18 agosto 2025
Aggiornato 13:30
Referendum sulla legge elettorale

Legge elettorale, Consulta divisa: No al referendum, monito sul «Porcellum»

I Giudici: «Né spaccatura otto a sette né unanimità». Riforma più lontana, il Colle: Parlamento agisca. Alfano: Ora riforma in Parlamento. Di Pietro: Non spero in nuova legge. In piazza. Bindi: Nuovo patto Lega-Pdl per non modificarla?. Berlusconi: E' buona legge, migliorarla su Senato

ROMA - «Una buona convergenza. Né spaccatura otto a sette né unanimità», raccontano fonti della Consulta, ma una maggioranza larga fra i quindici giudici costituzionali ha determinato la bocciatura dei due quesiti referendari per l'abrogazione (totale o per parti) della legge elettorale in vigore. Non è mancato, fra i componenti del collegio, chi ha sostenuto con calore (la Velina rossa ha parlato addirittura di 'scontro' fra i giudici) la necessità di considerare ammissibili i referendum, ma l'innovazione è stata alla fine giudicata troppo forte dai più. La giurisprudenza precedente non ammette il 'vuoto normativo' in materia elettorale ma solo 'tagli' parziali che lascino almeno in parte viva la norma toccata dal referendum.

Più sereno l'orizzonte politico dei partiti che sostengono il Governo Monti, quindi, è salvo, per ora, il cosiddetto Porcellum: la cui eventuale riforma è nuovamente demandata al Parlamento. Il giudice relatore Sabino Cassese, tuttavia, introdurrà nelle motivazioni della sentenza, che dovrebbero essere approvate dal collegio il 23 gennaio prossimo, un «monito», una indicazione, sulla necessità di rivedere la legge attuale. La discussione è stata lunga, più approfondita forse rispetto alle previsioni di chi considerava già scritta la sentenza, ma il rinvio non aveva a che fare con altri eventi politici contestuali: la notizia della bocciatura dei quesiti ha preceduto largamente quella del voto della Camera sulla richiesta d'arresto per il coordinatore del Pdl campano Nicola Cosentino.
Quanto alle motivazioni della sentenza, non dovrebbe esserci neanche stavolta, dicono le fonti della Consulta, una pronuncia troppo netta su una presunta incostituzionalità del Porcellum, ma probabilmente un ampliamento delle perplessità già espresse dalla Corte nella sentenza numero 16 del 2008: «L'impossibilità di dare, in questa sede, un giudizio anticipato di legittimità costituzionale non esime tuttavia questa Corte - scriveva il giudice redattore Gaetano Silvestri, tuttora componente della Consulta - dal dovere di segnalare al Parlamento l'esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento, sia pure a livello regionale, di una soglia minima di voti e/o di seggi».

Riforma più lontana, il Colle: Parlamento agisca - I referendari lo dicevano da giorni, «se la Corte boccia i quesiti elettorali la riforma torna ad essere un miraggio», e le prime dichiarazioni dopo il pronunciamento della Consulta sembrano avvalorare le tesi più pessimistiche. Se molti, da Pier Luigi Bersani ad Angelino Alfano, affermano che ora la politica deve agire, basta sentire l'opinione di Silvio Berlusconi per capire che il percorso è tutt'altro che delineato: «Il 'Porcellum' (la normativa attuale, ndr) è una buona legge», al limite, «può essere migliorata soprattutto per quanto riguarda il premio di maggioranza del Senato». E anche Pier Ferdinando Casini dice: «Deve essere l'ultimo problema da affrontare, non si può pensare di anteporlo alle riforme istituzionali».
Un rischio, quello dello stallo, che ha ben chiaro anche il capo dello Stato Giorgio Napolitano, non a caso prontissimo nel sollecitare «il Parlamento» ad intervenire. «E' ai partiti e al Parlamento che spetta assumere il compito di proporre e adottare modifiche della vigente legge elettorale secondo esigenze largamente avvertite dall'opinione pubblica». Il presidente è molto preoccupato dall'ondata di anti-politica e teme, infatti, che la bocciatura dei quesiti firmati da oltre un milione di persone possa suscitare ulteriore risentimento nell'opinione pubblica, se il Parlamento non mostrerà di saper cogliere la richiesta di cambiamento. Di sicuro, un'intesa tra i partiti è assai lontana.

Alfano: Ora riforma in Parlamento - «Prendiamo atto e rispettiamo la sentenza della Consulta, che non sottrae al Parlamento la possibilità - e io ritengo l'opportunità - di intervenire per restituire ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti». Così il segretario del Pdl, Angelino Alfano, commenta la bocciatura dei due quesiti referendari da parte della Corte costituzionale.

Di Pietro: Non spero in nuova legge. In piazza - Antonio Di Pietro non nutre speranze in una nuova legge elettorale da parte di questo Parlamento, che, dice al Tg3, «farà una riforma che serve al sistema dei partiti per continuare a fare gli affari propri, senza permettere ai cittadini di scegliere tra bipolarismo e maggioritario».
«Oggi - aggiunge il leader dell'Idv - ci sono le condizioni per fare una legge peggio di quella che c'è. Bisogna scendere nelle piazze e urlare 'resistenza, resistenza, resistenza».

Schifani: Ora la parola spetta alle Camere - Dopo la decisione della Corte costituzionale di non ammettere i referendum, la parola per rivedere la legge elettorale tocca alle Camere: bisogna tener conto dell'esigenza dei tanti italiani che hanno firmato i quesiti di poter scegliere i parlamentari. E' questa, a quanto si apprende, la posizione del presidente del Senato Renato Schifani.
Con la decisione di oggi - è la convinzione di Schifani - la Corte costituzionale si pone nel solco di una giurisprudenza già confermata in diverse occasioni. Ciò non impedisce però ai partiti di dare ascolto alle richieste rappresentate da tanti italiani che hanno firmato il referendum. Ora la parola definitiva spetta alle Camere, che dovranno tener conto dell'esigenza dei cittadini di poter scegliere da protagonisti i propri eletti.
Secondo il presidente del Senato, un intervento del Parlamento sulla legge elettorale contruibuirà a riavvicinare gli elettori ai propri rappresentanti, ponendo fine a quei fenomeni di distacco tra cittadini e politica, estremamente pericolosi per la tenuta del sistema democratico.

Bindi: Nuovo patto Lega-Pdl per non modificarla? - «Sono tra quanti hanno promosso e firmato i referendum e la sentenza della Corte Costituzionale mi dispiace. Leggeremo le motivazioni ma è chiaro che il Pd, che ha dato un contributo rilevante alla raccolta delle firme, dovrà impegnarsi con molta determinazione alla modifica della legge elettorale, per andare alle prossime elezioni con regole nuove». Lo sottolinea in una nota Rosy Bindi, vicepresidente della Camera e presidente dell'Assemblea nazionale del Pd.
«E' un obiettivo cruciale per restituire dignità e credibilità alla politica e rafforzare la nostra democrazia. Si tratta di salvaguardare i principi di un maturo bipolarismo e il diritto dei cittadini di scegliere chi mandare in Parlamento - spiega Bindi -. Sarà un'impresa difficile, anche alla luce del voto di oggi su Cosentino, che ha visto la Lega tornare a casa mostrando la propria subalternità a Berlusconi, come sempre sulle questioni meno nobili. L'uso distorto dei problemi della giustizia resta il vero ingombro di questa legislatura e di questa stagione politica. Ma stavolta il patto tra Bossi e Berlusconi - basta guardare le loro dichiarazioni - riguarda anche la conservazione di questa pessima legge elettorale, cucita su misura per tutelare le convenienze di Pdl e Lega».

Bossi: Referendum bocciati? Lo immaginavo - «Immaginavo che la Consulta avrebbe detto no ai referendum, altrimenti non ci sarebbe stata più una legge elettorale con cui andare al voto». Lo ha detto il leader del Carroccio, Umberto Bossi, commentando la sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato inammissibili i referendum sulla legge elettorale. Una legge che «servirà presto», perchè secondo Bossi «il governo non risolve i problemi» e quindi «non si impiegherà tanto per andare alle urne», bisognerà andarci «con la legge che c'è», perchè per farla nuova «ci vuole tanto».

Berlusconi: E' buona legge, migliorarla su Senato - Il porcellum è «una buona legge» ma si può intervenire per rendere nazionale il premio di maggioranza anche al Senato. Lo ha detto Silvio Berlusconi commentando la decisione della Consulta sul referendum elettorale.
«Io - ha osservato - ho sempre ritenuto che l'attuale legge elettorale sia una buona legge che mira alla governabilità del Paese. Può essere migliorata soprattutto per quanto riguarda il premio di maggioranza del Senato che è stato attribuito pro quota alle singole regioni, finendo quindi di essere una garanzia di governabilità. Io credo che il Parlamento dovrà fare un intervento per portare anche, per quanto riguarda il Senato, il premio di maggioranza a livello nazionale».

Casini: Consulta ineccepibile, ora riforma - Il pronunciamento della Consulta sui quesiti referendari sulla legge elettorale «è ineccepibile e come al solito Di Pietro sbaglia a tacciare chi non la pensa come lui di eversione». Lo sostiene alla Camera il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, aggiungendo: «Per me era indifferente il sì o il no, la Consulta va rispettata sempre ed è evidente che ora tocca al Parlamento rifare una legge elettorale che garantisca ai cittadini la possibilità di scegliere».

Bersani: Rispettiamo la Corte, ma non siamo contenti - Il Pd rispetta la decisione della Corte costituzionale sui referendum elettorali, ma non è «contento» della sentenza. Lo ha detto ai cronisti il segretario democratico Pier Luigi Bersani, aggiungendo che ora sarà necessario comunque cambiare la legge in Parlamento: «Siamo pronti al confronto con tutti, a partire dalla nostra proposta».

Promotori referendum: Da domani riprende la battaglia - «Ciò di cui siamo sicuri in questo momento è che non è la prima, e non sarà l'ultima iniziativa per far crescere la democrazia maggioritaria dell'alternanza. E fin da domani ci rimetteremo al lavoro per continuare questa battaglia perchè siamo convinti che la decisione della Corte costituzionale, al di là delle motivazioni giuridiche, politicamente peserà come un macigno sulla strada della riforma elettorale». Lo ha affermato il presidente del comitato referendario per i collegi uninominali Andrea Morrone, sulla bocciatura dei quesiti da parte della Corte Costituzionale.
«Nel giorno in cui la Consulta dice no ai referendum sono sempre più convinto - ha sottolineato ancora il Professore - che abbiamo intrapreso una iniziativa doverosa contro una legge elettorale insopportabile. Ci siamo affacciati a questa sfida senza sapere come sarebbe andata a finire. Ma in politica le battaglie non si fanno quando si conoscono in anticipo i risultati, ma quando si è convinti della giustezza delle proprie azioni: e con noi ci hanno creduto in tanti, direi più di un milione di concittadini che hanno apposto la loro firma sui nostri moduli».