19 aprile 2024
Aggiornato 20:00
L'intervista

Frassinetti: «Dopo due anni di Dad, in Italia la povertà educativa è un’emergenza»

L’onorevole Paola Frassinetti, responsabile del dipartimento Istruzione di Fratelli d’Italia, lancia al DiariodelWeb.it l’allarme sulla situazione delle scuole italiane

Frassinetti: «Dopo due anni di Dad, in Italia la povertà educativa è un’emergenza»
Frassinetti: «Dopo due anni di Dad, in Italia la povertà educativa è un’emergenza» Foto: Luca Zennaro ANSA

Si parla tanto, e giustamente, della crisi economica portata dalla pandemia da coronavirus. Ma c’è un altro genere di povertà almeno altrettanto preoccupante che, da anni a questa parte, dilaga nel nostro Paese: quella educativa. Un allarme che è stato lanciato nell’aula della Camera con toni molto chiari dall’onorevole Paola Frassinetti, responsabile del dipartimento Istruzione di Fratelli d’Italia. Il DiariodelWeb.it l’ha raggiunta.

Onorevole Paola Frassinetti, qual è il punto della situazione dell’istruzione in Italia?
I dati statistici ci raccontano che gli studenti italiani hanno difficoltà ad interpretare i testi, sono molto indietro nelle materie scientifiche e non sanno quasi più scrivere. Già da queste rilevazioni abbiamo lanciato un doppio allarme: quello della povertà educativa e quello della dispersione scolastica, due emergenze connesse.

Colpa di quasi due anni di didattica a distanza?
Sicuramente la Dad ha acuito un problema che però già esisteva, non si è creato all'improvviso. La mancanza di lezioni in presenza è stata molto pesante, anche per via delle problematiche oggettive a collegarsi con una connessione decente. In questi casi la famiglia ha giocato un ruolo importante: i ragazzi che ne avevano alle spalle una in grado di sostenerli dal punto di vista culturale e intellettuale potevano farcela, gli altri si sono trovati in grossa difficoltà.

Quali sono le vostre proposte per garantire le lezioni in presenza anche in un periodo di pandemia?
Noi proponiamo da tempo dei concetti semplici e fondamentali, ma che alla fine non vengono attuati. Primo: il contrasto alle classi pollaio, ovvero la riduzione del numero degli alunni, perché il distanziamento non si può attuare quando l'aula è troppo affollata. Secondo: il cosiddetto modello Marche, cioè l'equipaggiamento delle scuole con dispositivi d'aerazione automatici, che eviterebbero le finestre aperte, in particolare con le temperature più rigide.

Per la serie, se i bambini evitano il contagio da Covid, però si prendono la broncopolmonite.
Esatto. Terzo punto: la necessità del tracciamento, effettuando con frequenza i test salivari, che sono meno invasivi del tampone e possono essere svolti anche dagli alunni delle primarie. Insieme all'istituzione dei presidi sanitari nelle scuole, che possano intervenire a supporto come accadeva una volta nelle vecchie infermerie.

Anche il personale scolastico ha fatto sentire fortemente le proprie rivendicazioni con il recente sciopero.
Potrà sembrare inusuale, ma noi abbiamo dato solidarietà a tutti i sindacati che sono scesi in piazza. Stiamo seguendo la questione del loro rinnovo contrattuale, assai problematica. Il ministro Bianchi aveva promesso degli aumenti rilevanti che, come al solito, non ci sono. La scarsa retribuzione dei nostri insegnanti rimane una piaga unica in Europa. Per non parlare della stabilizzazione dei precari, dell'ammorbidimento dei vincoli sulla mobilità, dell'organico del personale Ata contro il Covid: tutti emendamenti che abbiamo proposto al bilancio. E speriamo che qualcuno venga accolto, per dare ossigeno a queste categorie di lavoratori della scuola, dei quali siamo al fianco.

Nel Pnrr sono state stanziate abbastanza risorse per l'istruzione?
Le risorse ci sono ma, come in tutti i settori, bisogna vedere come vengono gestiti questi miliardi annunciati. Paradossalmente, bisogna avere la capacità di saper utilizzare questi fondi. E non è sempre così.

Anche perché bisogna capire qual e l'approccio alla scuola che questo governo ha in mente.
È in atto una vera e propria riforma nascosta, che non viene discussa in parlamento, della quale non si conoscono i riferimenti valoriali. Mi riferisco alla battaglia modernista contro il modello classe. Nella recente kermesse di Fratelli d'Italia, Atreju, ho tenuto un discorso in cui sostenevo che la lezione frontale non può diventare il nemico. E questa settimana persino Galimberti, che non è di certo vicino a me politicamente, scrive un appello su Repubblica per salvare la lezione frontale. Se anche illustri personaggi che si occupano di scuola dicono le stesse cose, allora non sono io ad essere retrograda. La lezione frontale è forse il momento più importante: quando il maestro o il professore spiega e accende una scintilla d'entusiasmo nell'alunno che sta ad ascoltare, la volontà di affinare il senso critico, di approfondire alcuni argomenti.

Eppure il ministro Cingolani ha recentemente dichiarato che è inutile studiare per tre volte le guerre puniche...
Noi lo contestiamo. Se le guerre puniche si studiano più volte è perché la storia così come la si racconta ai ragazzi di terza elementare è diversa da quella che si studia in terza liceo. Questo è sempre stato un metodo della nostra scuola e l'ha resa una delle migliori d'Europa. Si fa tanto parlare di innovazione tecnologica, che però deve essere al servizio della didattica, non diventare una disciplina a sé. Per questo noi difendiamo la cultura umanistica. Ad esempio, la presunta volontà di abolire il tema di italiano è assurda: soprattutto nell'epoca dei social, in cui tutti chattano ma senza più prendere una penna in mano. Saper esprimere il proprio pensiero e metterlo per iscritto, in una formazione, è molto importante. E il latino sviluppa le capacità di sintesi e di logica non meno di un problema di matematica.

A proposito di Atreju, la Meloni ha parlato anche della futura elezione per il Quirinale. Sancendo che il nuovo presidente della Repubblica dovrà essere un patriota e che Berlusconi lo è. Sarà lui il vostro candidato?
La presidente ha giustamente detto che vogliamo un presidente super partes: mi sembra un requisito necessario. Questa volta, a differenza di altre, dovrebbe essere votato un po' da tutti. A maggior ragione perché il centrodestra avrà i numeri per dire la sua, come non accade da molti anni. Abbiamo la possibilità di determinare il nuovo capo dello Stato. Il nome dipenderà anche dalla coesione della coalizione, che dovrà essere paritaria: nessuno può andare da solo a fare accordi.

Quindi non è detto che voi punterete su Berlusconi?
Sì. Non abbiamo la sfera di cristallo. Si tratta di una questione di numeri e bisognerà vedere al momento.