19 aprile 2024
Aggiornato 17:30
Elezioni 2013

Bersani: «Basta governissimi». D'Alema: «No a inciuci»

Si sono parlati a quattr'occhi, Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani. L'intervista dell'ex premier al Corriere della sera non è piaciuta affatto al quartier generale democratico, anche se ufficialmente la segreteria Pd negaa qualsiasi incomprensione

ROMA - Si sono parlati a quattr'occhi, Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani. L'intervista dell'ex premier al Corriere della sera non è piaciuta affatto al quartier generale democratico, anche se ufficialmente la segreteria Pd negaa qualsiasi incomprensione. Ma chi è negli uffici del Nazareno racconta che le parole di D'Alema non sono state accolte affatto bene al quartier generale, perché rischiavano di essere interpretate come un'apertura al 'governissimo', e che Bersani, anche nell'intervista che comparirà domani su Repubblica, ribadirà la sua linea: nessun governissimo è pensabile, al Pd e al centrosinsitra tocca esprimere la premiership e presentare in Parlamento una proposta, dopodiché ognuno si assumerà le proprie responsabilità.

Peraltro, proprio mentre i due parlavano è uscita la notizia delle dichiarazioni di Sergio De Gregorio ai pm sulle presunte elargizioni di denaro da parte di Silvio Berlusconi per far cadere il governo Prodi nel 2006. L'idea di un 'governissimo' col Pdl il segretario democratico non vuole nemmeno prenderla in considerazione, tanto più dopo le ultime notizie, «il Pd ha già dato», ripete da lunedì Bersani. Non solo, ma anche l'idea di D'Alema di 'offrire' le presidenze delle Camere a M5S e Pdl non è piaciuta, perché rischia di apparire come uno scambio di poltrone. Durante la chiacchierata, da quello che si apprende, D'Alema avrebbe spiegato a Bersani il senso delle parole dette al Corriere della sera: nessun 'inciucio', nessuno scambio di poltrone, il ragionamento sulle presidenze delle Camere è in sintonia con quello fatto da Bersani più volte sull'opportunità di cercare una ampia «corresponsabiltà» per le cariche istituzionali.

La divergenza, che di fatto rimane, è sul ruolo immaginabile per il Pdl. Il segretario Pd non sembra disposto ad accettare i voti di Berlusconi nemmeno solo come 'fiducia tecnica' per insediare il governo, ammesso che il Pdl sia disposto a concederli, Bersani non vuole avere niente a che fare con il Cavaliere e ha dalla sua la pressione della 'base'. «Ci sbranano i nostri», avrebbe detto il leader Pd. D'Alema si sarebbe detto assolutamente d'accordo, e stasera al Tg1 dirà che «Grillo si sbaglia se pensa di spingere il Pd a un governissimo col Pdl». Però, nell'intervista, l'ex premier parlava di «assunzione di responsabilità di Pd, M5S e centrodestra», il che non sembrava appunto escludere il Pdl dal voto di fiducia. Il fatto è che il Pdl, per D'Alema, non deve certo entrare in un governissimo, ma non può nemmeno essere escluso a priori come interlocutore in Parlamento di un governo di scopo, sia pure «ciascuno mantenendo la propria autonomia, senza ammucchiate e senza pasticci».

Su questo il leader Pd, invece, non accetta incertezze, Bersani chiederà alla direzione della prossima settimana un mandato che gli permetta di proporre questo scenario alle consultazioni al Quirinale: Pd e centrosinistra sono pronti ad assumersi la responsabilità di un governo di scopo, avendo vinto il premio di maggioranza alla Camera e avendo la maggioranza relativa al Senato; un governo che dovrebbe presentarsi in Parlamento con una piattaforma limitata - conflitti di interessi, lotta alla corruzione, costi della politica, riduzione dei parlamentari, intervento sugli emolumenti, risposte al disagio sociale, misure per la crescita - chiedendo non solo a M5S ma a tutti i partiti di assumersi le proprie responsabilità. Ovviamente, la 'piattaforma' di Bersani è scritta apposta per far saltare i nervi a Berlusconi.

Formalmente, Bersani non dirà 'no al Pdl', ma la piattaforma non lascia dubbi: è a Monti e a M5S che guarda il leader Pd, niente governissimo. Su questo Bersani vorrà avere «tutto il gruppo dirigente dietro, compatto» e chiederà un voto esplicito alla direzione del Pd. Poi si vedrà cosa ne pensa Napolitano.