19 aprile 2024
Aggiornato 17:00
Centrosinistra

D'Alema perde ancora: stavolta la causa contro un giornale (di sinistra)

Il Baffino querelò l'Espresso per un articolo in cui lo avevano accostato agli appalti per la Tav di Firenze: ma la giudice del tribunale di Roma gli ha dato torto

Massimo D'Alema
Massimo D'Alema Foto: Alessandro Di Meo ANSA

ROMA – Quella tra Massimo D'Alema e i giornalisti è una guerra senza quartiere dichiarata ormai molti anni fa. Nel tempo li ha definiti «iene dattilografe», pusillanimi, ignoranti e pettegoli, «un problema per l'Italia come la corruzione». Dichiarò che non leggere i giornali era semplicemente «un segno di civiltà», e la soluzione era «lasciarli in edicola». Per lui Scalfari era «un leccapiedi», Galli della Loggia «un analfabeta di andata e ritorno», Pansa uno che «non capisce un c***o di politica», Damilano «stupido e bugiardo». Perfino un satirico come Giorgio Forattini finì da lui querelato, con la modica richiesta di tre miliardi di risarcimento, per una vignetta. E dire che lui stesso è iscritto all'albo dei giornalisti professionisti, e fu persino direttore de L'Unità.

La sentenza
Ebbene, l'ultima (ma solo in ordine di tempo) battaglia di questa guerra condotta a suon di dichiarazioni velenose e di cause civili, l'ex presidente del Consiglio l'ha persa. La giudice Marzia Cruciani, della sezione civile del tribunale di Roma, ha dato torto a Baffino per la querela che aveva sporto contro una testata giornalistica, condannandolo anche al pagamento delle spese processuali.

L'articolo incriminato
Ma l'aspetto più curioso della vicenda è forse proprio il nome del magazine che è stato preso di mira dall'ex segretario del Pds e dei Ds, ovvero l'Espresso, il settimanale simbolo del centrosinistra. Che, però, aveva osato pubblicare un'inchiesta giornalistica associando in modo poco piacevole il nome di D'Alema agli appalti per la Tav di Firenze: i colleghi avevano scritto di «amici» degli esponenti politici di sinistra «uniti per spartirsi tutto». Il Lider Maximo si era sentito diffamato e aveva querelato, proseguendo quindi di fatto la sua crociata contro la libera stampa con un fuoco amico, uno scontro tutto interno al fronte democratico. Eppure, nemmeno stavolta è riuscito a portare a casa una vittoria: e dire che, almeno politicamente, dovrebbe ormai esserci abituato.