19 aprile 2024
Aggiornato 00:00
Industria 4.0

Così il MISE ha escluso l'Università di Genova dal piano Industria 4.0

Nell'elenco del MISE per il bando sui Competence Center non compare l'Università di Genova

GENOVA - Che il decreto per il bando dei Competence Center avesse sollevato più di qualche dubbio, lo avevamo già riportato qui. Arrivato con un anno di ritardo, il testo lascia ampio spazio agli interrogativi su come saranno scelti gli atenei di riferimento ed elargiti i fondi. Per fare un po’ di chiarezza, in questi giorni il ministero dello Sviluppo Economico, ha pubblicato sul suo sito un elenco degli atenei e dei centri di ricerca che soddisfano alcuni determinati requisiti e possono quindi accedere al bando. Con sorpresa, dall’elenco, è esclusa l’Università di Genova.

Una decisione che ha fatto andare su tutte le furie il rettore Paolo Comanducci, tanto rammaricato da scrivere e inviare una lettera al ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli e a quello dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. Ben 65 università eccellenti, distribuite sull’intero territorio nazionale, ma un elenco che lascia Genova inesorabilmente fuori dal Piano Industria 4.0, estromettendola dalla rete capillare dei centri di competenza che la manovra Calenda ha intenzione di sviluppare sulla Penisola.

Un duro colpo per l’Università di Genova che da un anno stava lavorando per presentare la propria candidatura al bando dei Competence Center, grazie alla collaborazione di importanti aziende come Fincantieri, Ansaldo Energia e altre. Proprio negli scorsi giorni il MISE era approdato nel capoluogo ligure per dare il via al primo progetto «Impianto Faro» in Italia che vede appunto Ansaldo Energia impegnata a investire 14 milioni di euro nei prossimi anni per sviluppare tecnologie digitali nei siti produttivi di Campi e Cornigliano. Analisi dei Big Data, Internet of Things, sensoristica, cloud, robotica: la fabbrica del futuro, in pratica. La Liguria dovrà quindi accontentarsi di questo «patto» stretto con il ministero e rinunciare a partecipare al bando per i Competence Center?

Non ci sta il rettore, non ci sta l’Università di Genova: «Stupito e amareggiato, ferito da una palese ingiustizia. Si impedisce all’unico ateneo della Liguria di contribuire allo sviluppo del Paese in una sfida decisiva per il futuro delle giovani generazioni», scrive Comanducci. Che elenca il lavoro già svolto in questi mesi col mondo imprenditoriale attorno al tema, cruciale per la Liguria, della protezione delle infrastrutture strategiche, individuando «nelle soluzioni intelligenti per la sicurezza informatica e per quella idrogeologica le metodologie di elezione; scegliendo il porto e le infrastrutture energetiche e ospedaliere come campi privilegiati di applicazione; valorizzando, in questo scenario promettente, l’esistenza a Genova del primo Impianto Faro per Industria 4.0, quello di Ansaldo Energia».

«Noi intendiamo proseguire nel nostro impegno di ricerca e formazione nell’ambito della protezione delle infrastrutture strategiche e, più in generale, di Industria 4.0 – ricorda ancora Comanducci alla Fedeli -. Rafforzeremo tale impegno, lo valorizzeremo cercando finanziamenti e collaborazioni, diventeremo comunque un punto di riferimento nazionale ed europeo su questi temi. Il rammarico per il fatto che le potenzialità di questo impegno e di queste competenze siano state mortificate da un uso distorto di una valutazione parziale e incoerente della qualità della ricerca del nostro Ateneo, tuttavia, rimane».

Sul decreto del MISE per il bando dei Competence Center vi avevamo espresso già i nostri dubbi, ripresi nella lettera dal rettore dell’Università di Genova, che accusa il ministero di «privare l’interlocutore di ogni possibilità di verifica», con scelte basate «su criteri non chiari». Al netto di questi criteri per la selezione, anche i metodi per l’elargizione dei fondi solleva qualche interrogativo. Fondi che appaiono un po’ scarsi rispetto alle aspettative. Nello specifico, ai Competence Center saranno assegnati fondi pubblici sulla base del regolamento Ue Gber, per un massimo di 7,5 milioni di finanziamento per singolo polo. I fondi dovrebbero essere erogati nella misura del 65% per la costituzione e l’avvio e nella misura del 35% per i progetti (per un importo massimo di 200mila euro). «In una situazione momentanea, in cui si fa fatica a trovare capitali, probabilmente qualcuno avrà pensato che era meglio non investirci troppo, nel caso poi non avessero funzionato - ci aveva raccontato Francesco Seghezzi, direttore Fondazione Adapt -. All’inizio avevo pensato che fosse una soluzione interessante, ora non ne vedo l’utilità».

Al netto dei dubbi, però l’assenza nell’elenco dell’Università di Genova rimane. Cosa farà ora il MISE?