28 agosto 2025
Aggiornato 00:30
Immigrazione

Salvini in visita a un centro rifugiati di Tripoli: «Guardate, non sono campi di prigionia o di tortura»

Lunedì a Tripoli il ministro dell'Interno ha visitato un nuovo centro per immigrati controllato anche da personale Onu e ha pubblicato un video

TRIPOLI - "Lunedì a Tripoli ho visitato un nuovo centro per immigrati controllato anche da personale Onu, una risposta a quelli che dicono che non si possono rimandare gli immigrati in Libia perché è un Paese pericoloso. Ora tocca all'Europa svegliarsi, per iniziare a contrastare seriamente il traffico di esseri umani». Lo scrive il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, mettendo un video su Facebook della sua visita a un campo per rifugiati in Libia. Il centro, con letti a castello, con borse dell'Onu in dotazione e piccoli frigoriferi, ha una capienza di mille migranti: qui gli immigrati rimangono per non oltre 3 mesi dall'arrivo, perché si tratta di un punto di transito. Il centro è dotato anche di un spazio attrezzato per le visite sanitarie. "Non si può dire che siano campi di prigionia o di tortura, c'è anche il personale dell'Onu", ha constatato Salvini. "Tutti quelli che dicono che non si possono riaccompagnare gli immigrati raccolti in mare perché vengono torturati, in questo centro dove c'è il personale dell'Onu hanno la risposta".

Rafforzare le frontiere
Salvini pubblica il video poco dopo l'approvazione della risoluzione presentata a Montecitorio dai gruppi di M5s e Lega durante il dibattito sul prossimo Consiglio europei, che chiede al governo di rafforzare le frontiere esterne dell'Unione Europea con un maggiore impegno di tutti i Membri nelle operazioni quali EUNAVFOR MED Sophia e alla Joint Operation Themis, affinché si provveda ad un controllo "più accurato" sulle rotte dei migranti per evitare tragedie in mare, anche al fine di contrastare la criminalità organizzata, "incoraggiando una cooperazione attiva tra le forze di polizia, le guardie di frontiera, le dogane, le autorità giudiziarie e amministrative nonché con le istituzioni e le agenzie dell'UE".

Centri di accoglienza anche in altri Paesi Ue
Nello specifco, la risoluzione chiede la riforma del trattato di Dublino affinché si creino centri di accoglienza per i migranti anche in altri paesi europei. E' necessario, si legge, adoperarsi affinché la modifica di Dublino III preveda il superamento del 'principio dello stato di primo ingresso'; la considerazione delle eventuali e comprovate 'connessioni significative' dei richiedenti con un dato Stato membro, coerentemente con i diritti fondamentali; la creazione di un meccanismo rafforzato di ripartizione della competenza sulle richieste di asilo presentate da salvati in mare nelle operazioni SAR al fine principale di alleggerire la pressione migratoria sul nostro paese; il rafforzamento della clausola discrezionale con riferimenti appropriati alle esigenze di tutela dei diritti umani.

Sistema equo di ricollocamento
Il ripensamento del sistema deve mirare ad un'uscita dalla gestione emergenziale per considerare le politiche migratorie quale elemento "di natura strutturale, da gestire necessariamente a livello di Unione Europea" e in questo quadro definire un comune asilo europeo e di un sistema equo di ricollocamento automatico e obbligatorio dei richiedenti asilo - si legge ancora nella risoluzione -; a promuovere una strategia che consenta la costituzione di centri di protezione anche con l'ausilio di personale dell'Unione europea volti all'accoglienza e alla permanenza dei migranti presso i Paesi di transito e origine che siano in grado di valutare preliminarmente l'ammissibilità delle domande di asilo e protezione internazionale e che operino in stretto accordo e coordinatamente con le organizzazioni internazionali competenti quali ad esempio UNHCR e OIM, nel rispetto dei diritti umani e della dignità umana.