19 aprile 2024
Aggiornato 13:30
industria 4.0

Le falle del piano Industria 4.0: Calenda, non sprecare l’impegno degli atenei

I risultati ci sono e sono stati buoni. Ma a rischio c'è la banda ultralarga e l'impegno degli atenei sui Competence Center

Le falle del piano Industria 4.0: Calenda, non sprecare l’impegno degli atenei
Le falle del piano Industria 4.0: Calenda, non sprecare l’impegno degli atenei Foto: Shutterstock

ROMA - Industria 4.0, tutto bene? Sì, più o meno. A fronte dei buoni risultati ottenuti negli ultimi 6 mesi, su ricerca, sviluppo e strumentazione (robot) venduti sembriamo andare alla grande. Su cosa ci delude il Governo? Un po’ sui pilastri. Ma aspetta, forse siamo noi, che abbiamo troppe aspettative? Sul piatto Carlo Calenda ne vuole mettere 3 miliardi e mezzo. Sono i soldi che il Governo dovrebbe prendere da fondi non spesi o da bandi meno costosi per lo sviluppo della banda ultralarga. Un piano che viaggia al rallentatore, nonostante l’accordo da 1,4 miliardi firmato con Open Fiber lo scorso 16 giugno, i cui primi cantieri dovrebbero sorgere a fine settembre nei cinque lotti (aree bianche) Abruzzo e Molise, Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto. L’accordo tra la società e il Mise, però, non sembra andare così tanto a gonfie vele, dato che (secondo alcune indiscrezioni riportate dal Sole24Ore), proprio lo stesso Calenda avrebbe sollevato preoccupazioni sulla capacità realizzativa di Open Fiber.

Lenti sulla banda ultralarga
Andiamo lenti e rischiamo di non raggiungere gli obiettivi previsti dall’UE per il 2020. Un dato per darvi un’idea: in questo momento, in Italia, ci mettiamo 90 minuti per scaricare un film in HD di circa 7,5 Gb. La Svezia, ce ne mette una trentina. Secondo un report del think tank Istituto per la competitività I-Com, in più, l’Italia è solo al 18esimo posto a livello europeo per grado di preparazione alla digitalizzazione del sistema industriale. Paghiamo soprattutto il basso livello di diffusione delle connessioni veloci e il gap di competenze nel settore Ict.

I ritardi nei Competence Center
La banda ultralarga non è l’unica cosa in cui andiamo lenti, ovviamente. I 60  milioni (20 milioni del 2017, 10 per il 2018 e 30 per 2019) che il Governo ha previsto per la realizzazione dei Competence Center faranno la muffa? O saranno usati per finanziare progetti più utili? Domande lecite, del resto, perchè secondo Calenda, non ci sarebbero novità dalla Corte dei Conti, la quale ha ora in mano il decreto attuativo per lo sviluppo dei centri di eccellenza che prevede - in prima battuta - l’apertura del bando per capire quali centri si aggiudicheranno i fondi per la loro realizzazione. «E’ la parte del piano che non ha funzionato. L’obiettivo era di creare 4 o 5 poli di eccellenza. Al momento siamo fermi, ma dovremo riuscire a pubblicare il bando entro novembre», ha detto Calenda, promettendo che l’attenzione del Governo, sul tema, sarà massima.

Il Competence Center di Milano
Già, perchè intanto gli atenei si stanno dando da fare per creare le condizioni migliori affinché sia possibile aggiudicarsi questo tanto atteso bando. Marco Taisch, professore ordinario del Politecnico di Milano, Dipartimento di Ingegneria Gestionale, dove insegna Sistemi di Produzione Automatizzati e Tecnologie Industriali, ci aveva a lungo spiegato progetti e visioni future legate al Competence Center che dovrebbe (e qui il condizionale a questo punto è d’obbligo) sorgere a Milano. «Non sarà un laboratorio di ricerca - ci aveva raccontato - ma un vero e proprio spazio all’interno del quale gli imprenditori potranno vedere come effettivamente funzionano le tecnologie che possono migliorare il loro business. L’obiettivo è far capire alle imprese che non stiamo parlando di soluzioni irrealizzabili, ma di tecnologie che davvero si possono applicare all’interno della propria azienda, anche in modo piuttosto semplice». L’obiettivo è quello di far testare con mano le tecnologie e fare formazione. Far comprendere, in qualche modo, che non stiamo parlando di fantascienza.

Il Competence Center di Torino
Sforzi copiosi si stanno facendo anche in Piemonte, al Politecnico di Torino, altra area candidata allo sviluppo del proprio Competence Center. Per Emilio Paolucci, vice rettore del Politecnico di Torino per il trasferimento tecnologico, quello sabaudo dovrebbe essere un polo volto a indottrinare le imprese nel far convergere le varie tecnologie: «E’ l’intera filiera che deve attuare la trasformazione digitale - ci racconta Emilio Paolucci -. In un processo di rivoluzione industriale  non è sufficiente che sia un solo attore ad adottare la tecnologia. Il problema delle imprese oggi è capire, ad esempio, quali sensori installare in fabbrica, quali dati si possono ricavare e come è possibile utilizzarli. Quello che vorremo fare nel nostro Competence Center è insegnare alle imprese a coordinare le innovazioni lungo tutta la filiera produttiva e fare in modo da condividere competenze». Un polo che diventi il punto di contatto tra tutti gli attori della filiera industriale, uno scambio reciproco di competenze e tecnologie. Un grande sforzo, che non può e non deve rimanere sulla carta. Per Emilio Paolucci anche la questione banda ultralarga sembra essere uno escamotage per bypassare la questione. «Le imprese hanno molto più bisogno di competenze e di capitali che di investimenti sulla banda ultralarga - spiega Paolucci -. Di fatto se per i cittadini può essere un problema sentito, non lo è per le aziende, che spesso sorgono in complessi industriali già coperti dalla fibra ottica o comunque facilmente raggiungibili. Insomma, pagare un canone di connessione alla banda ultralarga non è di certo un problema per le industrie. Sinceramente vedo molto più problematica la questione della sicurezza e dei cyber attack».

Gli altri poli d’eccellenza
Quelli di Torino e Milano non sono gli unici poli a essere interessati dalla rivoluzione Industria 4.0. E in attesa, di fatto. In ballo ci sono anche il centro di eccellenza che dovrebbe sorgere nel padovano, che si focalizzerebbe, invece, su tecnologie ‘smart’, social, cloud e digital da applicare ai settori industriali del territorio, quindi abbigliamento, arredamento, automazione e agrifood. Il Sant’Anna di Pisa avrebbe già individuato gli spazi, a Pondera, dove potrebbe sorgere un complesso dove far convogliare tutte le competenze dei ricercatori a favore delle aziende in tematiche come robotica e realtà virtuale. Grande aspettativa per il polo napoletano, capitanato dalla Federico II, cher potrebbe stringere collaborazioni con grandi aziende per specializzazioni in robotica e materiali innovativi. A contendersi la poltrona anche l’ateneo di Bari che potrebbe presentarsi con l’ateneo di Napoli.