20 aprile 2024
Aggiornato 16:00
Terra di nessuno, senza stato ne' legge

Ucraina est, tregua lontana

Con il futuro appeso al piano di pace del presidente Petro Poroshenko che sino ad ora è rimasto sulla carta: il Donbass, già sprofondato nel caos dall'inizio di aprile, rischia di entrare in una fase di crisi ancora peggiore con l'offensiva governativa che va avanti senza troppe preoccupazioni per gli effetti collaterali.

KIEV - Terra di nessuno, senza stato né legge, tra l'abisso della guerra separatista e il collasso economico. Con il futuro appeso al piano di pace del presidente Petro Poroshenko che sino ad ora è rimasto sulla carta: il Donbass, già sprofondato nel caos dall'inizio di aprile, rischia di entrare in una fase di crisi ancora peggiore con l'offensiva governativa che va avanti senza troppe preoccupazioni per gli effetti collaterali.

Peraltro i ribelli filorussi non danno impressione di volere cedere nonostante l'indebolimento delle ultime due settimane e solo oggi Vladyslav Seleznov, portavoce di quella che Kiev definisce «operazione anti-terrorismo» nell'Est ha riferito di 23 militari uccisi nelle ultime 24 ore.

Tutto sembra indicare che a Donetsk e Lugansk, i due capoluoghi dove si sta riorganizzando la resistenza indipendentista, si vada incontro ad una lunga estate calda. E a meno di una tregua che non appare però all'orizzonte, nonostante gli sforzi della comunità internazionale, l'autunno potrebbe rivelarsi ancora più torrido.

I militari di Kiev hanno comunque guadagnato terreno negli ultimi giorni, conquistando da Nord alcuni centri strategici nella regione di Donetsk, da Slaviansk a Kramatorsk. Gli insorti si sono ritirati verso il Sud e nell'oblast di Lugansk, al confine con la Russia, continuando comunque a rispondere in modo sistematico, come accaduto oggi nell'attacco con i lanciarazzi a Selenopole, nei pressi di Artemivsk, che ha fatto strage di governativi.

Secondo le autorità ufficiali ci vorrà ancora qualche settimana per completare quella che voleva essere un'azione mirata contro gruppi di separatisti (l'operazione «anti-terrorismo», appunto) e si è trasformata in una guerra.

Ma c'è chi dice che è invece una questione di mesi, come Semion Semenchenko, comandante del Donbass, uno dei vari battaglioni di volontari che affiancano le truppe regolari. Anche Dmitri Yarosh, leader del gruppo paramilitare Pravi Sektor, Settore di destra, prevede una lungo periodo di combattimenti e i due hanno chiesto ieri maggiore decisione, e più armi, al governo. Criticato per avere, a loro parere, tentennato di fronte ai separatisti usando i guanti di velluto anziché il pugno di ferro.

Poroshenko ha da un lato annunciato ancora oggi di volere tenere la porta aperta per il cessate il fuoco e la ripresa delle trattative con il gruppo di contatto mediato dall'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Dall'altro ha dato però l'ordine di intensificare gli attacchi, assicurando comunque che Donetsk e Lugansk non saranno bombardate, per evitare l'ulteriore coinvolgimento della popolazione già provata dagli oltre tre mesi di guerra.

Le autorità di Kiev hanno comunicato che dall'inizio del conflitto, da quando il 7 di aprile è cominciata l'operazione militare, sono morti 478 civili, ai quali si devono aggiungere gli oltre 220 militari. Cifre da correggere sicuramente verso l'alto, considerando che oltre alle vittime registrate solo oggi mancano poi i numeri del versante filorusso.

Il Donbass, come avevano evidenziato l'Osce ad aprile e le Nazioni unite a giugno con due rapporti sul deterioramento dei diritti umani, è diventato una sorta di buco nero dal quale sarà lungo e complicato risollevarsi. Il rapporto rilasciato oggi da Amnesty International, che ha messo ancora una volta il dito nella piaga dei rapimenti e delle torture commesse entrambe le parti, non fa altro che confermare come l'intera regione sia dominata da violenza e anarchia. Difficile quindi il compito del presidente e del governo, che, ammesso e non concesso che riescano entro l'estate a riportare sotto controllo Donetsk e Lugansk, dovranno fare miracoli dopo aver promesso il ritorno la normalità in breve tempo.

Le ferite apertesi nella società con la rivoluzione di febbraio e la successiva guerra, unite alle fratture politiche tra centro e periferia, con l'élite oligarchiche contrapposte più di prima, non promettono certo di rimarginarsi in fretta.

Anche il piano di Poroshenko, con la concessione di maggiore autonomia alle regioni tramite l'elezione diretta dei governatori e dei consigli regionali, potrebbe rivelarsi un boomerang, riportando o comunque lasciando al potere nel Donbass forze centrifughe e d'opposizione, aumentando la contrapposizione con Kiev.

L'implementazione del programma del presidente, ha scritto il settimanale Tyzhden, condurrà al potere una classe politica filorussa con il pericolo che la regione rimanga ucraina solo a livello formale.