5 maggio 2024
Aggiornato 06:30
Manovra bis

Prime nubi sul testo, tra fronde Pdl e mal di pancia della Lega

Il Pd presenta il suo piano alternativo. Dialogante Casini: «Bene il no alla fiducia». Idv: «Saremo responsabili»

ROMA - All'indomani del varo della manovra economica bis da parte del consiglio dei ministri, resta alto lo scontro tra maggioranza e opposizione in vista dell'esame del pacchetto anti-crisi in Parlamento. Ma anche lo stesso campo delle forze di governo non se la passa meglio. In casa leghista, sono scontenti i maroniani, tanto che a sera il ministro Roberto Calderoli lancia l'avvertimento: «Chi fa distinguo è fuori». Della serie: decide Umberto Bossi, il capo è ancora lui. E pure dentro il Pdl c'è maretta, a dir poco. Perchè i quattro parlamentari (Crosetto, Bertolini, Malan, Stracquadanio) scettici già giorni fa sulle misure illustrate dal ministro Tremonti, oggi aumentano. A loro si aggiungono altri cinque pidiellini (c'è anche l'ex ministro Antonio Martino) e tutti insieme annunciano già da ora emendamenti al dl governativo.

«Contropiano» Democratico - Dal fronte dell'opposizione, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani insiste nel definire il testo licenziato a Palazzo Chigi «depressivo, poco credibile e ingiusto» e accompagna il giudizio con un vero e proprio «contropiano» Democratico per far fronte alla crisi, un elenco di sette proposte «alternative» a quelle del governo. E' una mossa per rispondere all'invito alla coesione e al senso di responsabilità avanzato da Giorgio Napolitano a tutte le forze politiche. Tanto più che c'è dell'altro che si muove sul fronte dell'opposizione. La giornata infatti registra almeno l'inizio di un confronto tra la maggioranza e l'Udc.

Casini: «Bene il no alla fiducia» - Lo fa capire la nota di Pier Ferdinando Casini, che dopo un primo giudizio a caldo sulla manovra («Solo tasse», si erano espressi dall'Udc ieri sera), riconosce che sì, il testo è pesante, ma necessario. E poi, aggiunge, «sono state recepite alcune nostre indicazioni» come quella sulla «tassazione delle rendite finanziarie, tagli delle province e accorpamento piccoli comuni». Quindi, sì, la manovra è «un sacrificio immenso» per il paese, però «le forze di opposizione devono corrispondere con serietà e senso dello Stato». Insomma, Casini apre al confronto in Parlamento, apprezzando l'annuncio del governo che non ci sarà voto di fiducia sulla manovra. Ci pensa lo stesso Silvio Berlusconi, poi, parlando coi cronisti a Roma prima di tornare in Sardegna, ad ammettere che «ci sono stati contatti con l'opposizione». E il premier sembra quasi confermare le parole di Casini quando dice: «Abbiamo tenuto conto delle loro dichiarazioni». Si vedrà. Del resto, l'offerta collaborativa del leader centrista non rispecchia un atteggiamento altrettanto morbido da parte di tutto il Terzo Polo, soprattutto del Fli che anche oggi con Carmelo Briguglio è tagliente sulle responsabilità del premier («E' colpa sua se il paese è in queste condizioni«).

Di Pietro: «Saremo responsabili» - C'è ancora del tempo prima che la manovra approdi in Parlamento: l'iter inizierà in commissione al Senato il 22 agosto, in aula dai primi di settembre. E l'impressione è che un po' tutte le forze politiche, anche in maggioranza, nutrono speranze di modificarla a seconda dei propri desiderata. Sull'abolizione delle province, per esempio, lo scontro raggiunge livelli già ora altissimi. Dall'Idv, adombrano il dubbio che il governo abbia scelto determinati criteri (cancellate quelle sotto i 300mila abitanti e più grandi di 3mila mq) proprio per salvare le roccaforti leghiste, come la provincia di Sondrio. La manovra «è iniqua - è la sintesi di Antonio Di Pietro - ma saremo responsabili».

L'incognita è il Carroccio. In serata l'avvertimento di Calderoli segnala che in casa leghista le acque sono davvero agitate. Ma al di là dei distinguo di maggioranza e opposizione, la prima e ultima parola sul testo licenziato dal governo la diranno i mercati, già martedì prossimo, alla riapertura dopo Ferragosto.