18 aprile 2024
Aggiornato 02:30
Stati Uniti

Le promesse nucleari di Kim Jong-Un e l'attentato a Maduro: gli Usa perdono la pazienza

Il consigliere per la sicurezza, John Bolton, respinge le accuse di Caracas: «Gli Usa non c'entrano». Poi avverte la Corea del Nord: «Non siamo ingenui...»

Donald Trump e Kim Jong-Un a Singapore. 21 giugno 2018
Donald Trump e Kim Jong-Un a Singapore. 21 giugno 2018 Foto: ANSA/AP Photo/Susan Walsh ANSA

STATI UNITI - Da una parte le promesse 'nucleari' di Kim Jong-un. Dall'altra le accuse del governo venezuelano, secondo il quale ci sarebbe la mano degli Stati Uniti dietro l'attentato contro il presidente Nicolas Maduro. Il consigliere di sicurezza nazionale Usa John Bolton, per tutti 'il falco', in una lunga intervista a Fox News Sunday ha toccato e analizzato i due temi del momento per la politica estera di Donald Trump. Ed è soprattutto sulla questione coreana che si è concentrato, avvertendo a distanza Kim Jong-un: «Nell'amministrazione Trump non c'è nessuno così ingenuo da credere alla prospettiva che la Corea del Nord effettivamente si denuclearizzi». E presto «arriverà il momento» in cui gli Stati Uniti concluderanno che il leader nordcoreano «non è serio» nelle sue promesse di denuclearizzare. Il riferimento, ovviamente, è all'impegno preso nello storico summit di Singapore di giugno con Trump.

Da Trump una lezione a Kim
«Il presidente sta dando a Kim Jong Un una lezione accademico di come si tiene una porta aperta a qualcuno», ha spiegato senza mezze parole Bolton. «E se i nordcorani non immaginano come attraversarla, anche i più duri critici del presidente non saranno in grado di dire che è perché non ha aperto abbastanza la porta». In fondo sono di pochi giorni fa le notizie, in mano ll'intelligence statunitense e poi riportate dai maggiori organi di stampa, secondo le quali Pyongyang sta continuando ad arricchire plutonio e a sviluppare programmi missilistici. Notizie che hanno posto un freno all'entusiasmo che aveva seguito il summit di giugno. Bolton, dal canto suo, interpellato su quanto gli Usa siano disposti ad aspettare, ha detto che tutto dipende «dall'atteggiamento nordcoreano. Se loro prendono la decisione strategica di rinunciare alle armi nucleari, possono farlo in un anno», ha spiegato. «Noi - ha aggiunto - stiamo attendendo di vedere prove che di fatto questa decisione strategica è stata presa».

Ma la Corea del Nord si sta 'denuclearizzando'?
Nei giorni scorsi diverse fonti hanno parlato di una continuazione dei programmi missilistici e di arrichimento del plutonio da parte del regime di Kim Jong Un. E un rapporto delle Nazioni Unite, filtrato nelle scorse ore, sostiene che la Corea del Nord non abbia fermato il suo programma nucleare, di fatto aggirando le sanzioni. E non è un caso che due giorni fa il ministro degli Esteri di Kim, Ri Yong Ho, abbia parlato di «un'allarmante impazienza degli americani». Indirettamente, in fondo, il 'falco' Bolton gli dà ragione. Ma c'è un punto oltre il quale gli Usa non attenderanno: «Stiamo aspettando di vedere prove che di fatto questa decisione strategica è stata presa».

Il fronte venezuelano
Poi il secondo fronte: quello venezuelano. John Bolton ha negato, in maniera dura e seccata, di avere nulla a che vedere con quanto accaduto a Caracas, dove il presidente Nicolas Maduro ha denunciato un «tentativo di assassinio» attraverso un drone esplosivo durante una parata militare. «Posso dire categoricamente che non c'è stata assolutamente alcuna partecipazione del governo americano», ha dichiarato alla Fox. «Se il governo venezuelano dispone di informazioni che vuole sottorporci e che mostrino un possibile attentato al diritto penale americano, noi le osserveremo seriamente. Nell'attesa dovremmo però seriamente concentrarci sulla corruzione e sull'oppressione del regime venezuelano», ha risposto Bolton. Ed ecco la provocazione: «Non escludo che l'attacco possa essere stato 'autoprodotto' come pretesto montato dal regime stesso».

Sei arresti in Venezuela
Poche ore dopo, da Caracas è arrivata, è arrivata la notizia di sei «terroristi e killer a pagamento» arrestati per aver cercato di assassinare il presidente Nicolas Maduro in un presunto attacco con un drone esplosivo, da cui è uscito illeso. Il ministro della Giustizia e degli Interni Nestor Reverol ha annunciato gli arresti parlando alla tv di stato aggiungendo che altro potrebbe accadere «nelle prossime ore». Tre soldati sono in condizioni critiche e altri quattro sono rimasti feriti per proteggere Maduro dall’esplosione causata da due droni comandati a distanza, ha spiegato Reverol in quello che ha descritto come «un crimine di terrorismo». Uno dei due droni che volava sulla tribuna dove stava parlando Maduro è stato «disorientato da un segnale di inibizione» e quindi «azionato all’interno del perimetro pianficato dagli assassini». Il secondo ha perso il controllo e si è schiantato. Nelle immagini televisive si vede Maduro che guarda in aria dopo aver sentito un’esplosione, le guardie del corpo che fanno da scudo umano e lo proteggono con un pannello balistico flessibile, ma non si distingue nessun drone. La diretta è stata poi subito interrotta.