28 marzo 2024
Aggiornato 20:00
Germania sempre più imperiale

Nasce un nuovo Reich tedesco, si chiama Europa a due velocità

Spagna, Francia e Germania si piegano alla volontà della Merkel. Crolla l'Europa Unita e nasce il Quinto Reich tedesco

PARIGI - Finisce così, senza colpo ferire, l’utopia dell’Europa Unita. Anzi, finisce con toni trionfali, pacche sulle spalle, baci e abbracci. Nata dalle ceneri della Seconda guerra mondiale, termina dopo una corsa a perdifiato nella reggia di Versailles, poco distante da Parigi: non potrebbe esistere scenografia più esemplare per raccontare il naufragio di un percorso caduto sotto i colpi dell’egoismo e dell’ipocrisia.  Circondati da stucchi e ori, protetti dall’esercito, i capi di governo di Germania, Italia, Spagna e Francia hanno sancito la nascita del nuovo Reich tedesco, il quinto. Finalmente un po’ di semplicità e pragmatismo.

I tedeschi non scherzano mai
Nella reggia che fu del Re Sole, ma che soprattutto vide le scorribande delle popolane che irruppero agli albori della Rivoluzione Francese, nasce l’Europa «differenziata», anche venduta come «Europa a più velocità». Uno progetto che vede gli albori a Berlino, nelle stanze del Reichstag dove lavora Angela Merkel, la cancelliera ormai stufa delle zavorre europee: Grecia, Spagna, Portogallo, e Italia. Sì, perché tra i pesi morti ci siamo anche noi: ma spedirci subito in Serie B sarebbe stato un problema. Un mese fa circa le prime dichiarazioni lasciarono senza fiato i governi di tutta Europa che non pensavano ad un reale volontà tedesca in tal senso. Si credette ad un provocazione un po’ spinta, da gestire attraverso un serie di dubbi espressi a livello formale e non. I tedeschi, come noto, non scherzano mai.

Le mani della Germania sulla Bce
Invece l’egemonia di Angela Merkel non ha trovato resistenza. Così, i capi dei quattro governi, in occasione dell’anniversario inerente i sessanta anni dalla firma dei primi Trattati Europei, si sono detti concordi sulla «non sostenibilità» dell’attuale impalcatura. Insostenibilità peraltro nota, le cui cause però vengono omesse o forzate a visioni estreme. Infatti i trattati originari prevedevano il cosiddetto «principio di sussidiarietà», ovvero gli Stati avevano ampia autonomia politica ed economica, e vi poteva essere unione, cioè aiuto reciproco, in caso di necessità. Oggi, evidentemente, tale principio si è capovolto, creando vistose fratture sociali in tutti i Paesi della Ue, compresa la Germania. Ma cose è, in realtà, che non piace alla Germania?

Una cabina di comando tedesca sulla Bce
I tedeschi sono indifferenti alle sorti dell’Unione Europea: la loro industria si è evoluta grazie alla svalutazione dell’euro rispetto al marco. Con i tre Paesi a cui hanno concesso il prossimo campionato in Serie A, Paesi, e con tutti gli altri al momento, che devono però condividere la politica monetaria e in particolare l’annoso problema del Quantitative Easing che l’italiano Mario Draghi impone. Come noto il ministro delle finanze tedesco Wolfghang Scheuble, un monetarista conservatore, vede come una maledizione l’acquisto di titoli pubblici, e privati, che la Bce esegue ogni mese. L’operazione quindi, al di là della retorica che vedremo nelle righe successive, è un primo passo per circoscrivere una cabina di comando sulla Bce. Un tempo la Germania era sola contro tutti, dalla sua parte solo qualche Stato del Nord Europa, oggi avrebbe solo tre avversari, peraltro nettamente più deboli.

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Retorica a piene mani
Si tratta quindi di un processo di espulsione a tappe, che prende un nome diverso, ma tale è. Però, nel momento in cui vengono cacciati in serie B decine di Paesi, l’ipocrisia europea deborda perché viene data la colpa alla Brexit, a Trump e a Marine Le Pen. Siamo di fronte ad un processo di creazione della realtà parallelo degno di Orwell. I nazionalismi spinti che connotano i nostri tempi, figli di una crisi economica voluta dalle potenze finanziarie e massoniche, sono causati da un Presidente appena eletto, una candidata presidente in Francia, e un referendum che ha sei mesi di storia. L’Europa attuale è una distopia che basa la sua forma sul populismo retorico delle sue élites.

Italia allineata
Paolo Gentiloni, ovviamente, ha espresso entusiasmo per l’Europa Unita organizzata come il campionato di calcio: «Siamo per una Unione europea che possa consentire più livelli di integrazione, è giusto e normale, mantenendo un progetto comune che avrà le sue basi nella dichiarazione di Roma». Il premier italiano ha aggiunto: «Abbiamo bisogno di un'Europa sociale. Siamo anche d'accordo: Italia, Francia, Spagna e Germania, per fare dei passi avanti nella Difesa per essere più forti del mondo». Nasce così una locuzione ossimorica, perché «più livelli di integrazione» è ovviamente un non senso: ma di questi tempi bui bisogna accontentarsi. «Ci riuniamo in un momento difficile. Siamo consapevoli – ha proseguito Gentiloni - del clima che si è creato dopo la Brexit. Serpeggiano sentimenti di stanchezza nei confronti del progetto comune, noi restiamo convinti della validità del progetto europeo. Se non ci fosse più improvvisamente l'Ue, tutti noi ne sentiremmo drammaticamente la mancanza». Quindi, par di capire, per salvare l’Unione bisogna dividersi: tra ricchi e poveri. Dopo che i ricchi, l’Italia è in quel gruppo solo momentaneamente, hanno fatto le loro fortune con surplus di bilancio in successione.
Discorsi connotati da un’impronta retorica evidente.

Il teatro dell'assurdo
Francois Hollande, il Presidente della Repubblica Francese meno apprezzato della storia, ha detto: «Non vogliamo solo commemorare i Trattati di Roma, ma affermare insieme l'impegno per il futuro. Francia, Germania, Italia Spagna hanno la responsabilità di tracciare la strada, non per imporla agli altri ma per essere una forza al servizio dell'Europa che dà impulso agli altri.» Il nulla. E quindi tutto finisce così, affossato da quattro personaggi privi di appoggio popolare. La Merkel è a rischio riconferma, Gentiloni va da Pippo Baudo per farsi conoscere, Hollande è ormai pensionato e Rayoj è frutto di una alchimia politica traballante. Quattro signori che come viatico dei loro discorsi utilizzano la simpatica locuzione «siamo i Paesi più importanti», una frase da teatro dell’assurdo che copre la dura verità: comanda la Germania, gli altri tre sono stati convocati per fare i camerieri.