29 marzo 2024
Aggiornato 07:00
Immigrazione

«Il governo italiano colluso con la Libia»: la dura accusa di Amnesty

In un dossier l'ong accusa i paesi europei - e l'Italia - di «cospirare con la Libia per fermare l'immigrazione». Conte: «Il nostro interesse è stabilizzare il Paese»

ROMA - Nel giorno in cui il premier Giuseppe Conte, nella consueta conferenza stampa prima delle ferie estive, ha spiegato chiaramente che «l'interesse primario» dell'Italia è «stabilizzare la Libia» arrivando a «elezioni presidenziali e parlamentari che dovranno svolgersi con adeguate garanzie» ma «senza fretta e senza »pretese egemoniche» arriva il duro attacco di Amnesty International che accusa il Paesi dell'Unione Europea, e in particolare l'Italia, di essere «collusi con il governo libico», di «usare le vite umane come moneta di scambio» e di aver «provocato 721 morti in mare solo tra giugno e luglio». Un attacco duro che, a distanza, il premier Conte ha rispedito al mittente ricordando come «la Libia ha un rilievo strategico per l'Italia, per questioni storiche, politiche e vicinanza, che portano le rotte attraverso il Mediterraneo a concentrarsi sull'Italia». Il tutto, però, «senza esprimere pretese egemoniche o mire espansionistiche», ma «con la necessità di garantire interessi nazionali e riteniamo, per vocazioni storiche, di poter garantire anche agli altri partner a tutti gli stakeholders interessati dal Mediterraneo di garantire una funzione di equilibrio».

L'attacco di Amnesty International
Il numero di persone che perdono la vita nel Mediterraneo centrale o che sono state rimandate in «squallidi centri di detenzione» in Libia è aumentato «a seguito delle politiche europee volte a chiudere la rotta del Mediterraneo centrale»: è quanto denuncia Amnesty International in un nuovo dossier pubblicato oggi, in cui l'organizzazione accusa i paesi europei di cospirare con la Libia per contenere gli arrivi in Ue. Il dossier, intitolato 'Tra il diavolo e il mare blu profondo. I fallimenti dell'Europa su rifugiati e migranti nel Mediterraneo centrale', rivela «l'impatto devastante delle politiche che hanno provocato oltre 721 morti in mare solo tra giugno e luglio del 2018». Il testo di 27 pagine evidenzia «le nuove politiche italiane che hanno lasciato persone in mare bloccate per giorni» e analizza come i paesi dell'Unione europea (UE) stiano «cospirando» per contenere rifugiati e migranti in Libia, «dove sono esposti a torture e abusi».

«Meno sbarchi e più morti»
«Nonostante il calo del numero di persone che tentano di attraversare il Mediterraneo negli ultimi mesi» denunciano da Amnesty «il numero di morti in mare è aumentato». E «la responsabilità per il crescente numero di vittime è riconducibile ai governi europei che sono più preoccupati a tenere le persone lontane rispetto che a salvare vite umane», ha affermato Matteo de Bellis, ricercatore su asilo e migrazione di Amnesty International. «Le politiche europee hanno autorizzato la Guardia costiera libica a intercettare le persone in mare ed hanno ostacolato il lavoro vitale di soccorso delle ong. Il recente aumento delle morti in mare non è solo una tragedia, è una disgrazia». 

La denuncia: «Governi europei collusi con le autorità libiche»
Ed eccoci all'attacco frontale a parte di Amnesty International: «I governi europei sono collusi con le autorità libiche per contenere rifugiati e migranti in Libia, nonostante gli orribili abusi che affrontano nelle mani della Guardia costiera libica e nei centri di detenzione in Libia. I piani per espandere questa politica di esternalizzazione in tutta la regione sono profondamente preoccupanti», ha commentato ancora il ricercatore di Amnesty international. «Nel suo rifiuto insensibile degli sbarchi di rifugiati e i migranti nei suoi porti, l'Italia usa le vite umane come moneta di scambio. La gente disperata è rimasta bloccata in mare con cibo, acqua e ripari insufficienti, mentre l'Italia cerca di aumentare la pressione politica per la condivisione delle responsabilità con gli altri stati europei», ha affermato ancora Matteo de Bellis.

Le responsabilità di Malta e dell'Italia
«Inoltre, le autorità italiane e maltesi hanno diffamato, intimidito e criminalizzato le eroiche ong che tentano di salvare vite in mare, hanno rifiutato alle loro imbarcazioni il permesso di sbarcare e persino le hanno sequestrate», ha aggiunto il ricercatore. «L'Italia e gli Stati europei e le istituzioni devono agire con urgenza per dare priorità al salvataggio in mare e garantire che le persone soccorse vengano sbarcate immediatamente in paesi in cui non saranno esposti a gravi abusi e dove possono chiedere asilo».