27 aprile 2024
Aggiornato 06:30
Tentazioni di doppia vita

Papa Francesco: «Ci sono arrampicatori attaccati ai soldi anche tra vescovi e preti»

Nella messa mattutina a casa Santa Marta il Pontefice risponde indirettamente agli scandali che hanno interessato in questi giorni i Sacri Palazzi: «Si servono della Chiesa anziché servire, Dio ci salvi da doppia vita»

CITTA' DEL VATICANO - Nella Chiesa c'è chi invece di servire se ne serve: arrampicatori, attaccati ai soldi. Quanti sacerdoti e vescovi! Lo ha detto Papa Francesco nella messa mattutina a casa Santa Marta, a quanto riportato dall'Osservatore Romano via Twitter. Dio ci salvi dalle tentazioni di una doppia vita, dove mi mostro come uno che serve e invece mi servo degli altri, ha detto il Papa. Ci si chiede di metterci al servizio, ma c'è chi ha raggiunto uno status e vive comodamente senza onestà, come i farisei nel Vangelo. Mi commuovono quei preti e quelle suore che per tutta la vita sono al servizio degli altri.

Tentazioni di doppia vita
Vescovi e sacerdoti vincano la tentazione di «una doppia vita», la Chiesa è chiamata a servire, non a diventare «affarista». E' uno dei passaggi dell'omelia mattutina di Papa Francesco a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha messo in guardia dagli «arrampicatori, attaccati ai soldi» che fanno tanto male alla Chiesa. Servire, servirsi. Papa Francesco, riporta la Radio vaticana, ha sviluppato la sua omelia su due figure di servi, presentate dalla Liturgia odierna. Innanzitutto, la figura di Paolo che «si è donato tutto al servizio, sempre» per finire a Roma «tradito da alcuni dei suoi» finendo poi «condannato». Da dove veniva la grandezza dell'Apostolo delle Genti, si chiede il Pontefice? Da Gesù Cristo e «lui si vantava di servire, di essere eletto, di avere la forza dello Spirito Santo».

Servizio
Il cristiano è chiamato a servire, non a servirsi degli altri Era il servo che serviva, ha ribadito, «amministrava, gettando le basi, cioè annunciando Gesù Cristo» e «mai si fermava per avere il vantaggio di un posto, di una autorità, di essere servito. Lui era ministro, servo per servire, non per servirsi»«Io vi dico quanta gioia ho, io, che mi commuovo, quando in questa Messa vengono alcuni preti e mi salutano: 'Oh padre, sono venuto qui a trovare i miei, perché da 40 anni sono missionario in Amazzonia'. O una suora che dice: 'No, io lavoro da 30 anni in ospedale in Africa'. O quando trovo la suorina che da 30, 40 anni è nel reparto dell'ospedale con i disabili, sempre sorridente. Questo si chiama servire, questa è la gioia della Chiesa: andare oltre, sempre; andare oltre e dare la vita. Questo è quello che ha fatto Paolo: servire». Nel Vangelo, ha ripreso, il Signore ci fa vedere l'immagine di un altro servo, «che invece di servire gli altri si serve degli altri». E, ha sottolineato, «abbiamo letto cosa ha fatto questo servo, con quanta scaltrezza si è mosso, per rimanere al suo posto».

Corruzione anche nella Chiesa
«Anche nella Chiesa ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono della Chiesa: gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così. E' triste dirlo, no? La radicalità del Vangelo, della chiamata di Gesù Cristo: servire, essere al servizio di, non fermarsi, andare oltre sempre, dimenticandosi di se stessi. E la comodità dello status: io ho raggiunto uno status e vivo comodamente senza onestà, come quei farisei dei quali parla Gesù che passeggiavano nelle piazze, facendosi vedere dagli altri».

Due immagini
Due immagini, ha ripreso Francesco: «Due immagini di cristiani, due immagini di preti, due immagini di suore. Due immagini». E Gesù, ha ribadito, «ci fa vedere questo modello in Paolo, questa Chiesa che mai è ferma», che «sempre va avanti e ci fa vedere che quella è la strada»«Invece quando la Chiesa è tiepida, chiusa in se stessa, anche affarista tante volte, questo non si può dire, che sia una Chiesa che ministra, che sia al servizio, bensì che si serve degli altri. Che il Signore ci dia la grazia che ha dato a Paolo, quel punto d'onore di andare sempre avanti, sempre, rinunciando alle proprie comodità tante volte, e ci salvi dalle tentazioni, da queste tentazioni che in fondo sono tentazioni di una doppia vita: mi faccio vedere come ministro, cioè come quello che serve, ma in fondo mi servo degli altri».

Preti faraoni?
Sulla stessa linea l'intervista al giornale di strada olandese Straatnieuws realizzata il 27 ottobre e tradotta oggi dalla Radio vaticana  «Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: questo non si può fare». Il Santo Padre mette in guardia dalla «tentazione della corruzione» che c'è sempre nella vita pubblica, «sia politica, sia religiosa». Gli intervistatori hanno domandato al Papa se egli non tema che la sua difesa della solidarietà e dell'aiuto per i senzatetto e altri poveri possa essere sfruttata politicamente e come debba parlare la Chiesa per essere influente e allo stesso tempo rimanere fuori dagli schieramenti politici: «Ci sono strade che portano a sbagli in quel punto», risponde Jorge Mario Bergoglio. «Vorrei sottolineare due tentazioni. La Chiesa deve parlare con la verità e anche con la testimonianza: la testimonianza della povertà. Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: questo non si può fare. Questa è la prima tentazione. L'altra tentazione è di fare accordi con i governi. Si possono fare accordi, ma devono essere accordi chiari, accordi trasparenti. Per esempio: noi gestiamo questo palazzo, ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione. Perché c'è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa»«Io - prosegue il Papa con un esempio - ricordo che una volta con molto dolore ho visto - quando l'Argentina sotto il regime dei militari è entrata in guerre con la Gran Bretagna per le Isole Malvine - che la gente dava delle cose, e ho visto che tante persone, anche cattolici, che erano incaricati di distribuirle, le portavano a casa. C'è sempre il pericolo della corruzione. Una volta ho fatto una domanda a un ministro dell'Argentina, un uomo onesto. Uno che ha lasciato l'incarico perché non poteva andare d'accordo con alcune cose un po'oscure Gli ho fatto la domanda: quando voi inviate aiuti, sia pasti, siano vestiti, siano soldi, ai poveri e agli indigenti: di quello che inviate, quanto arriva là, sia in denaro sia in spesa? Mi ha detto: il 35 per cento. Significa che il 65 per cento si perde. E' la corruzione: un pezzo per me, un altro pezzo per me».

(Con fonte Askanews)