Migranti, cosa afferma il vademecum della Cei sull'accoglienza
La Cei ha approvato Un vademecum per accompagnare le diocesi e le parrocchie nel cammino dell'accoglienza verso i richiedenti asilo e rifugiati dopo l'accorato appello di Papa Francesco a favore della generosità
ROMA - Un vademecum per 'accompagnare le diocesi e le parrocchie' nel cammino dell'accoglienza verso i richiedenti asilo e rifugiati dopo l'accorato appello di Papa Francesco 'alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi'. A stilarlo è il Consiglio Permanente della Cei, la Conferenza episcopale italiana, che ha approvato un vademecum che contiene indicazioni rivolte alle diocesi italiane in merito alla accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati, ricordando che l'appello del Papa aveva già trovato la chiesa in prima fila nel servizio, nella tutela, nell'accompagnamento dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Infatti, su circa 95.000 persone migranti ospitate nei diversi Centri di accoglienza ordinari (CARA) e straordinari (CAS), nonché nel Sistema nazionale di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), diocesi e parrocchie, famiglie e comunità religiose, accolgono in circa 1600 strutture oltre 22.000 dei migranti.
Vademecum
Per dare indicazioni concrete alle diocesi, la Cei ha pensato 'a una sorta di vademecum, che possa aiutare a individuare forme e modalità per ampliare la rete ecclesiale dell'accoglienza a favore delle persone richiedenti asilo e rifugiate che giungono nel nostro Paese, nel rispetto della legislazione presente e in collaborazione con le Istituzioni'.
Gesti di generosità nell'anno giubilare
'Ogni anno giubilare - premette la Cei - è caratterizzato da gesti di liberazione e di carità. Nel Giubileo del 2000, Giovanni Paolo II invitò a opere di liberazione per le vittime di tratta e nacquero in loro favore molti servizi nelle diocesi e nelle comunità religiose. Così pure tutte le parrocchie italiane furono sollecitate a un gesto di carità e di condivisione per il condono del debito estero di due paesi poveri dell'Africa: la Guinea e lo Zambia. Nell'Anno Santo della misericordia, alla luce di un fenomeno straordinario di migrazioni forzate che, via mare e via terra, sta attraversando il mondo e interessando i paesi europei, il Papa chiede alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri, ai santuari il gesto concreto dell'accoglienza di 'coloro che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita».
Percorso di accoglienza
La Cei stila quindi un 'percorso di accoglienza' nel quale si cura la preparazione della comunità, articolandola in alcune tappe: informazione, finalizzata a conoscere chi è in cammino e arriva in Italia, formazione per preparare chi accoglie (parrocchie, associazioni, famiglie) con strumenti adeguati; e ancora costruire una piccola équipe di operatori a livello diocesano e di volontari a livello parrocchiale e provvedere alla loro preparazione non solo sul piano sociale, legale e amministrativo, ma anche culturale e pastorale, con attenzione anche alle cause dell'immigrazione forzata. Per questo Caritas e Migrantes a livello regionale e diocesano sono invitate a curare percorsi di formazione per operatori ed educatori delle équipe diocesane e parrocchiali.
Le Chiese siano pronte
'Le Chiese in Italia - spiega la Cei - sono state pronte nell'accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati, in collaborazione con le istituzioni pubbliche, adottando uno stile familiare e comunitario'. La Diocesi non si impegna a gestire i luoghi di prima accoglienza, né si pone come soggetto diretto nella gestione di esperienze di accoglienza dei migranti. La Caritas diocesana, in collaborazione con la Migrantes, curerà la circolazione delle informazioni sulle modalità di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in parrocchie, famiglie, le comunità religiose, nei santuari e monasteri e raccoglierà le disponibilità all'accoglienza.
Famiglie per persone di maggiore età
'La famiglia - prosegue la Cei - può essere il luogo adatto per l'accoglienza di una persona della maggiore età. L'USMI e il Movimento per la vita hanno dato la disponibilità della loro rete di case per accogliere le situazioni più fragili, come la donna in gravidanza o la donna sola con i bambini'. Quanto a dove accogliere, la Cei parla di alcuni locali della parrocchia o un appartamento in affitto o in uso gratuito, presso alcune famiglie, in una casa religiosa o monastero, negli spazi legati a un santuario, che spesso tradizionalmente hanno un hospitium o luogo di accoglienza dei pellegrini, acquisite le autorizzazioni canoniche ove prescritte. 'Pare sconsigliabile - precisa la Cei - il semplice affidamento alle Prefetture di immobili di proprietà di un ente ecclesiastico per l'accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, per la problematicità dell'affidamento a terzi di una struttura ecclesiale senza l'impegno diretto della comunità cristiana'.
Caratteristiche dei migranti da accogliere
Le categorie di migranti che possono ricevere ospitalità in parrocchia o in altre comunità 'sono coloro che presentano queste caratteristiche: una famiglia (preferibilmente); alcune persone della stessa nazionalità che hanno presentato la domanda d'asilo e sono ospitati in un Centro di accoglienza straordinaria (CAS); chi ha visto accolta la propria domanda d'asilo e rimane in attesa di entrare in un progetto SPRAR, per un percorso di integrazione sociale nel nostro Paese; chi ha avuto una forma di protezione internazionale (asilo, protezione sussidiaria e protezione umanitaria), ha già concluso un percorso nello SPRAR e non ha prospettive di inserimento sociale, per favorire un cammino di autonomia'.
Minori non accompagnati
Per i minori non accompagnati, il percorso di accoglienza è attivabile nello SPRAR. Per la delicatezza della tipologia di intervento, in termini giuridici, psicologici, di assistenza sociale, intrinseci alla condizione del minore non accompagnato, il luogo più adatto per la sua accoglienza non è la parrocchia, ma la famiglia affidataria o un ente accreditato come casa famiglia, in conformità alle norme che indicano l'iter e gli strumenti di tutela.
I tempi dell'accoglienza
Alla luce del fatto che 2 migranti su 3 nel 2014 e nel 2015, dopo lo sbarco sulle coste, hanno continuato il loro viaggio verso un altro Paese europeo, nei luoghi di arrivo e di transito dei migranti (porti, stazioni ferroviarie in particolare) 'potrebbe essere valutato un primo servizio di assistenza in collaborazione con le associazioni di volontariato, i gruppi giovanili, l'apostolato del mare'. Quanto ai tempi, mediamente il tempo dell'accoglienza varia da sei mesi a un anno per i richiedenti asilo o una forma di protezione internazionale. I tempi possono abbreviarsi per chi desidera continuare il proprio viaggio o raggiungere i familiari o comunità di riferimento in diversi Paesi europei. 'In questo caso, potrà essere significativo, per quanto possibile, che la parrocchia trovi le forme per mantenere i contatti con i migranti anche durante il viaggio, fino alla destinazione'.
Aspetti logistici
Sul fronte degli aspetti amministrativi e gestionali, spiega la Cei, l'accoglienza di un richiedente asilo in diocesi, come in parrocchia e in famiglia, 'ha bisogno di essere preparata e accompagnata, sia nei delicati aspetti umani come negli aspetti legali, da un ente che curi i rapporti con la Prefettura di competenza. Per questo sembra auspicabile che in Diocesi si individui l'ente capofila dell'accoglienza che abbia le caratteristiche per essere accreditato presso la Prefettura e partecipi ai bandi. Questo ente seguirà con una équipe di operatori le pratiche per i documenti, i vari problemi amministrativi e anche l'eventuale esito negativo della richiesta d'asilo. All'ente capofila, attraverso il coordinamento diocesano affidato alla Caritas o/e alla Migrantes diocesana, arriveranno le richieste di disponibilità dalle diverse realtà ecclesiali (parrocchie, famiglie, case religiose, santuari) e curerà la destinazione delle persone' La parrocchia diventa, pertanto, una delle sedi e dei luoghi distribuiti sul territorio che cura l'ospitalità, aiutando a costruire attorno al piccolo gruppo di migranti o alla famiglia una rete di vicinanza e di solidarietà che si allarga anche alle realtà del territorio. L'impegno accompagna il migrante fino a che riceve la risposta alla sua domanda d'asilo, che gli consentirà di entrare in un progetto SPRAR o di decidere la tappa successiva del suo percorso.
Percorsi diversi di accoglienza
Dal punto di vista dell'accoglienza, 'si possono riconoscere percorsi diversi, a seconda delle condizioni e sensibilita». La prima opzione: l'ospitalità in parrocchia di un richiedente asilo è un gesto gratuito, ma entra nella convenzione e nel capitolato che un ente gestore (di un CAS o di uno SPRAR) legato alla diocesi concorda con la Prefettura. La parrocchia sarà una delle strutture di ospitalità. Oppure, la parrocchia che ospita un richiedente asilo riceverà un rimborso per l'accoglienza dall'ente gestore capofila, che entra come specifica voce nel bilancio parrocchiale. Infine, la parrocchia ospita gratuitamente, senza accedere ai fondi pubblici, chi esce dal CAS o dallo SPRAR. In tal caso non è necessario richiamare il ruolo delle Prefetture né le relative convenzioni, né prevedere un ente gestore. Infatti, si tratterebbe di attivare un sistema di accoglienza successivo a quello oggi in capo ai Centri di Accoglienza Straordinaria e allo SPRAR. È sufficiente che una Caritas o/e una Migrantes diocesana, meglio se avvalendosi di enti gestori dove sono stati ospitati i richiedenti asilo, raccolga la disponibilità all'accoglienza e la faccia incrociare con l'esigenza di alloggio e sostegno di chi esce dai CAS o da uno SPRAR.
Monitoraggio
'L'esperienza di accoglienza - aggiunge la Cei - chiede un monitoraggio in ogni diocesi e anche la cura dell'informazione sulle esperienze in atto. A livello nazionale è istituito presso la Segreteria generale della CEI un Tavolo di monitoraggio dell'accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati a cui partecipano la Fondazione Migrantes, Caritas Italiana, Missio, USMI, CISM, Movimento per la Vita, Centro Astalli, l'Associazione Papa Giovanni XXIII, l'Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali, l'Ufficio Nazionale per i problemi giuridici, l'Ufficio Nazionale per apostolato del mare, l'Osservatorio Giuridico Legislativo della CEI, valorizzando le diverse competenze delle singole realtà coinvolte. Il Tavolo nazionale di monitoraggio prevederà incontri periodici con i Ministeri competenti. A livello nazionale, l'Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI predisporrà strumenti di raccolta dati e di esperienze, che possano mettere in comune il cammino e le esperienze di accoglienza nelle diocesi'. La Commissione Episcopale per le migrazioni prevederà un incontro annuale con il Tavolo nazionale di monitoraggio per una verifica, così da preparare una relazione sulla situazione da presentare durante i lavori dell'Assemblea generale dei vescovi. Infine, la Cei valuterà se e come assegnare un eventuale contributo alle diocesi, particolarmente bisognose, che hanno dovuto adeguare alcuni ambienti per renderli funzionali e idonei all'accoglienza.
(Con fonte Askanews)
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