25 aprile 2024
Aggiornato 06:00
Numeri relocation del tutto insoddisfacenti

Immigrazione, Minniti: servono rimpatri forzati per praticare quelli volontari

Il ministro dell'Interno, Marco Minniti, in audizione al Comitato Schengen, ha parlato di immigrazione e accoglienza, nel giorno in cui Frontex ha preannunciato un forte flusso per il 2017

Sbarco di migranti in un porto italiano.
Sbarco di migranti in un porto italiano. Foto: ANSA / MIKE PALAZZOTTO ANSA

ROMA - «Il peccato originale e' il regolamento di Dublino: nel momento in cui stabilisci che il Paese di primo approdo deve affrontate il problema, non si tiene conto del principio di impegno solidale dell'Europa» e «le risposte per andare verso un approccio piu' solidale e comunitario della vicenda immigrazione non vanno nella direzione auspicata», non usa mezzi termini.

Relocation
«Il quadro delle relocation è del tutto insoddisfacente - ha ribadito -: erano stati fissati 40mila ricollocamenti di profughi dall'Italia, ad oggi quelli operativi sono stati solo 3.200». «Nelle settimane scorse - ha ricordato Minniti - e' stato chiuso un accordo con la Germania che ha accettato di accogliere 500 migranti al mese, tuttavia la disponibilita' tedesca non risolve un problema dell'intera Europa. Faccio presente che le relocation erano obbligatorie». «Accanto alla richiesta politica che viene fatta all'Europa deve esserci anche una forte iniziatva nazionale. Serve di mostrare la capacità di una iniziativa a carattere nazionale», ha detto.

Frontex: nel 2017 stesso numero di arrivi
Minniti parla nel giorno in cui il direttore esecutivo di Frontex Fabrice Leggeri dichiara che il 2017 «è realistico dire che dobbiamo prepararci ad affrontare lo stesso numero di arrivi di migranti del 2016 sulla rotta del Mediterraneo centrale», dalla Libia verso l'Italia, circa 180mila. Per Leggeri, al di là delle soluzioni di medio-lungo termine, che si concentrano sulla cooperazione con i Paesi africani, «nel breve termine, ciò a cui stiamo lavorando con l'Italia - ha spiegato Leggieri - è al rafforzamento delle registrazioni negli hotspot e ai rimpatri».

Minniti: servono rimpatri forzati per praticare quelli volontari
«Rimpatri» è anche la parola d'ordine di Minniti: «Solo se si faranno rimpatri forzati potremo anche praticare rimpatri volontari assistiti", ha spiegato. «E' chiaro che senza rimpatri forzati nessuno aderirebbe al rimpatrio volontario». Un istituto «che considero molto importante», ha detto, «talmente importante che abbiamo già raddoppiato la posta in bilancio del ministero dell'Interno, per sostenere questa iniziativa». Il Ministro ha poi promesso «severità verso chi è fuori dalle regole e non le rispetta. Integrazione per chi è nelle regole e le rispetta». E ha aggiunto: «Le due cose si tengono insieme: più si è severi, più si è capaci di integrazione».

Nodo Libia
Il titolare del Viminale ha quindi parlato di rotta libica, che il Governo ambisce a chiudere dopo l'accordo stretto con Serraj.  «Il 90% dei traffici di migranti nel 2016 arrivati in Italia sono passati dalla Libia. Ma fra loro nessun libico. Per questo quando vengono fatti i ragionamenti sul rimpatriare in Libia coloro che arrivano da lì, il problema non si pone: non si può perchè i rimpatri vanno fatti nel Paese d'origine». E ha aggiunto:  «Da qui la complessità del tema delle identificazioni», ha chiarito. «Con la Libia si è firmato un accordo per affrontare il tema dei trafficanti di uomini. Entrambi i nostri due Paesi sono vittime del traffico di esseri umani. Dobbiamo implementare l'accordo. Innanzitutto proteggendo le frontiere. Il confine sud della Libia, se presidiato diventa un elemento molto importante di sicurezza generale dell'area del Mediterraneo»«Altro aspetto - ha sottolineato - riguarda il controllo delle frontiere marine. Prima questione è il rafforzamento guardia costiera libica». «Abbiamo appena completato la formazione di un primo nucleo di equipaggi libici della Guardia Costiera».

Ridurre i tempi delle procedure
Quindi, fondamentale ridurre i tempi delle procedure. Per Minniti, l'accoglienza diffusa dei migranti nel nostro paese è possibile ma i tempi di identificazione devono essere drasticamente ridotti. «I tempi sono mediamente di due anni - ha ricordato - troppo lunghi, impattano sia sul diritto del richiedente che sulla sensibilità delle comunità». Tempi rapidi, «consentirebbero anche un maggiore turn over delle presenze» dei migranti che giungono. «Su questa questione abbiamo agito con decreto. Il Parlamento discuter໫Ho avanzato la proposta di costituire centri permanenti identificazione - ha poi detto -. Piccoli, 1600 posti su tutto il territorio nazionale, l'ipotesi è uno per ogni regione. Preferibilmente lontani da centri urbani ma vicini a nodi infrastrutturali. Stiamo lavorandoci con la Conferenza delle Regioni».