si trovano minuscoli aghetti e sensori in grado di rilevare la quantità di glucosio ematico. Lo studio – pubblicato su Pnas – è stato per ora testato con successo solo su modello animale. Ma si ritiene che presto possa essere utilizzato anche dall’uomo.

  • Approfondimento: come funziona il cerotto?
    Il cerotto, spiega il professor Jiching Yu autore della ricerca, è dotato di vescicole artificiali come quelle umane che immagazzinano l’insulina e che svolgono funzioni analoghe. Per farlo è stato adoperato l’acido ialuronico e un’altra sostanza utilizzata in diagnostica. Le vescicole contengono oltre che insulina anche degli enzimi che rilevano glucosio. Quando quest’ultimo è in eccesso la vescicola si rompe rilasciando insulina nel torrente ematico. Il cerotto dovrebbe essere cambiato ogni tre o quattro giorni ed è totalmente indolore.

L’insulina intelligente
Oltre al cerotto, uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academies of Science riporta l’ideazione di un farmaco smart completamente innovativo. Un semplice dose di insulina sarebbe in grado di essere adoperata dall’organismo all’occorrenza nell’arco di 24 ore. La ricerca, condotta dall’Università dello Utah, è improntata sulla progettazione di un’insulina in grado di legarsi a una proteina presente nel nostro sangue: l’albumina, per essere utilizzata solo quando strettamente necessaria. Il test del farmaco è stato eseguito su topi affetti da diabete di tipo 1. Affinché possa essere utilizzato sugli esseri umani ci vorranno ancora circa cinque anni di sperimentazioni.

Il tatuaggio che ti dà informazioni sulla glicemia
Avete presente i tatuaggi per bambini? L’Università della California di San Diego ne ha creato uno anche per gli adulti… diabetici. Si tratta di un dispositivo extrasottile e privo di aghi in grado di misurare i livelli di glucosio nel sangue. Si posiziona sulla pelle ma non la buca. Il sensore si avvale di alcuni fluidi presenti nelle cellule epidermiche. Si tratta di un prodotto di altissima tecnologia formato da una gran moltitudine di micro-elettrodi. Esso emette una corrente non percepibile a livello sensoriale, ma sufficiente per attrarre ioni di sodio contenuti nel fluidi presenti tra le varie cellule: sono questi che generalmente trasportano il glucosio. Il dispositivo è monouso ma non preoccupatevi per il prezzo: in produzione il costo è di pochi centesimi. Il prodotto è già stato testato su esseri umani.

Monitoraggio a portata di mano
Un dispositivo simile è l’Abbott FreeStyle Libre, il primo sistema made in Italy. Si tratta di un sensore indossabile e utilizzabile per due settimane. È piccolo come il cerotto ma è anche dotato di un lettore che si tiene separatamente. Quest’ultimo si passa sul sensore applicato sulla pelle per conoscere immediatamente il valore glicemico. E il bello è che è in grado di leggere i dati anche attraverso i vestiti. Ma le sorprese non finiscono qui: tutti i dati vengono elaborati da un software – l’Ambulatory Glucose Profile (Agp) – che mostra i grafici giorno per giorno. «È un grande risultato, raggiunto da anni di ricerca negli Stati Uniti, che hanno comparato i dati della rilevazione della glicemia raccolti dal sangue con quelli del liquido interstiziale delle cellule che hanno dato gli stessi risultati di attendibilità» racconta Stefano Genovese, responsabile Unità operativa diabetologia e malattie metaboliche dell’Irccs Multimedica di Sesto San Giovanni (Milano).

Il vaccino al San Raffaele di Milano
Il team italiano del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’IRCCS dell’Ospedale San Raffaele ha scoperto che c’è una stretta relazione tra infiammazione intestinale, diabete di tipo 2 e aterosclerosi. L’infiammazione insorge a causa di un’elevata presenza di batteri cattivi a discapito di quelli buoni che compongono la famosa flora intestinale o macrobioma. Per questo i ricercatori sono riusciti a immunizzare l’organismo a un aumento della flora batterica negativa aumentando la formazione di globuli bianchi. «Abbiamo somministrato ai topi una proteina, chiamata ompK36, che è sempre presente sulla superficie di certi tipi di batteri. Questa proteina di solito regola il passaggio di molecole dall’interno all’esterno dei batteri e viene riconosciuta dal nostro apparato immunitario – spiega Canducci – Nel nostro lavoro abbiamo scoperto che è in grado di attivare una risposta nelle cellule immunitarie, inducendole a generare un’altra proteina, chiamata apoE. Quest’ultima ha l’obiettivo di trasportare i grassi, ma è anche un poderoso antinfiammatorio. Dunque con il vaccino la produzione di apoE accresce e questo fa abbassare lo stato infiammatorio nell’intestino, nel fegato e nella placca aterosclerotica». Insomma, una soluzione senz’altro innovativa che, se dovesse andare in porto potrebbe scongiurare sindrome metabolica e malattie cardiovascolari.

Il capello luminoso: la ricerca caduta nell’oblio
Vi sono anche ricerche che sembravano particolarmente innovative di cui non si è più saputo niente. È il caso di un composto di nanotubi di carbonio, sottile come un capello, in grado di misurare in tempo reale la glicemia. La sua ideazione la si deve a Michael Strano, docente di ingegneria chimica e biomolecolare dell’Università di Illinois a Urbana-Champaign. Si tratta di un dispositivo da impiantare sottopelle che, se illuminato con infrarossi, cambia il suo colore a seconda del livello di glucosio nel sangue. Nel 2004 il sensore era stato testato su tessuti umani con successo. Negli anni successivi non se ne è più parlato.

Un aiuto dalla natura
Tra le varie ricerche scientifiche sono emersi anche dati piuttosto positivi circa alimenti e piante medicinali. Un recente studio pubblicato Nutrition Reviews ha, per esempio, asserito che il melograno grazie ai suoi preziosi antiossidanti riduce i problemi cardiovascolari e la perossidazione dei lipidi nei pazienti affetti da diabete di tipo 2.

Momordica, la pianta antiglicemia
La Momordica è un frutto particolarmente amaro, ma alcuni ricercatori hanno scoperto che due sostanze in essa contenuta (3-hydroxycucurbita-5 e il β-glucopyranoside) aumentano notevolmente il rilascio di insulina.

Agrumi e aceto
Gli agrumi sembrano essere in grado di contrastare l’insulino-resistenza. In particolare, contengono due note sostanze (la naringina e l’esperidina) che sembrano tenere sotto controllo il diabete. Una ricerca pubblicata su Diabetes Metabolism Journal ha valutato un effetto antilipemico anche grazie all’aceto. Esso è stato in grado di proteggere il pancreas (su modello animale) in seguito a un’alimentazione ricca di zuccheri e grassi.

Mezzo cucchiaino di cannella per dire addio al diabete
Non sarà un miracolo ma di certo è un rimedio essenziale per i pazienti diabetici. Una ricerca statunitense ha messo in evidenza come un ingrediente attivo della cannella, l’MHCP, funzioni al pari dell’insulina attivandone i recettori e migliorando la metabolizzazione del glucosio. Durante lo studio sono state somministrate pillole e base di uno, tre o sei grammi di cannella dopo i pasti. Dopo alcune settimane la glicemia si è ridotta in modo stabile del 20 percento. Unico neo: una volta terminata la cura i livelli salgono nuovamente.

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