29 marzo 2024
Aggiornato 07:30
Caso Milanese

In Giunta prevale il no all'arresto di Milanese. Lega decisiva

Il Deputato del Pdl: «Contro di me massacro mediatico». Il 22 in Aula alla Camera

ROMA - Marco Milanese può tirare (per ora) un sospiro di sollievo: la Giunta per le autorizzazioni, chiamata domani mattina ad esprimere un parere sulla richiesta di arresto nei suoi confronti arrivata dal Tribunale di Napoli, lo salverà. Determinante sarà l'annunciato no alla custodia cautelare in carcere dei due commissari leghisti, Luca Paolini e Fulvio Follegot, gli stessi che, il 16 luglio scorso, con la loro astensione furono determinanti per l'ok all'arresto di un altro deputato del Pdl, Alfonso Papa.

La decisione dei leghisti matura nel pomeriggio, in una pausa del lavori della Giunta che Paolini chiede sia più lunga dei dieci minuti che aveva intenzione di concedere il presidente Pierluigi Castagnetti. Il deputato del Carroccio dice di non aver sentito il leader Umberto Bossi anche se la dichiarazione rilasciata ai cronisti dal ministro delle Riforme («A me non piace far arrestare la gente«) fa sospettare il contrario. Uscito dalla lunga seduta della Giunta, Paolini parla di «voto secondo coscienza in Aula», poi, interpellato al telefono, frena: «Faremo una riunione di gruppo, illustreremo la nostra relazione, poi ci saranno le indicazioni del partito e del segretario federale».

«La Lega di fatto abdica alla sua missione originaria: ossia quella di battersi per un Parlamento pulito», attacca il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, e per il Pd i leghisti «usano il voto in Giunta per questioni interne alla maggioranza, fanno bieco mercanteggiamento sulla pelle di chi di volta in volta si trova davanti alla Giunta». La capogruppo di commissione Giustizia, Donatella Ferranti, parla di decisione «politica» e l'Udc Pierluigi Mantini commenta: «La Lega ha smesso di prendersela con Roma ladrona e ora la protegge».

Per Paolini invece «ci sono molte incongruenze nell'unico accusatore di Milanese», cioè l'imprenditore Paolo Viscione, e «c'è fumus persecutionis» da parte di quest'ultimo e «non da parte dei pm, come ha evidenziato lo stesso Milanese». E infatti l'ex consigliere del Ministro Giulio Tremonti si difende per oltre due ore davanti alla Giunta ritenendosi vittima di un vero e proprio «massacro mediatico» e denunciando «un fumus persecutionis» contro di lui motivato dal fatto che i pm di Napoli hanno dato credito a una persona animata solo da «vendetta», cioè Paolo Viscione, l'imprenditore partenopeo suo principale accusatore. Secondo il deputato del Pdl, Viscione si sarebbe voluto vendicare contro di lui per non aver candidato suo figlio nel Comune di Cervinara. E la coincidenza tra l'arresto di Viscione e la visita alle cassette di sicurezza, successivamente sequestrate a Milanese? Del tutto «casuale», assicura il deputato.

Una difesa che non convince Pd, Idv, Fli e Udc anche se il partito di Pier Ferdinando Casini, a dispetto del no all'arresto, annunciato da Pierluigi Mantini e Armando Dionisi in Giunta, decide in una riunione del direttivo del gruppo di lasciare libertà di voto in Aula. E' lo stesso partito che prima delle ferie aveva votato, in Giunta e in Aula, a favore dell'arresto di Papa ma oggi, nel partito di via dei Due Macelli, in una situazione di crisi, il caso viene considerato più delicato e il sì all'arresto un colpo non solo a Milanese ma anche al Ministro Tremonti.