27 aprile 2024
Aggiornato 09:00
L'allarme del centro studi Confindustria

Allarme prezzi materie prime, le filiere industriali arrancano

I rincari sono molto diffusi: il prezzo del legno è salito del 7% a febbraio 2021 rispetto a ottobre 2020, quello della gomma del 10%, il grano del 13% e il mais del 31%, il rame del 26% e il ferro del 38%

Il porta-container gigante Evergreen, che era incagliato nel canale di Suez
Il porta-container gigante Evergreen, che era incagliato nel canale di Suez Foto: ANSA/EPA

Negli ultimi mesi si stanno registrando rialzi significativi dei prezzi internazionali di numerose materie prime. I rincari sono molto diffusi: il prezzo del legno è salito del 7% a febbraio 2021 rispetto a ottobre 2020, quello della gomma del 10%, il grano del 13% e il mais del 31%, il rame del 26% e il ferro del 38%. Ciò si affianca al trend di risalita del prezzo del petrolio: +53% in tali 4 mesi. Inoltre, da alcuni mesi si registrano forti incrementi dei noli marittimi, a riflesso di una generalizzata carenza di container a livello internazionale. In una fase di domanda privata interna ancora molto scarsa, sia sul fronte dei beni di consumo che dei beni di investimento, è molto difficile per un'impresa «scaricare a valle i rincari subiti a monte dall'acquisto di commodity. Perciò, molti dei nostri settori industriali potrebbero trovarsi a fronteggiare, nel 2021 appena iniziato, una pressione al ribasso sui margini delle imprese». E' l'allarme lanciato dal Centro Studi di Confindustria nell'ultimo rapporto di previsione sull'economia italiana.

Gli aumenti delle commodity, quasi tutti a doppia cifra, secondo gli economisti del Csc, non devono trarre in inganno, perché nascondono un'importante differenza. Per il petrolio si tratta di un recupero quasi pieno del prezzo, dai minimi toccati ad aprile 2020 a causa della prima ondata di pandemia: -3% dal valore pre-crisi a febbraio. Per molte altre commodity, invece, i prezzi a inizio 2021 sono ben sopra i valori pre-crisi, specie per i metalli: rame +40% (non lontano dal picco storico del 2011), grano +12%, legno +6%. Infatti, mentre il prezzo del petrolio aveva subito nella prima parte del 2020 una profonda caduta, molte altre materie prime avevano registrato un calo più limitato. Mentre la risalita in corso è di intensità simile per diverse commodity.

Le quotazioni di gran parte delle materie prime, storicamente, sono molto correlate con quella del petrolio. Su un lungo orizzonte, dal 1999 al 2021, la correlazione tra prezzo medio mensile in dollari del grano e del petrolio è di 0,82 su 1. Per il mais è di 0,86, per il rame di 0,87, per il legno di 0,86. Su orizzonti diversi queste correlazioni variano poco e restano comunque molto elevate. Secondo le normali leggi di domanda e offerta, non dovrebbe esserci molta relazione tra questi prezzi, perché - spiega il Csc - i mercati fisici delle commodity sono in gran parte slegati. Per esempio, il rame e il petrolio non sono beni complementari o beni sostituti, sebbene l'energia sia un input importante in molte produzioni.

«Naturalmente, c'è una componente comune di fondo nei prezzi, data dalle fasi di crescita e caduta del Pil e degli scambi a livello mondiale, che spingono tutte le commodity. Tuttavia, questo - si legge nel rapporto - difficilmente può spiegare correlazioni così elevate tra commodity tanto diverse».

La parte di correlazione non spiegabile con questo fattore comune, può essere dovuta al fatto che numerose commodity, quotate su mercati internazionali, come il petrolio, fungono anche da asset finanziari. «Asset su cui - prosegue il Csc - i grandi operatori finanziari internazionali realizzano acquisti e vendite, spesso appunto molto correlate, legate o meno agli effettivi fondamentali economici dei singoli mercati o solo alle aspettative comuni sulla ripresa/recessione globale. Quella che si definisce 'speculazione finanziaria', spesso responsabile dell'accentuazione delle osccillazioni che normalmente caratterizzano una quotazione di mercato».

Quanto alle attese per il futuro, «nella misura in cui i prezzi delle altre commodity seguono al rialzo quello del petrolio e se è vero che il prezzo del petrolio si stabilizzerà entro il 2021, allora lo scenario per le commodity non dovrebbe essere troppo preoccupante, perché il rialzo dovrebbe essere temporaneo». È il caso del grano. In alcuni mercati, però, i prezzi - avverte Confindustria - potrebbero restare troppo elevati nel medio termine, cioè non solo in questi mesi del 2021, ma anche ben oltre. Potrebbe essere il caso del prezzo del rame. La preoccupazione è che «specifici settori industriali in Italia, utilizzatori di tali commodity, potrebbero risentirne molto sul fronte dei costi e dei margini».

Lo scenario più probabile, per la prima metà del 2021, è che i rincari delle commodity, secondo gli economisti di viale dell'Astronomia, vengano registrati con forza nei costi per input delle imprese industriali, spingendoli pesantemente verso l'alto. Contemporaneamente, «le imprese faranno ancora molta fatica a ritoccare al rialzo i listini industriali nel contesto di domanda bassa, per cui l'andamento dei prezzi di vendita sembra destinato a restare piuttosto debole, sicuramente più del costo degli input. A parità di andamenti negli altri costi (lavoro), ciò rischia di comprimere bruscamente i margini delle imprese italiane».

Nella seconda metà del 2021, se i rialzi delle commodity saranno almeno in parte temporanei o se comunque non si tratta di un processo prolungato di rincari ma di una fiammata limitata nel tempo, cioè un «gradino» nei prezzi, «la situazione per i margini industriali potrebbe gradualmente migliorare». Anche grazie all'atteso rimbalzo dell'economia dal terzo trimestre, che significherebbe maggiore domanda e quindi qualche spazio in più per un ritocco al rialzo dei listini industriali.

Ad ogni modo, anche se il problema fosse di breve termine, «esso si va a sommare a fatturati già compressi nel corso del 2020 e ai conseguenti problemi di liquidità delle imprese. Infatti, l'assottigliarsi del mark-up, per ogni unità di prodotto venduto, andrebbe a comprimere il cash flow generato dalle imprese anche nel corso del 2021, aggravando una situazione già molto difficile», conclude il Csc.

(con fonte Askanews)