24 aprile 2024
Aggiornato 19:30
Il capogruppo di FdI contro il premier

Rampelli: «Renzi ormai è alla deriva autoritaria»

Il capogruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale Fabio Rampelli intervenendo in aula sulle pregiudiziali di costituzionalità della legge elettorale ha affermato che «Renzi ormai è alla deriva autoritaria. Non si tratta più di un solo episodio, ma di una sequenza di atti di forza che segnano l'inizio di un regime vero e proprio» e a dimostrarlo ci sono i fatti.

ROMA (askanews) - «Renzi ormai è alla deriva autoritaria. Non si tratta più di un solo episodio, ma di una sequenza di atti di forza che segnano l'inizio di un regime vero e proprio». E' quanto ha dichiarato il capogruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale Fabio Rampelli intervenendo in aula sulle pregiudiziali di costituzionalità della legge elettorale.

I fatti parlano
«Lo dimostrano - ha sottolineato - alcuni fatti: l'approvazione della riforma del Senato con tutta l'opposizione fuori dall'aula, la sconsiderata marchettona della ricapitalizzazione di Bankitalia per oltre sette miliardi approvata con la famosa 'tagliola', l'epiteto di 'squadristi' dato a insegnanti, comitati, movimenti e sindacati che protestano e scioperano contro il progetto della 'buona scuola' e, ora, l'inaccettabile diktat sulla riforma elettorale. Una tendenza inquietante».

La riforma fa acqua
«In questa riforma - ha osservato Rampelli - non si è riusciti neppure ad armonizzare i vari sistemi elettorali. E nel caso in cui si dovesse votare simultaneamente per il Comune, per la Regione, per le europee e le per politiche l'elettore si troverebbe di fronte a schede tutte con sistemi difformi da far andare al manicomio».

La sindrome «bonapartista» di Renzi
«Per definizione le regole democratiche, come quella elettorale, - ha aggiunto - si dovrebbero cambiare condividendole con l'opposizione e in questo caso il governo può contare solo sul sostegno di una parte del Pd. Nemmeno il partito di cui è segretario è unanimemente convinto dell'Italicum». «Questo dovrebbe indurlo a cercare convergenze, a disporre modifiche per allargare il consenso, invece la sindrome 'bonapartista lo induce a dichiarare guerra a tutto e a tutti. L'Italicum rischia di diventare la sua Waterloo», ha concluso.