13 ottobre 2025
Aggiornato 23:30
La leader di FdI sui debiti della Chil

Meloni: fondi pubblici a pagare i debiti della famiglia Renzi?

Grane in vista per Matteo Renzi. Giorgia Meloni ha presentato alla Camera una mozione in cui denuncia lo «strano caso» dei debiti della Chil, società della famiglia del Premier, ripagati attraverso le risorse del fondo centrale del Ministero dell'Economia. Una vicenda che, se confermata, potrebbe mettere a dura prova la credibilità del Matteo fiorentino.

ROMA -  Grane in vista per Matteo Renzi. Almeno, secondo quanto racconta Giorgia Meloni in una mozione presentata alla Camera lo scorso martedì, che riguarda il caso dei debiti della Chil, la società della famiglia Renzi, pagati, sembrerebbe, con le risorse del fondo centrale del Ministero dell’Economia. La Meloni, nella sua mozione, ricostruisce l'intera vicenda, e impegna il governo «a vigilare sull'operato del Fondo di garanzia, verificando eventuali irregolarità ed eventualmente promuovendo, per quanto di competenza, le opportune iniziative finalizzate alla contestazione del danno erariale e al recupero delle somme erogate»

LA CHIL FINANZIATA QUANDO RENZI ERA PRESIDENTE DELLA PROVINCIA - Nel 2008, infatti, il consiglio di amministrazione di Fidi Toscana Spa ha deliberato lo stanziamento di 1.500.000 euro, destinato a potenziare i fondi regionali di garanzia a favore delle piccole e medie imprese. Tra le domande presentate, «ne risulta una avanzata dalla società Chil s.r.l. il 16 marzo 2009 per un finanziamento di 437.000 euro a ottantaquattro mesi tramite la BCC Pontassieve, filiale di Pontassieve», spiega la leader di Fratelli d'Italia: e quella società «era ed è stata a tutti gli effetti una società della famiglia Renzi e in quella data l'unico dirigente, in aspettativa, della stessa, risulta essere proprio l'ex socio Matteo Renzi». Una coincidenza? Per Giorgia Meloni no, soprattutto considerando che, alla stessa data, Fidi Toscana era partecipata dalla provincia di Firenze per 1.413.412,00 euro, e che Matteo Renzi era presidente della stessa provincia.

IL COMUNE DI FIRENZE SOCIO DI FIDI TOSCANA - Altro tassello fondamentale riportato dall'interrogante, il fatto che «la garanzia di Fidi Toscana è stata deliberata il 15 giugno 2009 tra il primo e il secondo turno delle elezioni comunali di Firenze in cui Matteo Renzi stava diventando sindaco di Firenze, e il finanziamento è stato erogato dalla banca il 13 agosto 2009, quando Matteo Renzi era sindaco», e «anche ​il comune di Firenze è socio di Fidi Toscana spa». Tale intervento è stato effettuato a prima richiesta nella misura dell'ottanta per cento in quanto «piccola e media impresa femminile». Tuttavia, puntualizza la Meloni, «in data 29 luglio 2009 Laura Bovoli, Renzi Benedetta e Renzi Matilde hanno ceduto le proprie quote societarie a Renzi Tiziano, determinando di conseguenza la perdita in capo all'azienda della caratteristica di piccola e media impresa femminile».

GENITORI DI RENZI INDAGATI PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA - Altro nodo, la cessione, mantenendone all'oscuro Fidi Toscana contrariamente alle norme, di un ramo aziendale a una società sempre riconducibile alla famiglia Renzi. Tiziano Renzi, dunque, in qualità di amministratore unico, ha fatto spostare la sede legale da Firenze a Genova, «e nella stessa data le quote della società Chil Post s.r.l. sono state trasferite interamente da Renzi Tiziano ad altro socio, per un corrispettivo di duemila euro». Successivamente, però, la banca finanziatrice è entrata in sofferenza a causa dell'insoddisfacente andamento del rapporto e al perdurare dell'insolvenza relativa all'estinzione di fatture Italia anticipate e scadute. La complessa vicenda si è quindi evoluta con  il fallimento di CHIL Post s.r.l., e l'indagine, da parte della procura di Genova, per bancarotta fraudolenta; tra gli indagati, risultano esserci anche Tiziano Renzi e Laura Bovoli, genitori di Matteo Renzi.

236.800 EURO DAL FONDO CENTRALE DI GARANZIA - Dopo che Renzi è divenuto premier, riporta la Meloni, «Fidi Toscana ha ricevuto dal Fondo centrale di garanzia la somma di 236.803,23 euro a seguito dell'attivazione della controgaranzia». Eppure, l'assessore regionale alle attività produttive, credito e lavoro Simoncini ha confermato, lo scorso 13 gennaio, che «Fidi Toscana avrebbe dovuto essere informata della cessione del ramo di azienda. Infatti il regolamento del fondo di garanzia prevede che la banca finanziatrice ha l'obbligo di comunicare a Fidi Toscana le informazioni in suo possesso, tra cui quello sull'assetto proprietari delle imprese finanziate. Così come le imprese devono comunicare a Fidi Toscana ogni fatto ritenuto rilevante inerente l'operazione garantita comprese le informazioni relative all'assetto societario. Nel caso di specie, come comunicatoci da Fidi Toscana, tali affermazioni non sono state comunicate». Inoltre, ha puntualizzato Simoncini, «nel caso in cui da verifiche risultino non rispettate le finalità previste dal regolamento, l'agevolazione è revocata e l'impresa è tenuta a corrispondere un importo pari a due volte l'agevolazione ricevuta (ovvero il risparmio in termini di costo della garanzia considerato che la stessa è concessa a titolo gratuito). Inoltre se Fidi Toscana fosse stata informata sulla variazione dell'assetto proprietario avrebbe dovuto, ai sensi del regolamento procedere a istruire la variazione secondo le modalità previste per le richieste di ammissione».

RENZI, QUALE CAMBIO DI VERSO? - Insomma, la leader di Fratelli d'Italia sottolinea che «la perdita sofferta sull'operazione da Fidi Toscana, a valere sulla misura liquidità, è stata di 26.311,47 euro e dal fondo di garanzia di 236.803,23 euro»: una cifra consistente, specialmente se si considera che «i debiti creati dall'azienda di famiglia di Matteo Renzi [...] sono stati di fatto pagati con fondi pubblici sia tramite la finanziaria regionale sia tramite il fondo di garanzia dello Stato quando Matteo Renzi ricopriva ruoli apicali nelle istituzioni di riferimento». Un intervento ad personas, secondo la Meloni, che, se confermato, potrebbe mettere a dura prova la credibilità del premier. Il cui slogan, dall'inizio della legislatura, è stato «L'Italia cambia verso». Eppure, da quanto ha riportato la leader di Fratelli d'Italia, sembrerebbe che il «verso», l'Italia, sia ancora lungi dal cambiarlo.