26 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Crisi di Governo

Salvini: genio o sregolatezza

La mossa di sfiduciare Conte è frutto della genialità politica, o è stata completamente sbagliata e si dimostrerà un abbaglio storico?

Il leader della Lega, Matteo Salvini
Il leader della Lega, Matteo Salvini Foto: ANSA

Una capacità di Salvini è quella di creare subito una chiarezza di sentimenti: non si può essergli indifferente, o lo si ama o lo si odia. Anche in occasione di questa crisi di governo, giunta in modo assolutamente inaspettato anche agli analisti più attenti, non ci si può comportare diversamente, e quindi o lo si appoggia senza discussioni o lo si attacca senza freni.

Però la domanda è, alla fine, semplice: la mossa, e soprattutto i suoi tempi, sono stati frutto della genialità politica, o sono stati completamente sbagliati e si dimostreranno un abbaglio storico? Parliamoci chiaro: nessun legame o coalizione è eterno, soprattutto quando coinvolge due parti con storie e cammini politici così diversi. Possono essere alleati senza si e senza ma partiti che hanno storie identiche e che, in fondo, esprimono fazioni di una stessa ideologia, come, ad esempio Leu, ed il PD. In questo caso la divisione non è legata a serie differenze ideologiche o di pensiero, ma solo a diverse concezioni della divisione del potere. I cammini di Lega e del Movimento Cinque Stelle potevano essere uniti solo, giusto, per uno scopo comune, ma la loro storia, la loro intrinseca natura sociale, sono così diverse che era semplice prevederne la separazione. Perfino l'evoluzione dell'elettorato è stata completamente diversa: il primo partito localista evolutosi in partito nazional-popolare, il secondo iniziato rivoluzionario e finito nell'establishment europeo.

Nessuna sorpresa quindi che si siano separati, ma perchè ora? Perchè non immediatamente dopo le votazioni sulla presidenza della Commissione e l'elezione di Ursula Von Der Leyen per merito dei Cinquestelle, forse l'elemento finale di rottura fra Di Maio e Salvini? Perchè non farlo ad ottobre su un tema caldo e molto popolare come la legge finanziaria? Perchè Ora? Forse un giorno il leader leghista, nelle sue memorie, vorrà rivelarci i retroscena di una scelta che, altrimenti, sfugge alla comprensione anche di tanti suoi sostenitori.

I fattori possono essere diversi: forse la votazione sulla TAV al Senato ha fatto traboccare il vaso, forse Salvini ha avuto uno scatto di carattere dopo i continui attacchi, molto pesanti, da parte di una parte dei Pentastellati, forse ci sono dei fattori interni alla coalizione ed ai partiti che la compongono che non conosciamo. Sicuramente il leader della Lega ha preso una decisione secca, cosa che in Italia non accade quasi mai, ha bruciato le navi alle sua spalle ed ha iniziato una marcia in un territorio sconosciuto verso due possibili esiti: la vittoria più totale o la sconfitta politica, anche e di breve termine. Vittoria se si andrà alle elezioni, in questo momento più lontane, sconfitta di breve termine se si formerà il governo Di Maio-Renzi, come appare probabile ora.

Il fatto che la battaglia sia decisiva viene indicato dall'immediato riallinearsi dei suoi avversari, tutti, anche quelli più improbabili: vedere Di Maio ed i pentastellati più arrabbiati allineati con Matteo Renzi e Zingaretti, da un lato mette paura, perchè comunque controllano la metà del parlamento, ma dall'altro lato fa sorridere. Come giustamente Gianluigi Paragone faceva notare su Facebook , vi immaginate una commissione d'inchiesta sul sistema bancario con dentro Maria Elena Boschi? Oppure ritenete possibile che il taglio dei parlamentari sia votato dall'unico partito in parlamento che gli si è opposto? O che Zingaretti tolga le concessioni autostradali ai Benetton? Oppure una campagna contro la corruzione guidata anche dallo stesso presidente della Regione Lazio, denunciato per abusi nelle nomine solo pochi giorni fa?

Forse questa è la vera lettura della scelta di Salvini: si è reso conto che, comunque vada, sarà una vittoria, e che l'unica sconfitta poteva derivargli dal vivacchiare al potere senza una meta precisa e costretto quotidianamente ad una guerriglia istituzionale. L'unica cosa che può cambiare è la tempistica, se oggi, con un redde rationem elettorale immediato, o domani, dopo aver fatto esplodere pubblicamente le contraddizioni dei suoi avversari. Questo punto è forse l'elemento che sfugge sia a Zingaretti sia a Di Maio che, se tenessero veramente alle proprie parti politiche, andrebbero immediatamente al voto e non premetterebbero di essere cotti a fuoco lento.