25 aprile 2024
Aggiornato 19:30
Politica

Abbiamo un Parlamento di «migranti» e trasformisti. Dal 2013, 502 cambi di casacca

Un record i nostri parlamentari lo hanno stabilito: sono i più trasformisti dell'Occidente. Un fenomeno che si è rafforzato dal 2013, e che ha diverse cause e molte (tristi) conseguenze

Camera dei deputati
Camera dei deputati Foto: Angelo Carconi ANSA

ROMA – In qualcosa, i nostri parlamentari sono i migliori nel mondo. Ma del record di cui parliamo non c'è da essere particolarmente fieri. Perché chi ci rappresenta nelle aule del potere è in vetta alle classifiche internazionali di trasformismo. Secondo i dati di «Openpolis», dal turbolento inizio della legislatura, nella primavera del 2013, vi sono stati ben 502 cambi di gruppo, con una media di 10 al mese: un valzer di poltrone che ha coinvolto ben 324 parlamentari, che, calcolatrice alla mano, sono poi il 34% di chi è stato eletto (in teoria) per difendere i nostri interessi a Roma.

Parlamentari migranti
Anche i parlamentari – bisogna proprio dirlo – sono un po' «migranti», visto che viaggiano da una poltrona all'altra con assoluta disinvoltura. Un record non solo rispetto agli altri Paesi occidentali, ma anche rispetto alla storia d'Italia. Nemmeno la tanto vituperata Prima Repubblica è riuscita a fare meglio, anzi: a quell'epoca, tangenti a parte, il trasformismo era un fenomeno pressoché sconosciuto. E' possibile rilevare come i cambi di casacca si siano moltiplicati a partire dall'affermarsi del sistema maggioritario, a partire dal 1994, quando il trasformismo ha cominciato a riguardare un parlamentare su tre.

Partiti in via di estinzione
Una delle cause individuabili per spiegare questo fenomeno è che i partiti sono ormai in via di estinzione, e hanno spesso vita breve. Le forze politiche entrate in Parlamento nel 2013, ad inizio legislatura, hanno infatti subito diversi mutamenti nel corso di 4 anni. Si pensi alla recentissima scissione del Pd, con la nascita di Mdp-Articolo 1, già preceduta dalla formazione di Possibile di Civati e altri partitini del genere. Il Pdl si è diviso tra la berlusconiana Forza Italia e l’alfaniana Alternativa Popolare, oggi al governo con il Pd di Renzi; i parlamentari di Scelta Civica si sono dispersi in altre formazioni politiche, così come i fuoriusciti (o i cacciati) del Movimento Cinque Stelle.

Lega e FdI unici stabili
Gli unici partiti «stabili», che mantengono la propria formazione originaria, sono Lega Nord e Fratelli d'Italia. Secondo la ricerca di Openpolis, inoltre, ad esclusione del gruppo misto, alla Camera solo 4 gruppi su 11 sono diretta emanazione delle elezioni politiche del 2013: Pd, M5s, Lega e Fratelli d’ Italia. Il risultato di tutto ciò è che, nella legislatura dei governi Letta, Renzi e Gentiloni, i parlamentari-migranti sono quasi raddoppiati rispetto alla precedente.

Una legge elettorale che favorisce il trasformismo
Ad ogni modo, la principale causa di questo fenomeno rimane la legge elettorale, che ha consentito di riempire il Parlamento di nominati, svincolati da qualsiasi mandato. Naturalmente, tutto ciò incide anche sul lavoro delle Camere: perché chi si sposta, spesso cambia posizione su molti temi e vota a seconda delle indicazioni del nuovo partito, spostando gli equilibri del Parlamento.

Il partito di Alfano ha cambiato nome 4 volte in 4 anni
Trasformismo politico significa anche trasformismo nominativo. Un esempio «illustre» è quello del partito di Alfano. Uscito dal Popolo delle Libertà nel novembre 2013, il nuovo gruppo decise di chiamarsi Nuovo Centrodestra. Un nome quantomeno paradossale, per un partito che è entrato a far parte dei governi Pd. Per questo motivo, nel 2014 Ncd è diventato Area popolare, che poi, nel 2016, ha cambiato nome in «Area Popolare-Ncd-Centristi per l’Italia». La mutazione è proseguita nel febbraio 2017, con la nascita di Alternativa popolare. Non contento, nel marzo 2017 l'irrequieto Alfano ha optato per un'altra definizione ancora: «Area Popolare-Ncd-Centristi per l’Europa». Di questo passo, aspettatevi tante altre nuove denominazioni. Sempre che l'attuale ministro degli Esteri dai mille nomi riesca a farsi rieleggere, s'intende.