3 maggio 2024
Aggiornato 23:30
Salute. Nuova influenza

Rezza: «Casi gravi erano attesi, no ad allarmismi»

«Il virus non è a rischio zero, le complicanze possono insorgere»

ROMA - Casi gravi di complicanze dovute al virus della nuova influenza come quello del 24enne ricoverato a Monza «rientrano in quello che già conoscevamo e, si può dire, erano attesi e sono nella normalità». Lo afferma Giovanni Rezza, direttore del dipartimento Malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, che invita a «non fare allarmismi».

«Avevamo detto da tempo - spiega al telefono ad Apcom - che questo virus non era a rischio zero. E, soprattutto, quando il numero di casi totali aumenta ci si aspetta anche qualche raro caso grave. I casi gravi saranno comunque pochi. Il tasso di complicanze è basso all'incirca come quello dell'influenza stagionale. Con l'unica differenza che questo virus, per quanto osservato ora, colpisce i giovani. Anche in Messico (paese tra i più colpiti, ndr.) i casi più gravi sono stati registrati in persone tra i trenta e i 40 anni». In ogni modo, ha tenuto a precisare l'epidemiologo, «non si tratta di uno sviluppo ulteriore del virus».

«Sin dall'inizio dell'epidemia - dice Rezza - si sono verificati dei casi rari di polmonite virale, primaria, che sono quelli che possono portare poi alla sindrome da stress respiratorio. Sono casi rari che insorgono in persone che hanno dei fattori di rischio noti, ma anche in persone iperobese, donne gravide e in specifiche categorie a rischio di complicanze».

Proprio le complicanze, sottolinea, saranno «uno degli argomenti da approfondire: ovvero capire perché questi casi rari si manifestano in alcune persone e in altre no. Alcuni fattori predisponenti sono noti e sono - aggiunge Rezza - nella maggior parte dei casi gli stessi della normale influenza; mentre altri non lo sono ancora».

Sul caso del 24enne ricoverato a Monza «stiamo eseguendo degli approfondimenti», afferma Rezza che per ora non si sbilancia sull'aggressività del virus tra i più giovani: «Sicuramente - conclude - il virus si diffonde più velocemente tra loro, ma non è detto che sia più aggressivo. Finché non avremo un numero alto di casi in persone più anziane non potremo dire che il virus è più aggressivo nelle persone giovani».