16 aprile 2024
Aggiornato 09:30
La crisi ucraina

Kiev: ribelli filorussi arretrano

Continua a stringersi la morsa dell'esercito ucraino intorno alle roccaforti separatiste nel sudest del Paese. Secondo fonti militari di Kiev la cosiddetta operazione antiterrorismo prosegue senza interruzione e le forze governative hanno guadagnato durante il fine settimana ancora terreno, costringendo i ribelli ad arretrare ulteriormente.

KIEV - Continua a stringersi la morsa dell'esercito ucraino intorno alle roccaforti separatiste nel sudest del Paese. Secondo fonti militari di Kiev la cosiddetta operazione antiterrorismo prosegue senza interruzione e le forze governative hanno guadagnato durante il fine settimana ancora terreno, costringendo i ribelli ad arretrare ulteriormente.

Solo un pugno di città, tra le quali Gorlovka, Shakhtarsk ed Enakievo, sono ancora in mano ai filorussi. Il territorio intorno a Donetsk sarebbe ormai circondato e tra il capoluogo del Donbass e Lugansk, l'altra metropoli a una manciata di chilometri dalla frontiera con la Russia, il cuneo dell'esercito ucraino ha interrotto i collegamenti tra gli insorti. Kiev ha accusato di nuovo Mosca di non controllare adeguatamente il confine, consentendo il passaggio di armi in Ucraina.

A Donetsk, il nuovo leder dei ribelli Alexander Zakharchenko, cittadino ucraino al contrario del russo Alexander Borodai, dimessosi dalla carica di primo ministro della Repubblica popolare, ha proposto una tregua per l'avvio degli aiuti umanitari nella regione a cui però non è stata data ancora una risposta. Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha discusso della questione con il segretario di Stato americano John Kerry e da parte russa il ministro degli esteri Sergei Lavrov ha comunicato di essere in contatto con la Croce rossa e la Nazioni unite per l'organizzazione di una missione internazionale.

Nelle ultime settimane la situazione per la popolazione civile nel Donbass è notevolmente peggiorata e l'ONU ha stimato il numero dei profughi, interni e verso la Russia, oltre le 700mila unità.

A MAIDAN TORNA LA «CALMA» - Nella capitale si è risolto intanto il braccio di ferro tra gli irriducibili di Maidan, rappresentanti della galassia paramilitare e non che per oltre otto mesi hanno occupato il centro di Kiev, e il sindaco di Kiev. Piazza indipendenza è stata sgomberata e per una strana coincidenza temporale anche il segretario generale del Consiglio di sicurezza nazionale Andrey Parubi ha lasciato il suo posto.

Proprio l'ex comandante di Maidan, coordinatore dei vari gruppi che hanno partecipato alla rivoluzione contro l'ex presidente Victor Yanukovich, era stato nominato a marzo dall'ex capo di stato ad interim Olexandr Turchynov, fedelissimo di Yulia Tymoshenko, al vertice del Consiglio.

Responsabile del coordinamento tra le truppe ufficiali e i battaglioni di volontari che hanno affiancato l'esercito ucraino nel Donbass, da Pravy Sektor a quelli finanziati dall'oligarca Igor Kolomoisky, Paruby è sempre stato considerato un dei falchi del nuovo apparato di potere e il fatto che il suo abbandono arrivi in un momento cruciale della guerra ha scatenato le speculazioni.

Non è infatti per nulla chiaro le dimissioni ufficiali siano state spontanee o forzate dallo stesso presidente Poroshenko, impegnato sul lato interno a piazzare i suoi uomini e ad allontanare quelli dei rivali in vista dell'appuntamento di ottobre, per quando probabilmente saranno messe in calendario le elezioni parlamentari anticipate.

Certo è che se da un lato la guerra nel sudest ha subito un'accelerazione favorevole per Kiev, con la probabilità che la campagna possa essere chiusa nel giro di qualche settimana, nella capitale si è già aperta la battaglia che coinvolge i poteri forti e nella quale Poroshenko non sembra aver intenzione di fare sconti a nessuno.