12 dicembre 2024
Aggiornato 23:30
Pdl e Terzo polo chiedono prudenza sull'Irpef

Monti ascolta e avverte: Sarò equo ma no a tentennamenti

Il presidente del Consiglio, affiancato dai ministri Corrado Passera, Elsa Fornero e Pietro Giarda, riceve le delegazioni dei partiti soprattutto per mettere a verbale le richieste dei leader politici, ma quando si tratta di raccontare la manovra continua a mantenere una certa dose di riservatezza

ROMA - Il premier ascolta, prende nota, ma alla fine l'unica promessa su cui si sbilancia è un generico richiamo all'equità. Così, raccontano i partiti, si svolgono i colloqui con Mario Monti. Il presidente del Consiglio, affiancato dai ministri Corrado Passera, Elsa Fornero e Pietro Giarda, riceve le delegazioni dei partiti soprattutto per mettere a verbale le richieste dei leader politici, ma quando si tratta di raccontare la manovra continua a mantenere una certa dose di riservatezza: espone le linee, i capitoli, ma concede qualche dettaglio solo quando vengono fatte domande precise. E, comunque, alla fine prende un solo impegno: sarò equo, scontenterò tutti in egual misura. Raccontano, anzi, che Monti, tanto con il Pdl che con il 'terzo polo', abbia insistito soprattutto su un punto: l'Europa ci guarda, non c'è spazio per tentennamenti. Come dice una fonte del 'terzo polo': «Quello che è certo è che la manovra sarà complessa. E pesante!».

Il Premier si riserva di tirare le somme - Insomma, secondo i resoconti di chi ha partecipato ai colloqui, Monti non ha voluto entrare affatto in una trattativa con i partiti, e d'altro canto non poteva essere altrimenti visto che si tratta di colloqui bilaterali. Il premier mette a verbale le posizioni di Pdl, Terzo polo, Pd (lo farà stasera) e poi si riserva di tirare le somme. Secondo le voci che circolano già domani sera , dopo aver visto le parti sociali in mattinata, Monti potrebbe convocare il Consiglio dei ministri per l'approvazione del decreto. Provvedimento che, certo, il Parlamento può sempre correggere. Ma, di fatto, il messaggio del premier è del tipo: prendere o lasciare. Anche perché, sottolinea una fonte di governo, «un decreto entra in vigore subito: cambiarlo in Parlamento significa mettere mano a misure che hanno già prodotto effetti... Si darebbe un segnale di confusione».
Insomma, i partiti hanno capito che le modifiche potranno anche esserci, ma solo a «saldi invariati» e, comunque, non sostanziali.