29 marzo 2024
Aggiornato 16:00
Capo diplomazia Ue: Libia Paese strategico che deve rimanere unito

Libia, Gentiloni e Serraj stringono intesa su immigrazione illegale

Due settimane dopo la visita libica di Marco Minniti, il premier Paolo Gentiloni e il suo omologo Fayez al-Serraj hanno firmato un memorandum d'intesa sull'immigrazione

ROMA - Due settimane dopo la visita libica del ministro dell'Interno Marco Minniti, si torna a parlare di immigrazione e di traffico di esseri umani. Proprio ieri, il premier Paolo Gentiloni ha firmato un patto con il primo ministro libico Fayez al-Serraj che riguarda sviluppo, contrasto all'immigrazione illegale, traffico di esseri umani, contrabbando e rafforzamento della sicurezza delle frontiere.

Il memorandum
Un documento di otto articoli, che prevede un impegno reciproco tra Roma e Tripoli per arrestare il flusso migratorio: l'Italia si impegnerà a fornire aiuto e assistenza nelle regioni di partenza, finanziando programmi di sviluppo e crescita; in cambio, la Libia dovrà la sua parte nel contrastare il fenomeno.

Gentiloni: impegno reciproco
Il premier italiano ha manifestato la sua soddisfazione per l'accordo. «Deve essere chiaro che il memorandum che abbiamo firmato riguarda il nostro impegno per rafforzare le istituzioni libiche nel contrasto all'immigrazione clandestina. Parliamo ad esempio di polizia di frontiera, questo è solo un pezzo del progetto che dobbiamo sviluppare». Ma, ha aggiunto, la firma è «un pezzo del progetto che dobbiamo sviluppare. Ne parleremo domani a Malta. Sappiamo che se vogliamo dare forza e gambe" a questo progetto, "serve un impegno economico dell'Unione europea: l'Italia lo ha già fatto» con fondi già destinati.

Leggi anche «Immigrazione, Minniti come Berlusconi: in Libia per bloccare le partenze»

Vertice di Malta
Occhi puntati sul vertice europeo di Malta di oggi, dunque, dove, tra i temi più caldi, si parlerà proprio di immigrazione. Nelle scorse ore è stato lo stesso presidente del Consiglio europeo Donald Tusk a riportare l'attenzione sui flussi che, dalla Libia, raggiungono l'Europa attraverso l'Italia, flussi che ha definito non più sostenibili. A suo avviso, l'Unione europea ha gli strumenti per prevenire il fenomeno, come ha fatto con l'Europa balcanica grazie all'accordo con la Turchia. 

Mogherini: fermare gli arrivi è un'illusione
Non sembra del suo stesso avviso Federica Mogherini, capo della diplomazia Ue, che, in un'intervista al Corriere della Sera ha dichiarato che «Fermare gli arrivi è solo un'illusione. Vanno gestiti i flussi dai Paesi di partenza»«Nei nostri Paesi prevale spesso l'illusione per cui la migrazione si possa fermare. Impossibile - ha detto Mogherini - oltretutto l'economia europea senza migranti sarebbe paralizzata, la nostra demografia ci porta al collasso. Sarebbe il crollo delle nostre società.... il punto vero non è fermare, ma gestire». Continuando con «l'azione in mare», salvando vite umane e addestrando la guardia costiera libica, ma anche puntando a controllare la frontiera libica «verso il deserto»: «Per questo abbiamo lavorato in particolare con il Niger, ad Agadez, per assistere, informare e spesso aiutare i migranti a tornare al loro Paese, creando posti di lavoro con l'aiuto dell'Onu. Ad Agadez siamo riusciti a ridurre il numero dei passaggi da 76.000 a 11.0000 in pochi mesi».

Leggi anche «Libia a una passo dalla guerra civile. La guerra Usa-Russia apre un nuove fronte?»

Libia: un Paese strategico
E la Libia è un «Paese strategico» che, a fronte dell'attuale crisi politica e di sicurezza, «può e deve restare unito». L'Ue, ha affermato Mogherini, sostiene "le scelte sancite dall'Onu e la legalità internazionale», quindi «sostiene e riconosce il governo di accordo nazionale e incoraggia il dialogo.... anche perchè nè il governo di Tripoli né quello di Tobruk possono governare da soli»«Mezzo secolo di Gheddafi e sei anni di crisi in Libia sono difficili da superare - ha concluso - siamo davvero certi che un uomo forte possa governare da solo la complessità di quel posto? Mi sembra più logica la strada di un accordo politico in cui ognuno accetti i propri limiti per una forma di cooperazione e condivisione delle responsabilità».