4 maggio 2024
Aggiornato 05:30
Missione militare in Libia

Oggi il Gruppo di contatto sulla «road map» politica

A Roma gli alleati in cerca di strumenti per finanziare il Consiglio nazionale transitorio libico

ROMA - Una road map politica per uscire dalla guerra e un meccanismo di finanziamento economico che faccia tirare il fiato al Consiglio nazionale transitorio (Cnt) di Bengasi. Sono questi gli obiettivi della seconda riunione del Gruppo di Contatto per la Libia che si terrà oggi a Roma, presieduta dal ministro degli Esteri Franco Frattini e dal premier e capo della diplomazia del Qatar, sheikh Hamad Bin Jassim Bin Jabr al-Thani.

Per l'Italia, è prioritario che «Gheddafi lasci il potere e che anche a Tripoli emergano dalla paura e dalla costrizione interlocutori capaci di lanciare con il Cnt un processo di riconciliazione nazionale; un'assemblea costituzionale inclusiva delle realtà territoriali libiche; una road map per eleggere presidente e parlamento; una guida politica libica per i libici; un ruolo forte dell'Onu per accompagnare il percorso di pace e di ricostruzione» ha spiegato Frattini durante il dibattito alla Camera prima del voto sull'impegno militare italiano.

Alla riunione prenderanno parte 22 paesi e 6 organizzazioni internazionali (Lega Araba, Unione Europea, Onu, Nato, Organizzazione della Conferenza Islamica e Consiglio di Cooperazione del Golfo), più alcuni osservatori fra cui Unione Africana e Banca Mondiale. Anche a questo secondo incontro, che segue quello di Doha del 13 aprile, è stata invitata una delegazione degli insorti di Bengasi. Frattini avrà anche un bilaterale con il segretario di Stato Usa Hillary Clinton.

Non si tratterà, come ha precisato il portavoce della Farnesina Maurizio Massari, di una «pledging conference»: non saranno annunciate somme da destinare alla popolazione libica, piuttosto «saranno gettate le basi» di un meccanismo finanziario per aiutare gli insorti. Frattini si è limitato ad anticipare che si sta lavorando, fra l'altro, per «individuare strumenti legali internazionali che consentano la vendita di greggio prodotto in Cirenaica a produttori, fornitori e acquirenti internazionali».

Un portavoce del Cnt, Mahmoud Shammam ha confermato che gli insorti non intendono chiedere alla comunità internazionale di scongelare i beni di Gheddafi e i suoi: «E' una decisione che andrà presa da un governo eletto dal popolo, non da noi» ha spiegato incontrando i giornalisti. Piuttosto, gli insorti chiederanno ai partecipanti al Gruppo di Contatto di usare gli asset congelati del regime come garanzia per i prestiti necessari: il Cnt valuta di aver bisogno di «2-3 miliardi di dollari» per «gestire l'intero paese nei prossimi 6 mesi, sicurezza compresa» ossia armi e mezzi per combattere le forze del rais, ha ribadito Shammam.

Quella di domani non sarà comunque una riunione sulle operazioni militari, ha premesso la Farnesina, mentre il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen ripeteva da Bruxelles che non è possibile al momento indicare un termine per la fine dell'intervento. «La missione finirà quando saranno raggiunti tre obiettivi: quando Gheddafi smetterà di attaccare i civili, richiamerà le sue truppe e consentirà il passaggio in sicurezza degli aiuti umanitari» ha dichiarato il numero uno dell'Alleanza.

Mentre il ministero degli Esteri italiano - dopo il voto parlamentare richiesto dalla Lega per definire tempi e modi dell'impegno italiano - si è premurato di rassicurare gli alleati internazionali: «Dall'Italia non arriverà nessuna decisione unilaterale» ha chiarito Massari.

Quello che è certo, per il momento, è che per Gheddafi non è prevista una fine simile a quella di Osama bin Laden in Pakistan.L'azione della Nato non è destinata a «colpire individui, ma obiettivi militari». Quindi uccidere il Colonnello con un raid mirato non è un'opzione, hanno concordato Roma e Parigi. A Bengasi sono di parere diverso: «Questo bagno di sangue è colpa sua, usa donne e bambini come scudi, è il comandante in capo e quindi un obiettivo legittimo» secondo Shammam del Cnt.