7 dicembre 2023
Aggiornato 17:00
Le riforme costituzionali

La Commissione boccia gli emendamenti sul Senato federale

Ma domani in aula Pdl-Lega hanno i numeri per approvarlo. Quagliariello: Fiduciosi su voto aula. Pardi (IdV): Sospeso scambio Pdl-Lega, ora Senato delle autonomie. Ceccanti (PD): Mancano i requisiti di serietà per valutare proposta

ROMA - Non passa in commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama il Senato federale voluto dalla Lega e appoggiato dal Pdl: la votazione sull'emendamento del Carroccio all'articolo 2 delle riforme costituzionali, articolo che riduce i senatori da 315 a 250, è finita in parità (13 favorevoli contro 13 contrari). La proposta dunque risulta bocciata.

Al Senato Pdl e Lega hanno i numeri - Domani l'articolo, rinviato in Commissione dal presidente Renato Schifani per un approfondimento, tornerà in Aula: l'impegno dei gruppi, che giovedì scorso hanno votato il taglio dei deputati (da 630 a 508), è quello di approvare anche la riduzione del numero dei senatori. Una riduzione che però rischia di essere vanificata se il Carroccio ripresenterà in Assemblea la proposta bocciata oggi che prevede un Senato così composto: 250 senatori, 40 rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano che partecipano ai lavori con diritto di voto sulle materie di legislazione concorrente e 21 presidenti delle Regioni e delle Province autonome che hanno diritto, e se richiesti l'obbligo, di intervenire alle sedute. In tutto quindi siederebbero nell'Aula di Palazzo Madama 311 persone, solo quattro in meno della composizione attuale.
E se in Commissione la vecchia maggioranza Pdl-Lega non ha i numeri, in Aula la partita è aperta: Pdl e Lega insieme hanno 149 voti, più i 13 di Coesione Nazionale, che oggi con Pasquale Viespoli ha detto sì al Senato federale, fanno 162 contro i 145 di Pd, Udc, Terzo Polo-Fli e Idv. L'emendamento del Carroccio insomma verrebbe approvato.

Quagliariello: Fiduciosi su voto aula - «La votazione degli emendamenti alla riforma costituzionale riguardanti il Senato è finita 13 a 12 a favore delle modifiche, con l'astensione del presidente Vizzini. Solo in virtù del fatto che in Senato l'astensione viene computata come un voto contrario, gli emendamenti della Lega non sono passati». Lo ha detto Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del PdL al Senato, aggiungendo: «Ciò lascia dunque impregiudicato l'esito della votazione in aula. In termini calcistici, si potrebbe parlare di un pareggio. Per i supplementari e gli eventuali rigori siamo fiduciosi».

Pardi (IdV): Sospeso scambio Pdl-Lega, ora Senato delle autonomie - «La dimostrazione che per fare tutto alla fine non si farà niente. Persi tra accordi di mero scambio politico, Pdl e Lega fanno lavorare inutilmente la commissione Affari costituzionali del Senato, minacciando la Carta scritta dai nostri padri costituenti». A dichiararlo è il capogruppo dell'Italia dei Valori in commissione Affari costituzionali del Senato, Pancho Pardi, che aggiunge: «Bocciando l'emendamento sul Senato federale, di fatto viene meno per il momento, vedremo cosa succederà in Aula, lo scambio tra il Carroccio e il Pdl, ovvero Senato federale in cambio del semipresidenzialismo. Una trattativa offensiva sia sul piano del metodo che del merito».

Ceccanti (PD): Mancano i requisiti di serietà per valutare proposta - «Il testo sul Senato pseudo-federale a tre strati è stato bocciato in commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama perché irrazionale». Lo afferma il senatore del Pd Stefano Ceccanti, componente della commissione Affari Costituzionali. «Il testo infatti proponeva un confuso Senato a tre strati, difficilmente classificabile come federale, meglio definibile come pseudo-federale, ma comunque irrazionale - spiega Ceccanti -. Il primo strato con 250 senatori eletti a suffragio universale. Il secondo con 41 eletti dai consigli regionali (due ovunque, tranne uno per il consiglio provinciale di Trento e uno di Bolzano) che si aggiungerebbero solo sulle materie di legislazione concorrente (che comprendono peraltro tutto il welfare) e su quelle 'di interesse degli enti territoriali' (quali non lo sono?). Così si arriva già a 291 e non se ne capisce la ratio».
«Delle due l'una: se rientrassero nelle logiche della politica nazionale (sarebbero due per regione per non alterare gli equilibri) sarebbero inutili; se invece agissero in una logica meramente regionale renderebbero difficilmente governabile il procedimento legislativo - hanno concluso -. Il terzo strato con i Presidenti delle Regioni e delle province Autonome di Trento e Bolzano ovvero altri 22 per arrivare a 313, con prerogative del tutto indistinte, che sarebbero decise in sede di Regolamento del Senato. Le soluzioni razionali possono essere giuste o sbagliate nel merito, ma questa manca dei requisiti di razionalità per essere seriamente valutata».