29 marzo 2024
Aggiornato 10:30
tecnologia

Anche Calenda boccia i braccialetti-spia di Amazon: «Mai in Italia»

Anche il ministro Calenda ha rassicurato l'Italia sui braccialetti di Amazon: «Qui non si faranno mai»

Anche Calenda boccia i braccialetti-spia di Amazon: «Mai in Italia»
Anche Calenda boccia i braccialetti-spia di Amazon: «Mai in Italia» Foto: Shutterstock

ROMA - Non si placano le polemiche sul braccialetto wireless per i dipendenti di Amazon che, in queste ore, sta sollevando le ire non solo dell’opinione pubblica, ma - altresì - dei maggiori esponenti delle amministrazioni e dei Governi. Dopo le dichiarazioni del premier Gentiloni e le rassicurazioni del presidente dell'Autorità garante della privacy Antonello Soro sull’inapplicabilità del braccialetto elettronico in Europa, anche il ministro del MISE, Carlo Calenda, ha chiarito la posizione dell’Italia, al termine di un incontro svoltosi con il colosso dell’e-commerce.

Scherza sornione Carlo Calenda: «ho spiegato ad Amazon che gli unici braccialetti che facciamo in questo paese sono quelli che produce la nostra gioielleria e sono bellissimi. Gli ho spiegato, e loro del resto hanno capito, che una cosa come quella che non è in uso ma è stata brevettata, in Italia non ci sarà mai». Felici sì, degli investimenti di Amazon fatti nel nostro Paese, «a patto che la cura principale sia quella della qualità del lavoro e del personale».

Secondo GeekWire, che ha visionato il prototipo di cui Amazon ha depositato il brevetto, il nuovo braccialetto wireless è in grado di monitorare con precisione i movimenti dei dipendenti, vibrando per guidarli nella giusta direzione. In sostanza, i dati relativi agli ordini effettuati sulla piattaforma online vengono quindi trasmessi al device indossato al polso dell’operatore il quale dovrà quindi dirigersi velocemente nell’area dove è stoccata la merce, prelevarla e passare all’ordine successivo. La notizia, naturalmente, ha sollevato il panico, esasperando l’amara (ormai) certezza di essere delle varie e proprie marionette nelle mani della tecnologia, oltre a cavie da laboratorio mascherate.

Completamente prive di fondamento, inoltre, alcune affermazioni secondo le quali il Jobs Act avrebbe autorizzato l'utilizzo di dispositivi per il controllo a distanza dei lavoratori. Il Jobs Act ha adeguato la normativa contenuta nello Statuto dei lavoratori, risalente al 1970, alle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute. La norma non ha dunque liberalizzato i controlli, ma ha fatto chiarezza circa il concetto di strumenti di controllo a distanza e i limiti di utilizzabilità dei dati raccolti attraverso questi dispositivi, in linea con le indicazioni che il garante della privacy ha fornito negli ultimi anni. Inoltre, la disposizione ha previsto che, in ogni caso, questi strumenti possano essere adottati esclusivamente previo accordo sindacale o autorizzazione dell'ispettorato territoriale del lavoro o del ministero. Di più: la norma in questione rafforza e tutela ancor meglio rispetto al passato la posizione del lavoratore, imponendo che al lavoratore venga data comunque adeguata informazione circa l'esistenza e le modalità d'uso di strumenti di lavoro che possano consentire un controllo a distanza.