Gasparri: «Dopo Orsoni Renzi chiarisca sulla 'ditta' Pd»
Il senatore di Forza Italia: «Era ovvio che Orsoni si sarebbe dimesso. Dopo il patteggiamento non poteva rimanere sindaco di Venezia. Ora ci sono altri sui quali si deve fare luce»
ROMA - Maurizio Gasparri ha commentato a caldo il passo indietro del primo cittadino di Venezia, Giorgio Orsoni: «Era ovvio che Orsoni si sarebbe dimesso. Dopo il patteggiamento non poteva rimanere sindaco di Venezia. La questione però non si chiude, perché si apre ora».
I DIRIGENTI TIRATI IN BALLO DA ORSONI - «Abbiamo letto sui giornali - aggiunge - quanto ha dichiarato Orsoni circa il fatto che i finanziamenti della sua campagna elettorale sarebbero stati gestiti direttamente dal Partito Democratico. Orsoni ha fatto nomi e cognomi di dirigenti e parlamentari del Pd. Questi fondi come sono stati raccolti? Nel rispetto delle normative di legge, con bilanci depositati e compiute informazioni come prescrivono le normative in vigore? O con modalità non trasparenti? Non se ne esce».
MATTEO NON PUO' STARE SERENO - «Se la vicenda non è stata gestita esclusivamente da Orsoni, che tuttavia ha patteggiato una condanna quindi ammettendo delle colpe, ci sono altri - insiste Gasparri - sui quali si deve fare luce. Pertanto l'attenzione si sposta sull'intero Pd, sulla 'ditta' se così la vogliamo definire secondo il linguaggio bersaniano, e occorrono chiarimenti. Prima ancora che nelle sedi giudiziarie, che faranno il loro corso, in quelle politiche. Matteo quindi non può stare sereno e deve dare delle spiegazioni a partire dall'assemblea di domani. Senza slide, senza slogan. Perché del resto - conclude - la Corte dei Conti esiste per tutti».
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