23 aprile 2024
Aggiornato 12:00
Governo

Governo Di Maio-Salvini? Sì, magari con il supporto esterno, in cambio di nulla o quasi, di Forza Italia

Il capo della Lega non tradisce gli alleati e chiede a Di Maio una convergenza larga. La Meloni rifiuterebbe

Il leader della Lega Matteo Salvini
Il leader della Lega Matteo Salvini Foto: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI ANSA

ROMA - Immaginare come potrebbe venire una foto di gruppo di un nuovo governo di centrodestra più M5s è esercizio che necessita plastica intelligenza emotiva. Un quadretto con dentro, sorridenti, Luigi Di Maio, qualche uomo di Forza Italia, Matteo Salvini, Laura Castelli e altri. Pare che sia questa la prospettiva verso cui corre la politica italiana. Silvio Berlusconi avrebbe ammesso di aver sbagliato la sua campagna elettorale, dando ad essa un tono eccessivamente anti Cinque stelle. Su suggerimento di Matteo Salvini, si sarebbe quindi detto disponibile a supportare un governo targato M5s-Lega dall'esterno, con poco o nulla in cambio. Supporto non indispensabile a livello numerico perché la coppia Di Maio-Salvino basta abbondantemente a se stessa. Ma il capo della Lega non vuole tradire l’alleanza con Berlusconi, e quindi nella sotterranea trattativa in essere avrebbe "proposto" e ipotizzato un supporto esterno di Berlusconi. Voti, in cambio di quasi nulla. Almeno fino a quando il magmatico mondo a Cinque stelle tiene. Perché è ovvio che in tanti oggi scommettono che in breve tempo le divisioni ideologiche insite nel M5s emergeranno. Per quanto riguarda Fratelli d’Italia, probabilmente Giorgia Meloni chiamerebbe fuori il suo partito dall’accordo elettorale.

Punti in comune qualcuno, ma tante divisioni
Da un punto di vista programmatico, il triumvirato Forza Italia-Salvini-Di Maio avrebbe diversi punti in comune, ma anche molte anomali culturali. Reddito di cittadinanza e tassa piatta non possono convivere. Idem per quanto riguarda Legge Fornero, Jobs Act e Buona scuola: le posizioni fra i tre sono opposte. Per i pentastellari, inoltre, Berlusconi rappresenta il male assoluto. Ma lo era anche Il Pd: parole al vento. Ma con qualche accorgimento tattico – spostare in avanti nella legislatura le mosse più controverse e caratterizzanti per tutti – si potrebbe trovare un equilibrio politico. Rimane il nodo del presidente del Consiglio, che non potrebbe essere ovviamente né leghista né berlusconiano. Probabilmente rimarrebbe solo Di Maio, legittimamente, con l’avallo dei capi alleati. Improbabile la figura di un tecnico alla Monti, ipotesi bocciata dalla Lega di Salvini. Ma, la domanda di tutti è molto semplice: un governo Frankenstein - come ci piace chiamarlo - di queste proporzioni, quanto spravviverebbe? E soprattutto, data la connaturata debolezza, chi avrebbe da guadagnarci e chi da perderci? A maggior ragione nel caso in cui, come appare probabile, entro un anno si possa tornare a votare.

M5s a rischio balcanizzazione?
Il Movimento di Beppe Grillo è passato disinvoltamente da «mai alleanza con nessuno» a «alleanze con chiunque ci stia». Scelta spregiudicata che mette in evidenza la voglia, legittima, di far fruttare i voti a livello governativo. Ma tutto questo appare un azzardo. L’impossibilità di poter mantenere fede al programma – il reddito di cittadinanza non è dipendente da alcun risparmio o lotta agli sprechi – verrà sostituito con forme di assistenzialismo aziendale decisamente più blande. La spinta anti-berlusconiana della base si farà sentire nel momento in cui cadranno alcuni cardini programmatici. E, non è difficile prevederlo, il ruolo di Forza Italia in un’alleanza simile sarà più distruttivo che costruttivo. La base del M5s è sì fortemente disciplinata e tende ad avere un forte senso di appartenenza. Ma, come dimostra il caso Torino sulle Olimpiadi, laddove vengono sovvertiti i principi originari, una parte importante getta la spugna. Il M5s certamente governerebbe l’Italia, ma correrebbe il rischio balcanizzazione interna.

Salvini studia da premier, ma...
Abbandonati i toni sopra le righe sul tema sicurezza, il capo politico della Lega sta studiando da premier. Da un governo con Berlusconi e Di Maio ha solo da guadagnare, perché qualsiasi indietreggiamento sul fronte programmatico verrebbe imputato ai suoi alleati. Inoltre, le sue promesse sono molto meno improbabili di quelle di Luigi Di Maio: una buona riforma della Legge Fornero e il taglio delle tasse sarebbero più che sufficienti per una campagna elettorale giocata all’attacco. Fatti questi due punti, il primo anche in breve tempo grazie a un spinta popolare molto potente, Salvini potrebbe passare il tempo a costruire un partito dalla fisionomia più moderata: processo già ampiamente in corso. Non essendosi esposto eccessivamente in campagna elettorale contro il M5s, potrebbe anche tenere un profilo basso, mediamente collaborativo, addirittura fungere da «centro moderato» tra i due litiganti del gruppo Berlusconi-Di Maio.

Berlusconi vuole fermare Di Maio
Se Berlusconi riuscirà ad entrare in un governo con Lega e M5s, magari attraverso uomini e donne non troppo simbolici, sarà il suo grande trionfo. Scatenatosi contro il M5s, per altro in maniera reciproca, l’ex presidente del Consiglio potrà giocare la sua partita da guastatore interno. A Berlusconi, come allo stato maggiore di Forza Italia, in realtà interessa ben poco governare con Di Maio. A loro interessa fermare Di Maio. Le tattiche potrebbero essere molteplici, a partire da quella più classica: diventare, una volta al governo, ancor più grillini dei grillini. Nel tentativo di sbiadire la carica «rivoluzionaria» del M5s e mettere in evidenza le loro contraddizioni. Saranno infatti i pentastellari a dover giocare il ruolo dei responsabili: e avendo vinto sull’onda del «sogno», giungere ad un governo fotocopia di Letta o Gentiloni, aprirebbe scenari estremamente pericolosi per Di Maio e Beppe Grillo.