12 ottobre 2025
Aggiornato 07:30
Più tasse sugli immobili, più povertà

Prima potevamo contare sulla casa, ora nemmeno su quella

Ad essere colpita è la piccola e media borghesia, non i grandi patrimoni. Gli importi si sono dimezzati e realizzare la vendita della propria abitazione per superare un momento di difficoltà diventa sempre più difficile. Intanto le imposte corrono.

ROMA - La stangata del fisco sulla casa continua a far discutere. Sia per l’onerosità del prelievo, sia per la confusione amministrativa che regna sulle modalità di pagamento. Al punto che lo stesso Matteo Renzi è stato costretto a proporre di unificare i diversi tributi, per far risparmiare, al povero contribuente, almeno l’impazzimento generato dal susseguirsi di norme, codicilli, circolari e delibere comunali. Ma è solo questo il dato del contendere? O non dovrebbe essere avviata una riflessione più approfondita che riguardi l’essenza stessa del problema? Nel cercare di valutare gli effetti perniciosi di quei provvedimenti non solo per le tasche del cittadino, ma per l’intero sistema economico italiano.         

CASA PIÙ POVERA, PAESE PIÙ POVERO - L’ISTAT, nel grafico che presentiamo, ha cercato di dare una prima risposta. La caduta del valore aggiunto nel comparto delle costruzioni, che è simmetrica alla caduta del PIL, è stata determinante. Rispetto al suo punto più alto, il 2009, l’industria ha fatto registrare una flessione del 5 per cento. Quella delle costruzioni è stata del 19 per cento. Essa, inoltre, è avvenuta senza soluzione di continuità dal 2009, in poi. Quando si ragiona sulla tassazione degli immobili non bisognerebbe trascurare questi dati. Al di là di ogni altra considerazione l’aver colpito le case ed i capannoni industriali ha avuto un effetto duraturo e pernicioso sulle altre variabili del quadro macro-economico. Provando a fare i calcoli, per loro natura molto complessi, è possibile ipotizzare una riduzione del potenziale produttivo annuo che oscilla tra uno 0,5 ed uno 0,8 per cento del PIL. Ne deriva che una diversa politica finanziaria – più basata sui tagli di spesa che non sulla tassazione degli immobili – avrebbe prodotto un maggior reddito annuo pari ad un importo corrispondente.

LA TASI HA GENERATO DISOCCUPAZIONE- La crisi dell’edilizia si è manifestata sia nella minore attività produttiva – caduta del valore aggiunto, quindi dell’offerta – sia dal lato dei consumi. Nel primo caso il minor potenziale produttivo annuo, a partire dal 2009, è stato, in media dello 0,3 per cento. Per le costruzioni il crollo è stato del 5,0 per cento. Gli effetti sull’occupazione sono stati di conseguenza devastanti. Dal 2009 la perdita di posti di lavoro, tra i dipendenti, è stata pari a 808 mila unità. Nel comparto delle costruzioni a 312 mila. In percentuale il 38,7 per cento del totale. La caduta dei consumi che si è registrata in questi ultimi quattro anni è quindi figlia, in misura rilevante, del cattivo andamento del settore. Che, tuttavia, riflette solo in parte un fenomeno molto più complesso. Negli ultimi quattro anni, secondo le rilevazioni ISTAT, i prezzi delle abitazioni sono diminuite in media dell’11 per cento. Dato tuttavia scarsamente significativo. I prezzi sono scesi in misura maggiore nelle periferie delle città. Ancor di più nelle grandi che non nelle piccole. Si va da minimi che sfiorano il 30/40 per cento, specie per le seconde abitazioni, alla loro sostanziale stabilità per quelle di lusso.

A SOFFRIRE SONO I PICCOLI, NON I GRANDI PATRIMONI - A soffrire di più è stata quindi la media e la piccola borghesia, che non i possessori di grandi patrimoni. Colpita al cuore, essa ha reagito cercando di ricostituire quei margini di sicurezza che aveva appena perduto. Ha contratto i consumi, nonostante la ristrettezza del reddito, risparmiando anche più del dovuto per far fronte a possibili emergenze future, visto che parte di quanto accumulato in passato era crollato a seguito delle improvvide scelte governative. Il motore del cosiddetto «effetto ricchezza» ha pertanto ingranato la retromarcia. Prima delle riforme Monti sull’IMU, si poteva consumare la maggior parte del proprio reddito. Il valore di mercato della casa, valore protetto dall’inflazione, garantiva, infatti, un capitale che poteva essere dismesso, in qualsiasi momento, per far fronte alle incertezze della propria esistenza.

ADDIO AL PARACADUTE CASA? - Ma oggi? Per effetto dell’eccesso di tassazione, quegli importi si sono, a volte, dimezzati. Le compra-vendite si sono contratte. Secondo i dati dell’Agenzia delle entrate il punto di caduta massima – quarto trimestre 2011, primo trimestre 2014 – è stato di quasi il 45 per cento. Dismettere la propria abitazione, sull’incalzare dell’emergenza, rappresenta un drammatico problema. Nel frattempo tuttavia gli oneri corrono, contribuendo a rendere sempre meno sostenibile il semplice possesso. Questi sono stati quindi i risultati di una cattiva politica. L’Italia, al pari di altri Paesi è stata colpita da uno shock esogeno, ma se la sua crisi è più grave, questo si deve al maggior crollo intervenuto nel settore delle costruzioni: l’elemento che fa la differenza. E che deve essere corretto quanto prima.