19 aprile 2024
Aggiornato 09:00
Dopo le ultime vicende risalenti al 2012

Ancora corvi sul Vaticano. Cosa c'è di nuovo rispetto agli ultimi scandali

Sembra un déjà vu: intrusioni informatiche, inchieste della gendarmeria, scontri di potere, documenti inediti e libri in uscita. Che cosa è cambiato dai Vatileaks del 2012?

CITTÀ DEL VATICANO - «Audiatur et altera pars, non bisognerebbe mai dimenticarlo, e invece...». Il monsignore, sconsolato, ricorreva al principio latino del contraddittorio (si ascolti anche l'altra parte, o, più colloquialmente, bisogna sempre sentire l'altra campana) per fotografare, anni fa, il caso dei Vatileaks, i documenti trafugati a Papa Benedetto XVI, finiti sulla stampa, poi confluiti nel bestseller di Gianluigi Nuzzi «Sua Santità». Era il 2012, i vertici della Santa Sede (il Papa, il segretario di Stato) prendevano decisioni solitarie, senza contradditorio era l'accusa, e il malumore, accumulato a lungo, non poteva che sfociare, prima o poi, in fughe di notizie, inevitabili per quanto spregevole fosse il metodo proditorio utilizzato.

Déjà vu
Una vicenda che, apparentemente, torna in scena in questi giorni. Di nuovo un libro di Nuzzi, Via Crucis, in uscita giovedì (oltre ad un altro volume, Avarizia, di Emiliano Fittipaldi), di nuovo le finanze vaticane, gli scontri di potere nello Stato pontificio, di nuovo «documenti inediti», rivelati benché riservati. E, come nel 2012, le intrusioni informatiche (all'epoca finì indagato un tecnico vaticano, ora sarebbe stato violato il computer di Libero Milone, revisore dei conti vaticano: lo ha scritto sul Tempo Luigi Bisignani, che pochi giorni prima aveva scritto che la bufala di un tumore del Papa era forse da mettere in collegamento con un monsignore spagnolo...), le inchieste della gendarmeria. E, colpo di scena, oggi, gli arresti. All'epoca Paolo Gabriele, maggiordomo di Benedetto XVI, arrestato, unico accusato, condannato in quanto autore materiale del furto di carte, infine graziato dal Papa, oggi mons. Lucio Angel Vallejo Balda, presule spagnolo vicino all'Opus dei, e Francesca Chaouqui, quest'ultima rimessa in libertà perché «nei confronti della quale non sono più state ravvisate esigenze cautelari, anche a motivo della sua collaborazione alle indagini». Si tratta di due membri della Cosea, la ormai disciolta commissione referente sull'Organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede che nei primi mesi del pontificato Bergoglio imbastì una riforma che, nel frattempo, ha sconvolto i quadri dirigenziali del Vaticano. Sono tornati i Vatileaks?

Analogie e differenze
Le vicende del 2012 e quella odierna, in attesa della pubblicazione dei due libri di Nuzzi e Fittipaldi, hanno diverse analogie, in realtà, ma anche molte differenze. Non tanto perché sono passati tre anni. Ad essere cambiato profondamente, nel frattempo, è il Vaticano. Benedetto XVI assistette ai prodromi di una crisi. Il Pontefice tedesco ereditò una Curia velenosa. La crisi della pedofilia, i torbidi giri finanziari dello Ior, gli immobili di Propaganda fide scambiati con cricche di politici e affaristi furono altrettanti bubboni esplosi sotto Joseph Ratzinger, che affondavano però le radici nel pontificato di Karol Wojtyla. Intellettuale timido, il Pontefice tedesco era poco incline al governo energico. Molti nunzi apostolici, molti vescovi tentarono di contattarlo per avvertirlo di questa o quella emergenza, senza successo. A volte si sentirono rispondere che il Papa era impegnato a scrivere uno dei tre libri su Gesù di Nazaret dati alle stampe durante il pontificato. Il suo segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, lo sostituì nel governo quotidiano, con uno stile esuberante e con decisioni imprudenti (non da ultimo in materia finanziaria) che suscitarono perplessità e critiche. "Il Papa è manipolabile», disse al processo il suo maggiordomo, che spiegò di aver girato le carte alla stampa per creare uno choc nell'opinione pubblica che smuovesse la opacità vaticana. Proposito venato di velleità, se non di delirio, che però svelava una realtà: il Pontefice era irraggiungibile, il suo braccio destro era considerato da molti poco affidabile, le critiche e i veleni uscirono, scorrettamente, sulla stampa. Joseph Ratzinger, in realtà, era tutt'altro che manipolabile, e rinunciando al Pontificato ha compiuto una rivoluzione. Ha stroncato le manovre sotterranee, ha dato uno schiaffo alla Curia ed ha aperto le porte a un conclave dove i cardinali di tutto il mondo hanno affrontato il tema della riforma della Curia, della necessità di una Chiesa povera e lontana dagli affari e dagli scandali, meno romano-centrica, aperta al mondo.

Bergoglio: la svolta
Jorge Mario Bergoglio ha impersonato la svolta. Forte di una valanga di voti in Conclave, conservatori e progressisti, europei, americani, asiatici e africani, tutti convinti che bisognava voltare pagina. E Papa Francesco lo ha fatto. Al primo riesplodere degli scandali (l'arresto di un monsignore salernitano che maneggiava milioni sul conto dello Ior), il Papa ha reagito con durezza. Ha decapitato i vertici di Ior (Istituto per le opere di Religione) e Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica), ha fatto pubblicare per la prima volta i bilanci dello Ior (dissanguati per il repulisti sui precedenti investimenti avventati), ha obbligato gli uffici a collaborare con la magistratura italiana, ha ristrutturato l'ufficio di revisione contabile, il Consiglio per l'economia, ha creato un nuovo super-dicastero economico, la Segreteria per l'Economia. Via praticamente tutti gli italiani al vertice, Francesco ha messo un cardinale australiano, George Pell, e tedesco, Reinhard Marx, a capo delle due strutture-chiave. Non sono mancati i malumori. Pell, in particolare, ha concentrato un considerevole carico potere, tanto da suscitare perplessità oltre il circolo degli italiani. Nel confronto dei quali non è scattato una «pulizia etnica», come qualcuno paventava, come sta a dimostrare il ruolo svolto dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, tanto integerrimo quanto abile e discreto diplomatico.

I corvi volano ancora
Quanto al Papa, è raggiungibile da chi gli voglia parlare, vive a Casa Santa Marta, incontrato quotidianamente collaboratori, vescovi, Nunzi apostolici, confidenti, esperti. Non ha paura del contraddittorio, come ha dimostrato il turbolento sinodo sulla famiglia. Né è inconsapevole dei problemi che possono annidarsi anche nella nuova gestione, come ha spiegato chiaro e tondo emanando, solo pochi giorni fa, una circolare per porre un freno alle deroghe troppo generose per le assunzioni. La purificazione del Vaticano non è finita. I corvi volano ancora. I documenti vengono ancora filtrati alla stampa. Non per fare arrivare le denunce alla pubblica opinione, a quello pensa già il Papa quando scarica il monsignore salernitano, «non è certo la beata Imelda», o quando denuncia le calunnie che ostacolarono per un trentennio la beatificazione di monsignor Romero. A qualcuno la riforma del Papa non piace. Giovedì prossimo esce il libro di Nuzzi: «Da registrazioni e documenti inediti la difficile lotta di Papa Francesco per cambiare la Chiesa». Il Vaticano replica secco: «Pubblicazioni di questo genere non concorrono in alcun modo a stabilire chiarezza e verità, ma piuttosto a generare confusione e interpretazioni parziali e tendenziose. Bisogna assolutamente evitare l'equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del Papa».

(Con fonte Askanews)