Berlusconi tre ore dai Pm palermitani per il processo Dell'Utri
Forse, per capire lo stato d'animo, può bastare la battuta che, al termine, ha consegnato ai cronisti il suo medico, Alberto Zangrillo: «Il presidente sta benissimo, d'altronde è avvezzo». Avvezzo, è la parte implicita della frase, ad avere a che fare con i giudici
ROMA - Forse, per capire lo stato d'animo, può bastare la battuta che, al termine, ha consegnato ai cronisti il suo medico, Alberto Zangrillo: «Il presidente sta benissimo, d'altronde è avvezzo». Avvezzo, è la parte implicita della frase, ad avere a che fare con i giudici. Perché nel pomeriggio Silvio Berlusconi, dopo aver tentato per mesi di evitarlo, è stato sentito, in qualità di testimone, dai pm di Palermo che indagano sulla seconda tranche dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Quella, per intendersi, nell'ambito della quale il Cavaliere sarebbe stato oggetto di estorsione ad opera del senatore del Pdl, Marcello Dell'Utri. In tutto 40 milioni in dodici anni.
TRE ORE DI INTERROGATORIO - Un interrogatorio durato circa tre ore che si è tenuto a Roma nella caserma della Guardia di Finanza di via dell'Olmata. E a conclusione del quale da palazzo Grazioli viene emesso un comunicato, piuttosto asciutto, dei legali dell'ex premier, Niccolò Ghedini e Piero Longo. I quali sottolineano che Berlusconi ha «chiarito compiutamente tutti gli aspetti della vicenda» e che a «comprova delle dichiarazioni rese» è stata anche depositata «idonea documentazione». Non solo, visto che - si precisa - in fondo, il Cavaliere si sarebbe anche potuto sottrarre per qualche altro giorno all'interrogatorio dal momento che è ancora «pendente avanti al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, la questione di competenza territoriale» sollevata dai legali di cui sopra.
«SFORZO» NECESSARIO - Quel che è certo, tuttavia, è che, con chi ha avuto modo di cogliere i suoi umori prima dell'interrogatorio, Berlusconi non ha nemmeno provato a nascondere quanto controvoglia si presentasse davanti ai pm. Quello che pensa dei giudici e dell'accanimento della giustizia nei suoi confronti è cosa nota, così come lo sono i suoi timori, pubblicamente smentiti ma confidati ai più, che altre procure, in particolare Bari e Napoli siano pronte ad indagarlo. Soprattutto se dovesse decidere di ricandidarsi. Lo 'sforzo' di oggi, tuttavia, è stato necessario anche per evitare una richiesta di accompagnamento coatto. La linea di difesa, inutile dirlo, è che non c'è stata nessuna estorsione.
LA TRATTATIVA CON I PM - In effetti, la fissazione dell'interrogatorio è stata oggetto di una non semplicissima (né breve) trattativa tra gli avvocati del Cavaliere e il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo, e l'aggiunto, Antonio Ingroia. Come dimostra il fatto che l'orario è stato stabilito solo nella serata di ieri quando ai vertici del Pdl è stato comunicato lo slittamento della riunione su legge elettorale e agenda della ripresa che si sarebbe dovuta tenere oggi all'ora di pranzo a palazzo Grazioli e che invece è slittata a questa sera. Per ore, inoltre, si è cercato di tenere top secret anche la location: alcune macchine riconducibili alla scorta dell'ex premier erano infatti giunte nel primo pomeriggio in un'altra caserma, quella della Guardia di Finanza di via Collatina, sviando per un po' i cronisti.
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