23 aprile 2024
Aggiornato 17:00
Sarà uno scontro Clinton-Sanders, in attesa della scelta di Biden

Usa 2016, domani si scontreranno i democratici

Domani sera è in programma, a Las Vegas, il primo dibattito presidenziale del partito democratico statunitense: cinque candidati, un unico vero rivale per Hillary Clinton, ovvero il senatore Bernie Sanders, e un grande assente: il vicepresidente Joe Biden

NEW YORK - Domani sera è in programma, a Las Vegas, il primo dibattito presidenziale del partito democratico statunitense: cinque candidati, un unico vero rivale per Hillary Clinton, ovvero il senatore Bernie Sanders, e un grande assente: il vicepresidente Joe Biden. L'ex segretario di Stato arriverà al confronto che andrà in onda sulla Cnn, moderato da Anderson Cooper, con l'ennesimo risultato preoccupante in un sondaggio, l'ultimo di Reuters/Ipsos, secondo cui avrebbe perso il 10 per cento dei consensi in cinque giorni.

Il primo di sei dibattiti
Sarà il primo dei sei dibattiti organizzati dal Comitato nazionale democratico; l'ex governatore del Maryland, Martin O'Malley, e Sanders hanno chiesto l'organizzazione di altri dibattiti (i repubblicani ne faranno dodici) per dare più opportunità ai candidati meno conosciuti contro l'ex first lady. Insieme a loro, a Las Vegas ci saranno anche l'ex governatore del Rhode Island, Lincoln Chafee, e l'ex senatore Jim Webb.

Hillary recupererà consenso?
Per Clinton sarà l'occasione per cercare di arginare la lenta, ma continua diminuzione dei consensi nei suoi confronti tra il pubblico, a causa soprattutto della cattiva gestione delle polemiche sul suo uso di un'email e di un server privati quando era segretario di Stato. Un «errore» anche per il presidente Barack Obama, per nulla intenzionato a proteggere fino in fondo il suo ex segretario di Stato, che ha preso le distanze dalla Casa Bianca su diversi temi, nelle ultime settimane, e in particolar modo sulla Trans-Pacific Partnership, l'accordo di libero scambio tra gli Stati Uniti e altri undici Paesi della regione del Pacifico su cui l'amministrazione Obama ha lavorato per anni.

Dopo Obama...Biden?
Nell'intervista in cui ha parlato delle e-mail di Clinton, Obama ha inoltre ribadito che Biden «ha fatto un grande lavoro» e sarà ricordato «come uno dei migliori vicepresidenti della Storia». Sarebbe proprio Biden a raccogliere l'eredità di Obama, in una campagna per le primarie democratiche in cui tutti vogliono prendere le distanze dall'attuale amministrazione. L'eredità di Obama sarà senza dubbio anche al centro del dibattito, momento in cui diventerà chiaro a tutti che il partito democratico «non è più il partito di Barack Obama», secondo il New York Times: Clinton e Sanders promettono entrambi approcci diversi, nello stile e nella sostanza.

Clinton più a sinistra
Dopo le difficoltà legate alle e-mail e ai sondaggi sempre meno incoraggianti, Clinton ha deciso di spostarsi a sinistra, esprimendo posizioni che coincidono con quelle dell'area più liberale del partito, sempre più attratta dal senatore Sanders. Nei giorni passati, si è schierata contro la cosiddetta 'Cadillac Tax' sui più costosi piani assicurativi sanitari, prevista dalla riforma di Barack Obama, allineandosi con i sindacati; lo scorso mese, si è dichiarata contraria all'oleodotto Keystone XL, il progetto della TransCanada, su cui si discute da anni, che prevede la creazione di un percorso più breve, attraverso il Montana, per trasportare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose dell'Alberta, in Canada, fino al golfo del Messico, su cui l'amministrazione deve ancora prendere una decisione; infine, la sua bocciatura del Tpp - l'accordo di libero scambio tra Usa e 11 Paesi del Pacifico - che inizialmente aveva appoggiato e sostenuto, da segretario di Stato.

Sanders verso la vetta?
Una «prestazione» convincente nel primo dibattito potrebbe garantirle di rallentare l'avanzata di Sanders e zittire le voci riguardanti la possibile candidatura di Biden. «Dopo il gran dire sulle e-mail, questa sarà la prima occasione in cui gli elettori avranno l'opportunità di sentire qualcos'altro» ha detto David Birdsell, esperto dei dibattiti presidenziali del Baruch College di New York, intervistato da The Hill. Un piccolo aiuto è arrivato persino dai repubblicani: Kevin McCarthy, il capogruppo alla Camera, ha dichiarato in un'intervista a Fox News che il lavoro della commissione sugli attacchi di Bengasi, nel 2012, è servito a far abbassare i consensi per Clinton, allora segretario di Stato, nei sondaggi elettorali; dopo questa dichiarazione, Clinton ha mandato in onda uno spot televisivo per mostrare che «i repubblicani alla fine lo hanno ammesso»; McCarthy, invece, ha dovuto rinunciare alla candidatura per sostituire John Boehner come speaker della Camera, nonostante fosse il favorito, affossato dall'ala più conservatrice.

Molti ostacoli per Hilary
Per conquistare la nomination democratica, Clinton non ha però bisogno solo del sostegno degli elettori. Nelle cosiddette «primarie invisibili», quelle che coinvolgono l'élite del partito, ovvero deputati, senatori e governatori, ha ottenuto finora 'l'endorsement' di 114 deputati, 30 senatori e 9 governatori, secondo i dati raccolti dal sito Five Thirty Eight. Lo staff di Hillary Clinton è sempre più preoccupato per la possibile candidatura di Joe Biden, considerata una minaccia verso il traguardo della nomination democratica, e sta compiendo il massimo sforzo per «sbarrargli la strada», raccontava giorni fa il New York Times. Dopo mesi di voci e dubbi sulla sfida che potrebbe lanciare il vicepresidente, lo staff di Clinton è ora convinto che le possibilità che Biden si candidi siano alte e sta cercando di raccogliere il sostegno dell'apparato del partito e dei maggiori donatori. Per esempio, ha raccontato il quotidiano, la sua campagna elettorale ha «inondato» i democratici non allineati con e-mail e telefonate. Un assistente ha detto che, dopo gli errori della campagna elettorale di Clinton nel 2008, l'obiettivo è di muoversi in anticipo e in modo deciso per conquistare il sostegno dei superdelegati, che partecipano alla Convention democratica per la nomina del candidato alla presidenza e che rappresentano quasi il 20% del totale dei delegati (gli altri sono eletti con le primarie).

(Con fonte Askanews)