18 aprile 2024
Aggiornato 13:30
Dossier Ossigeno

Giornalisti e carcere: 30 condanne in 4 anni

E' il dato che emerge dal rapporto dell'Osservatorio sui cronisti minacciati in Italia. Dal direttore di Panorama Mulè a tanti redattori di giornali locali e online. Un fenomeno affrontato dalla proposta di legge sulla diffamazione all'esame del Parlamento. Che elimina la pena detentiva ma prevede pesanti sanzioni economiche.

ROMA (askanews) - Minacce, intimidazioni e violenze contro i giornalisti pongono l'Italia in una situazione inaccettabile: a lanciare l'allarme è stato Lutz Mukke, coordinatore del neonato centro europeo per la libertà dell'informazione e dei media, con sede a Lipsia, in Germania. Mukke, tra i relatori di una conferenza stampa organizzata alla Camera da Ossigeno per l'informazione, ha sottolineato come proprio il «pur meritorio» lavoro quasi totalmente volontario di Ossigeno, «una piccolissima organizzazione» che ogni anno compila un rapporto sulle minacce e le intimidazioni che i giornalisti subiscono anche per via giudiziaria, «lascia perplessi perché è la prova di quanto l'Italia è interessata a investire su questo problema». Nell'occasione il vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava (gruppo misto-socialisti, ex deputato di Sel) ha annunciato l'arrivo a breve, probabilmente entro la prossima settimana della sua relazione sul rapporto informazione-criminalità.

Il Ministro Orlando pubblichi i dati
Mentre il Parlamento esamina la riforma del reato di diffamazione a mezzo stampa, Ossigeno ha compilato un dossier sulle condanne di giornalisti a pene detentive per questo reato. Contrariamente alla comune convinzione di una desuetudine di questo tipo di sanzione, l'osservatorio guidato da Alberto Spampinato e Peppino Mennella ha scoperto che da ottobre 2011 a maggio 2015 i giudici italiani hanno comminato almeno trenta condanne al carcere, in gran parte con pena sospesa. «Secondo le nostre stime - ha spiegato Spampinato, direttore di Ossigeno - il monitoraggio consente di scoprire un caso su dieci. Il ministro della Giustizia Orlando ha gli strumenti per rendere pubblici questi dati, non capiamo perché non lo faccia, visto che il Parlamento sta lavorando da due anni sula diffamazione. Forse i dati potrebbero chiederli i parlamentari».

Oggi l'imposizione del silenzio è più subdola
Spampinato ha in ogni caso dato atto al Governo in carica di aver «superato una situazione di negazione del problema che c'era stata fino a pochi mesi fa» sui temi dei limiti alla libertà di informazione. E ha diffuso un messaggio proprio su questi temi firmato dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, in occasione del convegno internazionale «Proteggere i giornalisti, conoscere le verità scomode», svoltosi ieri al Senato. «Non credo che in Italia si possa affermare che l'informazione non sia libera, credo invece che molti giornalisti non siano liberi», ha osservato il ministro. «Penso - ha spiegato - alle intimidazioni e alle minacce quotidiane contro coloro che affrontano temi come la mafia o la criminalità organizzata». Gentiloni ha citato le vittime degli anni di piombo e degli omicidi di mafia, «ma se oggi - ha aggiunto - l'imposizione del silenzio è meno violenta, non dobbiamo illuderci. Le armi sono diventate più subdole ma restano pericolose, agiscono nell'ombra, non scatenando più le reazioni indignate dell'opinione pubblica, ma isolando le voci di denuncia».