2 maggio 2024
Aggiornato 19:00

UE: quinto compleanno amaro per grande allargamento a Est

Crisi economica e istituzionale frenano voglia di nuovi ingressi

BRUXELLES - Quinto anniversario senza entusiasmi per la 'grande riunificazione' del Vecchio continente, uno dei principali risultati della Commissione europea guidata dal 1999 al 2004 da Romano Prodi. Il primo maggio 2004 venivano ammessi nell'Ue quasi tutti i Paesi ex satelliti dell'Urss: Polonia, Repubblica ceca, Ungheria, Slovacchia, Estonia, Lettonia Lituania, Slovenia, oltre a Cipro e Malta. Dieci nuovi posti alla tavola europea - da 15 a 25 - aggiunti non senza timori di 'invasioni dall'Est' e polemiche sulla possibilità di far funzionare la nuova famiglia senza corti circuiti 'da raddoppio'. Ma se gran parte delle paure, cinque anni dopo, possono essere dichiarate infondate, la 'stanchezza da allargamento' oggi è evidente.

A celebrare il compleanno ci penserà domani il commissario Ue all'Allargamento Olli Rehn, invitato a Praga insieme al collega alla Cultura Jan Figel, per una conferenza internazionale che ricorda anche il ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino. Un appuntamento in tono minore, presieduto da Alexander Vondra e Karel Schwarzenberg, vicepremier e ministro degli Esteri uscenti del governo dimissionario ceco. Mancano all'appello i capi di Stato, sia della 'Vecchia', sia della 'Nuova' Europa, a testimonianza che la voglia di festeggiare è poca.

Rehn fa buon viso a cattivo gioco, invitando a tenere aperta la porta Ue per i prossimi aspiranti Ue: la Turchia, ma soprattutto i Balcani occidentali. «La prospettiva di adesione Ue è stata un'ancora di stabilità e promotrice di democrazia in Europa. Ha favorito la democratizzazione in momenti politici difficili ed ha portato vantaggi economici sia ai vecchi che ai nuovi Stati membri. In tempi di crisi è importante mantenere questa prospettiva storica», ricorda in un comunicato. Anche i ministri Ecofin, in una bozza di conclusioni del 5 maggio ottenuta da Apcom, mettono l'accento sui vantaggi economici derivanti dal 'big bang' verso l'Est, ma al di là delle dichiarazioni di principio gli ostacoli politici ed economici al prosieguo del 'progetto allargamento' sono molti.

L'Unione europea non è ancora riuscita a completare il riassetto dei propri meccanismi istituzionali, che secondo molti osservatori avrebbe dovuto precedere l'espansione a est. Dopo il fallimento della Costituzione europea, affondata dai referendum in Francia e Olanda nel 2005, il Trattato di Lisbona che dovrebbe riprenderne gli elementi essenziali è ancora in panne, sospeso tra il no irlandese e l'euroscetticismo ai vertici praghesi. In più la crisi economica e finanziaria ha fatto passare la voglia di ammettere nuovi candidati da sostenere generosamente con i fondi di coesione e pre-adesione, specie nel momento in cui si avvicinano le elezioni europee. A offuscare l'immagine dell'allargamento ha contribuito anche l'ingresso della Bulgaria e della Romania, avvenuto nel 2007 nonostante le lacune evidenti di entrambe in materia di Stato di diritto. In Italia, per esempio, non hanno aiutato le cronache piene di fatti criminali, a torto o a ragione associati all'immigrazione romena.

Per tutti questi motivi le nuove richieste di adesione sono accolte dalle mani avanti dei 'big', la Germania in primis. La Cdu del cancelliere Angela Merkel chiede senza mezzi termini «una lunga pausa» degli allargamenti in nome del «consolidamento» delle istituzioni Ue. La Francia è sulla stessa linea: il presidente Nicolas Sarkozy ha detto chiaramente che non ci potranno essere ulteriori ingressi senza la ratifica del Trattato di Lisbona, concepito per regolare la famiglia europea estesa a 27. Berlino, insieme a Vienna, ha scelto anche di mantenere le frontiere nei confronti dei lavoratori dei Paesi dell'allargamento 2004, attirandosi gli strali della presidenza ceca dell'Ue. Secondo Praga - che si appella alla Commissione europea - la decisione di Germania e Austria è «ingiustificata».

A spingere ancora per l'allargamento c'è l'Italia, sostenuta da Gran Bretagna e Spagna, oltre che dai Paesi dell'Est ansiosi di accogliere nell'Unione anche gli altri Stati che erano dietro la cortina di ferro. Recentemente il ministro degli Esteri Franco Frattini ha presentato una 'road map' per i Balcani, che punta sulla liberalizzazione dei visti e l'accelerazione dei processi di adesione. Ma le riserve degli altri Stati membri sono ancora forti, a cui si aggiungono i ritardi interni degli aspiranti Ue.

Il candidato più vicino al traguardo è la Croazia, attesa nel 2011. Ma i suoi negoziati sono bloccati da dicembre dalla Slovenia, a causa di una disputa territoriale che potrebbe essere sbloccata a breve. La Serbia è ferma a causa dell'intransigenza dell'Olanda, che insiste sulla cattura dell'ex generale Ratko Mladic prima di dare l'assenso all'applicazione dell'Accordo di stabilizzazione e associazione (Asa). Montenegro e Albania hanno presentato recentemente la loro candidatura, che sarà processata senza fretta dalla Commissione. La Macedonia ha ottenuto lo status nel 2005, ma non ha fatto progressi da allora a causa della disputa sul suo nome con la Grecia. Il Kosovo deve fare i conti con il fatto che non è stato riconosciuto da 5 Stati Ue su 27, oltre che con i suoi grandissimi problemi interni. La Bosnia-Erzegovina ha ottenuto l'Asa l'anno scorso, ma vive ancora sotto la tutela della comunità internazionale, a causa delle tensioni tra serbi, musulmani e bosniaci.

La Turchia merita un discorso a parte. I negoziati procedono a rilento grazie alla lentezza delle riforme interne, ma soprattutto a causa della dichiarata ostilità al sua adesione professata dai leader di Francia e Germania, che temono di essere spodestate dal loro ruolo di primo piano nelle istituzioni Ue da un Paese di oltre 70 milioni di abitanti, per di più musulmano. Nelle intenzioni delle capitali nuovoeuropee l'allargamento Ue dovrebbe procedere anche oltre, verso Ucraina, Moldova ed eventualmente Bielorussia, ma tutti i tentativi di aprire una prospettiva in tal senso sono stati fermamente respinti.