19 aprile 2024
Aggiornato 16:00
Afghanistan

Iannucci: ecco perché non abbandoneremo gli afgani

L'inviato del Governo, futuro ambasciatore in Cina: «Kabul sarà un attore economico cruciale, Pechino l'ha già capito»

ROMA - La presenza italiana in Afghanistan «continuerà per moltissimi anni». Anzi, «sarà senza fine» perché il paese asiatico, una volta pacificato, diventerà un partner economico fondamentale per l'intera comunità internazionale. E' la tesi di Massimo Iannucci, che lascia proprio in questi giorni il delicato incarico di inviato del governo per l'Afghanistan e il Pakistan per assumere quello di ambasciatore a Pechino.

Iannucci cita proprio la Cina, e l'investimento miliardario della Repubblica popolare in quello che è forse il più grande giacimento di rame al mondo - la miniera di Aynak a sud di Kabul - per illustrare il suo ragionamento. Alla recente riunione di Roma degli inviati per l'Afghanistan, spiega l'ambasciatore in un'intervista ad ApCom, «tutti hanno sottolineato l'opportunità di iniziative come quelle che l'Italia ha portato avanti nella provincia di Herat, con il marmo e lo zafferano, in cui siamo passati dall'assistenza e quindi dal puro aspetto umanitario allo sviluppo dei commerci».

«Abbiamo portato imprenditori di Herat in Italia e imprenditori italiani a Herat - illustra il diplomatico - entro dicembre è prevista nella provincia afgana un'importante missione del vice ministro allo Sviluppo economico Adolfo Urso per cercare di favorire futuri investimenti. La nostra attenzione è focalizzata sul settore agro-alimentare». Investimenti e sviluppo richiedono però una cornice di sicurezza. «Far crescere l'economia - insiste Iannucci - significa offrire alla popolazione un'alternativa alla violenza. E' un processo complementare alla reintegrazione nella società afgana di quegli ex talebani che abbiano rinunciato alle armi». Per quanto riguarda la «riconciliazione» politica, invece, il discorso è più complesso visto che ci sono alcune «linee rosse», come ha sottolineato più volte anche il ministro Franco Frattini: «la partecipazione alla vita politica degli ex talebani - afferma l'ambasciatore - dev'essere fatta a condizione che rispettino la legge, la costituzione, i diritti umani e in particolare i diritti delle donne». A questo proposito, assicura Iannucci, sia l'Iran che il Pakistan stanno remando a favore di Karzai, perché entrambi interessati a una stabilizzazione del paese: «Certo - precisa - quello di Teheran e di Islamabad è un sostegno di tipo pragmatico, perché a volte può non esserci una coincidenza di vedute». Ma il coinvolgimento dei key player regionali è garantito, anche grazie all'Italia che soprattutto «sulla strada iraniana ha sempre insistito». «La necessità di una collaborazione con Teheran sul dossier dell'Afghanistan è stata da noi sostenuta fin dalla riunione del G8 di Trieste, nel giugno 2009. Nella provincia di Herat con l'Iran condividiamo 600 chilometri di confine e ci troviamo a operare in una regione di influenza persiana» racconta Iannucci. La partecipazione ai colloqui di Roma di un delegato della Repubblica islamica, che si è seduto intorno allo stesso tavolo dell'inviato di Obama Richard Holbrooke, è stata da questo punto di vista «confortante».

La riunione romana è stata occasione di un bilancio del risultato delle politiche afgane del 18 settembre e di una «premessa» per il vertice Nato che si terrà il 19 e 20 novembre a Lisbona. «Lì saranno definiti i termini della transizione che abbiamo più volte citato in queste settimane: luglio 2011 come data di avvio del processo che comporterà un graduale passaggio di responsabilità alle forze di sicurezza afgane e un progressivo ritiro della presenza militare internazionale a favore di quella civile» ribadisce Iannucci, «se Karzai manterrà gli impegni presi questo processo di 'afganizzazione' sarà completato nel 2014».
Su questo, garantisce l'ambasciatore, esiste una «sintonia fra europei»: «Vogliamo continuare a essere presenti con una componente civile sempre più attiva». Come gli addestratori dei Carabinieri o della Guardia di Finanza? «Anche quella - chiosa Iannucci - la considero una presenza 'civile'».