19 aprile 2024
Aggiornato 04:00
La crisi ucraina

L'Ucraina al voto, ma a nessuno conviene riconoscere i risultati

Che cosa succederà se, come annunciato, il 25 Maggio si terranno le nuove elezioni politiche in Ucraina? La risposta non riguarda il loro possibile esito poiché la scarsa o nulla partecipazione della popolazione più filorussa consentirà la vittoria di quei partiti che, in un modo o nell’altro, hanno già sposato l’idea di associarsi con l’Unione Europea.

Che cosa succederà se, come annunciato, il 25 Maggio si terranno le nuove elezioni politiche in Ucraina? La risposta non riguarda il loro possibile esito poiché la scarsa o nulla partecipazione della popolazione più filorussa consentirà la vittoria di quei partiti che, in un modo o nell’altro, hanno già sposato l’idea di associarsi con l’Unione Europea.

C’è, piuttosto, da interrogarsi su quali saranno le conseguenze dopo il voto.

Innanzitutto, cominciamo col dire che la sua legittimità o meno non sarà certo giudicata secondo criteri oggettivi. L’esperienza e la storia ci hanno dimostrato che ogni voto, in qualunque parte del mondo avvenga, viene giudicato legittimo se il risultato è considerato positivo e illegittimo in caso contrario. A volte c’e’ chi lo legge in un senso e chi nell’altro, secondo convenienza. Anche le percentuali di partecipazione al voto e le condizioni di libertà in cui avviene sono sempre soggette a interpretazioni fatte con grande elasticità. Nella stessa Ucraina il voto che portò alla prima elezione di Janukovich fu dapprima considerato «fair» e solo in seguito invece si parlò di brogli e fu richiesto un nuovo voto che portò alla vittoria di Juschenko.

E’ quindi presumibile che, se le previsioni saranno confermate e il fronte antirusso dovesse prevalere, gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali giudicheranno più che accettabile lo svolgimento della consultazione senza tener conto che intere regioni potrebbero non aver partecipato e che anche in altre zone forme varie di intimidazione potrebbero manifestarsi.

Per mettere le mani, avanti Stati Uniti e Unione Europea hanno intimato alla Russia di non intralciare le operazioni di voto, addebitando gia’ a essa tutti i possibili problemi che s’incontreranno. Questo «avvertimento» è stato accompagnato dalla minaccia di nuove sanzioni qualora l’andamento del voto non fosse gradito dai minaccianti.

E cosa riguarderanno queste sanzioni? Saranno un bluff come le precedenti o si arriverà davvero a toccare gli interscambi, in toto o in parte, tra i Paesi coinvolti? In questo secondo caso, le conseguenze potrebbero essere molto pesanti per tutti perché alle sanzioni dell’occidente la Russia non può che rispondere in egual maniera. Si potrebbero avere ricadute molto negative sulla quantità dei rifornimenti energetici verso l’Europa e su gran parte delle industrie, tra cui moltissime italiane, che con la Russia hanno un considerevole giro di affari. Non va dimenticato che l’Italia è il secondo partner commerciale tra gli europei verso la Russia. Se aggiungiamo che le nostre imprese gia’ soffrono di una grave crisi nel mercato interno e che le esportazioni sono state finora l’unico sfogo per molte di loro, il panorama appare negativo in tutta la sua dimensione.

Il giorno ventuno Putin ha firmato a Pechino un accordo per la fornitura di un enorme quantitativo di gas alla Cina superando, dopo molti anni di stand-by, il problema dei prezzi. E’ evidente che trattasi di un atto dimostrativo e le forniture oggetto dell’accordo potranno cominciare soltanto nel 2018, ma è anche vero che la popolarità di Putin verso l’atteggiamento tenuto nei confronti dell’Ucraina è talmente aumentata in patria che i russi potrebbero esser anche disposti ad affrontare i pesanti sacrifici imposti dalla riduzione della vendita di gas e petrolio all’Europa molto più di quanto i cittadini europei siano pronti a sopportare un aggravamento della crisi.

Dal punto di vista politico, nonostante i freni imposti finora a nuove sanzioni soprattutto da Italia, Germania e Francia, è molto difficile, qualora Mosca non riconoscesse i risultati del voto a Kiev, anche per questi governi continuare a tener testa alle pressioni americane. Senza contare che il nostro Renzi pensa di aver bisogno del supporto americano per continuare in Italia la sua conquista del potere e tutto puo’ desiderare salvo scontentare i suoi potenziali protettori. Finora si è coperto con la resistenza tedesca, ma se Merkel dovesse cedere, il nostro Governo si precipiterà a farlo un attimo prima.

Tuttavia per Putin è impossibile accettare un risultato che consegni l’Ucraina all’Europa oggi e alla Nato domani. Se lo facesse, significherebbe ammettere davanti ai propri cittadini e a tutti i »Paesi satelliti» la propria sconfitta, con la conseguenza di alienarsi molte delle simpatie popolari e di mostrare una debolezza di cui approfitterebbero nemici interni ed esterni. Inoltre, è evidente che si creerebbe un problema strategico ed economico che richiede risposte ben lontane da quello che sembrava essere, fino a pochi anni orsono, un possibile dialogo .

E’ impensabile, quindi, immaginare che Mosca possa accettare ciò che gli americani e i Paesi fobici della Russia pretendono avvenga. Cosa succederà allora? Se la strada delle negoziazioni diventasse impercorribile e la nuova gerarchia di Kiev procedesse solo secondo i desiderata di Washington, qualcuno ipotizza l’annessione alla Russia delle provincie dell’est del Paese. E’ una possibilità, anche se improbabile a breve termine. E’ più facile, invece, che succeda quel che si è visto in Ossezia e Abkhazia, anche se con molte maggiori difficoltà per Mosca. Difficilmente, però, anche in questo caso la crisi si appianerebbe e non si deve escludere che altre zone dell’Ucraina possano diventare instabili e continuare a insidiare l’ordine imposto da Kiev, magari la regione di Odessa.

Se invece i futuri vincitori delle elezioni volessero veramente mantenere unito il Paese e scongiurare un altro aggravamento della situazione potrebbero aprire alla prospettiva della federalizzazione dello Stato. Questa ipotesi, ancora improbabile, sarebbe forse l’unica soluzione che salverebbe, almeno in parte, la faccia di tutti e ognuno potrebbe dire di aver ottenuto qualcosa.

Comunque vadano le cose e qualunque siano gli eventi che ci aspettano, restano in noi sempre le solite domande: che ce ne faremmo, noi europei, dell’Ucraina? E se dovessimo prendercela, dove e a spese di chi troveremo i soldi per pagare i suoi debiti e sanare la sua disastrata economia?