24 aprile 2024
Aggiornato 08:00
La deputata M5s contro il supermanager per la gestione della tv pubblica

Nesci: «Quella di Renzi è la super lottizzazione della RAI»

Su La Repubblica spunta un'indiscrezione sulla riforma RAI. Pare che il premier, Matteo Renzi, stia pensando ad una rivoluzione a metà per la televisione pubblica. Il presidente del Consiglio starebbe pensando ad una figura super partes per la gestione dell'azienda pubblica, un supermanager teso a smontare il binomio Cda-direttore generale. Un supermanager indicato direttamente da Palazzo Chigi.

ROMA - «Incredibilmente il premier Renzi ritorna con la solita proposta dei partiti che mettono le mani sul Consiglio di amministrazione RAI. Perché prevedere un amministratore delegato con pieni poteri, con il governo che nomina i rappresentanti del Cda, è davvero scandaloso». Così Dalila Nesci, deputata del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione di Vigilanza Rai, in un'intervista al DiariodelWeb.it, commenta gli ultimi sviluppi relativi alla tanto chiacchierata riforma RAI.

LA MANINA DEL PREMIER SULLA TV - «Si parla sempre sulla base di indiscrezioni, perché non c'è nessun testo, quindi parliamo in base a quello che è uscito sulla stampa – spiega la deputata pentastellata –. Ovviamente già il quadro che si prospetta è inquietante. Se prima si parlava di lottizzazione, quella di Renzi è una super lottizzazione della RAI. Perché a breve ci sarà il rinnovo del Consiglio di amministrazione e evidentemente Renzi vuole mettere le mani anche su queste nomine. Cosa che, invece, il Movimento 5 Stelle vuole scongiurare, tanto è vero che qualche giorno fa abbiamo presentato la nostra proposta di legge per riformare la governance della RAI e quindi la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione», continua Nesci.

LA PROPOSTA DEL M5S - Il Movimento 5 Stelle ha presentato nei giorni scorsi la propria proposta di rivoluzione della tv pubblica, tutta volta ad estirpare la influenza dei partiti politici dagli uffici Viale Mazzini. «Dai primi riscontri – spiega la deputata del Movimento 5 Stelle –, anche gli altri partiti hanno ritenuto la proposta valida proprio perché siamo riusciti a mettere a sistema tutti gli strumenti che in questo momento il Parlamento già ha e togliere definitivamente i partiti dalla nomina di un organo così delicato che è quello del Consiglio di amministrazione della RAI. Abbiamo previsto di reperire le candidature al Consiglio di amministrazione tramite un bando pubblico di cui si occuperebbe l'Agcom, che, in questo caso, non avrebbe un ruolo discrezionale, ma svolgerebbe un ruolo di semplice cabina di regia per reperire i curricula e, sulla base di paletti stabiliti per legge, come suggerito nella nostra proposta, l'Agcom dovrebbe semplicemente verificare il possesso di requisiti da parte dei candidati. Ovvero che siano incensurati, che negli ultimi sette anni non abbiano svolto un ruolo politico – nemmeno, quindi, all'interno del partito di governo –, soprattutto che non abbiano conflitto di interesse con aziende che lavorano per la RAI. Quindi abbiamo messo una serie di paletti che rendono stringente e difficoltoso che dentro il Consiglio di amministrazione della RAI si ripetano casi Verro o Todini», aggiunge ancora la deputata Nesci.

IL CDA SCELTO SULLA BASE DEL CV - L'intento, dunque, è quello di evitare che si ripetano episodi inammissibili come quelli di Todini e di Antonio Verro – consigliere del Cda RAI al centro del ciclone nelle ultime settimane per una lettera inviata nel 2010 all'allora premier Silvio Berlusconi, in cui si chiedeva che il presidente del Consiglio intervenisse per arginare la deriva di alcune trasmissioni «antigovernative». «Abbiamo voluto, quindi, trovare un modo per non far fare gli stesse errori dalla politica. E, in effetti, ci siamo riusciti con questo sistema – spiega l'onorevole Nesci –. Perché sulla rosa dei curricula arrivati all'Agcom, questi verranno sorteggiati e le Commissioni competenti valuteranno le proposte di questi candidati al Consiglio di amministrazione. Anche qui, abbiamo semplicemente previsto il controllo a valle del Parlamento attraverso queste commissioni competenti, che, però, non hanno potere discrezionale, semplicemente i candidati vengono sorteggiati sulla base del possesso dei requisiti. Siamo riusciti a togliere, così, le mani della politica, mantenendo, però, il controllo parlamentare come prevedono le sentenze della Corte costituzionale. Riteniamo davvero di aver fatto una bona proposta sulla Rai. Invece, incredibilmente il premier Renzi torna con la solita proposta dei partiti che mettono le mani sul Consiglio di amministrazione. Perché prevedere un amministratore delegato con pieni poteri, con il governo che nomina i rappresentanti del Cda è davvero scandaloso», conclude la deputata. 

IL PASSO INDIETRO DI MATTEO - «Fuori tutti i partiti dalla RAI, mai più nomine politiche». Era il 19 maggio 2014 e, ospite della trasmissione di La7 Piazza Pulita, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, con veemenza affermava il principio secondo il quale sarebbe stata rivoluzionata la televisione pubblica italiana. «Non ho mai incontrato il presidente della Rai – continuava in quell'occasione il premier – né il direttore generale, perché in passato i partiti hanno già messo troppo bocca sulla Rai. Io invece non metterò mai il mio partito nelle condizioni di prendere decisioni sulla Rai». Quante cose cambiano dieci mesi. Tante, troppe, forse. Il premier torna a parlare di rivoluzione in Rai, sì, ma lo fa a modo suo, cambiando idea sulle modalità, rimodellando la linea da seguire, ammorbidendo la durezza di quel maggio. Si tratta di

IL SUPERMANAGER ELETTO DA PALAZZO CHIGI - Su La Repubblica, infatti, compare il nuovo modello cui il premier sceglierebbe di ispirarsi in quanto a gestione della televisione pubblica: alla guida della RAI, Matteo Renzi vede «un vero amministratore delegato, con poteri ampi, come in qualunque azienda privata». Secondo l'interpretazione del quotidiano di Eugenio Scalfari, l'espediente ipotizzato dal premier porterebbe all'accantonamento dell'attuale modello che vede il Consiglio di amministrazione e il direttore generale avere in mano le redini dell'azienda. Modello questo che, secondo il premier, comporterebbe la costante influenza dei partiti sui fatti della RAI. Renzi, contrario alla piega presa dalla tv pubblica, smonta il binomio Cda-dg per decomporre anche l'ascendente politico sugli uffici di viale Mazzini. Un supermanager che, dall'alto, muove le redini della televisione pubblica. Un supermanager che, dall'alto, viene nominato direttamente da Palazzo Chigi. Sembra dunque lontana la super rivoluzione annunciata un anno fa.