18 aprile 2024
Aggiornato 18:30
Chiusi gli Stati Generali M5S

Tanto tuonò che non piovve

Se scissione dovrà essere, l'esito degli Stati generali del Movimento 5 stelle non la fa intravedere, non nell'immediato orizzonte, almeno. Di Battista: «Pronto a rimettermi in giorco»

Roberto FICO, Alessandro DI BATTISTA e Luigi DI MAIO
Roberto FICO, Alessandro DI BATTISTA e Luigi DI MAIO Foto: Ettore Ferrari ANSA

Tanto tuonò che non piovve. Se scissione dovrà essere, l'esito degli Stati generali del Movimento 5 stelle non la fa intravedere, non nell'immediato orizzonte, almeno. Alessandro Di Battista, nel suo attesissimo intervento alla plenaria finale trasmessa in streaming, precisa di non parlare a titolo personale ma non torna sulla polemica sulle preferenze secretate in occasione del voto per gli oratori odierni.

Poi pone sei condizioni non proprio insormontabili (definite «garanzie"): revoca della concessione di Autostrade ai Benetton, conflitto di interessi nei mass media e nel rapporto politica-finanza (citando gli Elkann e l'ex ministro Padoan destinato a Unicredit), no alle alleanze strutturali, no alla deroga sulla regola del doppio mandato per parlamentari e consiglieri regionali, legge elettorale con preferenze, trasparenza sulle nomine nei ministeri e nelle partecipate pubbliche. Tutte cose sulle quali si può al più accusare il M5S di non impegnarsi troppo ma che tutto sommato fanno parte della linea tenuta in Parlamento e nel Governo.

Non a caso Luigi Di Maio gli replica a stretto giro di posta, ribadendo la conferma della norma sul doppio mandato e ricalcando la linea dell'ex «fratello» Dibba su Autostrade. Non a caso Paola Taverna rivendica nel suo intervento di aver presentato lei stessa una proposta di legge per la trasparenza nelle nomine pubbliche. Il più duro è Roberto Fico, convinto assertore del rapporto stabile col centrosinistra, che attacca «le cordate, le correnti, i personalismi» come strumenti da «vecchia politica».

Dagli ambienti vicini a Di Battista si parla di «confusione» e si fa notare la scarsa attenzione che l'evento in streaming ha raccolto su Facebook (poche migliaia di visualizzazioni in diretta). Le fonti vicine ai vertici del Movimento, invece, sottolineano la debolezza delle condizioni poste da Di Battista. Qualcuno parla di ricucitura possibile «nei limiti del buon senso», se cioè l'ex deputato rinuncia a porre «ultimatum».

Quanto alla piattaforma Rousseau, si va avanti con quella ma il controllo va sottratto a Davide Casaleggio (assente per scelta, come del resto silente è rimasto il fondatore Beppe Grillo, per la prima volta solo un'ombra lontana in un evento così importante per i suoi storici seguaci). Su Rousseau si cercherà un accordo anche economico, probabilmente, ma con l'apertura delle sedi e il finanziamento dell'attivismo sul territorio il Movimento virtuale con sede nella Rete, immaginato da Gianroberto Casaleggio riposa nel libro dei ricordi. E questo anche se, come ha spiegato Vito Crimi, capo politico che ha retto finora la difficile transizione del dopo Di Maio e l'anno della pandemia, il Movimento «ripudia il finanziamento pubblico ai partiti e conferma la necessità di finanziarsi con i contributi volontari dei cittadini e dei portavoce».

Le tappe successive le ha riassunte Crimi nel saluto finale: a breve il voto degli iscritti sul documento di sintesi dei lavori. Poi la modifica allo statuto del M5S, con l'organo collegiale (la cara, vecchia, segreteria di partito) che sostituirà il capo politico, infine il voto per eleggerne i componenti. Nel frattempo si verificherà la possibilità di una ricucitura con Di Battista per una possibile segreteria unitaria. Ma gli accenti iper europeisti di Roberto Fico ("l'Ue non ci ha lasciati soli nella pandemia") e di Luigi Di Maio che ha proposto di entrare «in una famiglia politica europea» sembrano fatti apposta per mettere in difficoltà l'ala critica, che a Bruxelles e a Roma annovera non pochi euroscettici.

(con fonte Askanews)