29 marzo 2024
Aggiornato 05:30
Il default argentino

L'Argentina deve smettere di diffondere dichiarazioni false

Altrimenti rischia di essere accusata di avere disobbedito o di essere stata irrispettosa nei confronti del giudice americano che si sta occupando della disputa del debito tra un gruppo di hedge fund e il Paese sudamericano, caduto in default lo scorso 30 luglio in mancanza di un accordo.

NEW YORK - L'Argentina deve smettere di diffondere dichiarazioni false, altrimenti rischia di essere accusata di avere disobbedito o di essere stata irrispettosa nei confronti del giudice americano che si sta occupando della disputa del debito tra un gruppo di hedge fund e il Paese sudamericano, caduto in default lo scorso 30 luglio in mancanza di un accordo.

Il giudice Thomas Griesa - lo stesso che l'Argentina accusa di avere violato la sua sovranità attraverso le sue decisioni, tesi depositata alla Corte dell'Aia in una denuncia contro gli Stati Uniti - ha usato l'udienza organizzata venerdì a New York per avvertire i legali dello studio Cleary Gottlieb che rappresentano il Paese sudamericano. Il riferimento era a una serie di inserzioni pubblicate su New York Times e Wall Street Journal giovedì 7 agosto e in cui l'Argentina sosteneva di avere effettuato pagamenti a coloro che hanno in portafoglio i suoi titoli di stato. Griesa ha dichiarato: «Non c'è stato alcun pagamento».

Lo scorso 30 luglio la nazione presieduta da Cristina Fernandez de Kirchner è caduta nel suo secondo default in tredici anni perché entro quella data non ha saputo risolvere una disputa legale in cui gli hedge fund - così come deciso da Griesa in un sentenza del 2012 e come confermato lo scorso giugno dalla Corte Suprema americana - devono ricevere dall'Argentina 1,3 miliardi di dollari più interessi (è il risarcimento sui bond su cui l'Argentina è andata in default nel 2001). Griesa, 83 anni, ha inoltre stabilito che Buenos Aires non può onorare i propri impegni con i creditori «exchange» - quelli che accettarono le ristrutturazioni del debito del 2005 e 2010 - se prima non ha versato quanto dovuto agli hedge fund, che invece non sottoscrissero il concambio.

L'Argentina a fine giugno ha depositato presso la Bank of New York Mellon 539 milioni di dollari affinché venissero girati ai creditori «exchange» entro il 30 giugno, la scadenza originaria del pagamento poi posticipata dopo la concessione di 30 giorni di grazia durante i quali in teoria si doveva trovare un'intesa con gli hedge fund. Ma siccome un'accordo non c'è stato, quel denaro è rimasto bloccato presso la banca. E il Paese è caduto appunto in default.

Griesa ha consigliato agli avvocati dell'Argentina di assicurarsi che il governo di Buenos Aires smetta di diffondere dichiarazioni false ma un legale ha risposto sostenendo che il suo studio non è stato coinvolto nella preparazione dei testi incriminati. Il giudice ha inoltre dichiarato che le parti devono continuare a negoziare con l'aiuto del mediatore da lui scelto, Daniel Pollack, che proprio ieri ha ribadito la sua «intenzione a riunirsi e condurre ulteriori trattative».

Per ora, il giudice si è limitato a lanciare un avvertimento a cui però potrebbe seguire un ordine con cui formalmente accusare l'Argentina del cosiddetto «contempt of court» e al quale possono seguire sanzioni.