La neonata Ilva targata Mittal deve già fare i conti con «gravissime anomalie» nella selezione del personale
E’ appena nata la nuova Ilva targata Mittal e già si apre uno scontro sui criteri per le assunzioni da parte dell’azienda

TARANTO - E’ appena nata la nuova Ilva targata Mittal e già si apre uno scontro sui criteri per le assunzioni concordate nel piano che sono stati contestati dai sindacati, che parlano di scelte unilaterali da parte dell’azienda. Il prossimo appuntamento è previsto al ministero dello Sviluppo economico l’8 novembre e potrebbe non essere indolore. Dopo l'esperienza pubblica dell’Italsider e la successiva privatizzazione con la famiglia Riva, ora lo stabilimento di Taranto passa sotto la gestione della più grande potenza siderurgica del mondo, «che dovrà trovare al più presto l’interlocuzione con un territorio che non conosce e un dialogo costruttivo», scrive il Corriere del Mezzogiorno.
Le dimissioni «irrevocabili» del sindaco Rinaldo Melucci (Pd)
Questo mentre a Taranto lo scenario istituzionale è in subbuglio con le dimissioni «irrevocabili» del sindaco Rinaldo Melucci (Pd). Proprio il Corriere del Mezzogiorno parla della «bufera» sulle provinciali di Taranto con le dimissioni del sindaco, «sicché nella prossima primavera, salvo colpi di scena, la città tornerà al voto, a poco più di due anni dal voto». Il sindaco è uscito sconfitto dalla competizione di secondo livello per l’elezione del presidente della Provincia, dove ha prevalso il primo cittadino di Castellaneta, il forzista Giovanni Gugliotti, sostenuto dall’eterogeneo «Patto dei sindaci» (16 Comuni su 29) e da frange di centrosinistra, compresi alcuni settori vicini al governatore Michele Emiliano.
Da Riva a Mittal
Quella dei Riva è una famiglia che ha lasciato dietro di sé strascichi giudiziari pesanti. «Il nostro viaggio comincia oggi, insieme», ha annunciato ieri sui social l’amministratore delegato, Matthieu Jehl. Tutti gli stabilimenti siderurgici dell’Ilva sono formalmente passati alla nuova proprietà e ArcelorMittal ha assunto il pieno controllo direzionale dell’Ilva. Nella società, usciti di scena su disposizione dell’Antitrust europeo i Marcegaglia, Intesa Sanpaolo ha il 5,6% e i Mittal il 94,4%. Con il presidente, Lakshmi Mittal che ha affermato: «Vantiamo una lunga storia di rilancio di asset poco efficienti. Sono fiducioso nel fatto che riusciremo a ripristinare le prestazioni operative, finanziarie e ambientali di Ilva e che, nel farlo, creeremo valore per la nostra società, gli stakeholder di Ilva e l’economia italiana».
Come verranno spesi i soldi
Per la parte ambientale, ricorda Il Sole 24 Ore, 300 milioni, essendo finalizzati a bonifiche, deriveranno dalla transazione tra Ilva e Riva, con la quale sono rientrati in Italia i fondi da quest’ultimi tenuti all’estero. Si tratta di poco più di un miliardo e la maggior parte verrà ora usato dall’amministrazione straordinaria per le bonifiche che non fanno parte del perimetro produttivo di competenza di Mittal. Dovrebbe rientrarvi anche il risanamento dell’area esterna al siderurgico, lungo la gravina Leucaspide tra Taranto e Statte, sequestrata giorni fa dai magistrati. Altri 200 milioni verranno poi destinati al trattamento dei rifiuti, 300 alla copertura dei parchi e 200 ai forni del coke. Tutti settori ad alto impatto.
«Gravissime anomalie» nella selezione del personale
Per quanto riguarda però il capitolo del passaggio dei lavoratori dall’Ilva alla nuova società, Fim, Fiom, Uilm e Usb di Taranto hanno denunciato nei giorni scorsi «gravissime anomalie rispetto all’applicazione dei criteri» di selezione del personale con «molteplici incongruenze palesi sui criteri della professionalità, anzianità e carichi familiari, per effetto dei quali non vi è più ombra di dubbio come la selezione per centinaia dei distacchi sia stata operata attraverso criteri unilaterali da parte dell’azienda». Un chiarimento è atteso l’8 novembre quando al Mise è convocato il primo incontro di verifica degli accordi e i sindacati, oltre ad eventuali cause collettive, sono già pronti a nuove azioni di protesta.
Sequestrati 5 mln di tonnellate di rifiuti
Sul sequestro i militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Taranto hanno eseguito un decreto su alcuni siti al confine nord dello stabilimento Ilva che ricadono in agro dei comuni di Taranto, nelle adiacenze della Cava Mater Gratiae, e di Statte (Gravina Leucaspide), per una superficie complessiva pari a circa 530mila metri quadrati. Lì la Gdf ha scoperto circa 5 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi e non pericolosi di origine industriale, in cumuli dell'altezza di oltre 30 metri sopra il piano campagna. Nel procedimento penale risultano ora indagate 9 persone, tra responsabili amministrativi e tecnici protempore dell'Ilva spa dal 1995 al 2012, a vario titolo, per i reati di disastro ambientale doloso, distruzione e deturpamento di risorse naturali, danneggiamento, getto pericoloso di cose e mancata bonifica dei siti inquinanti. Gli indagati, riferiscono le Fiamme Gialle, avrebbero gestito queste aree senza metterle in sicurezza, evidenziando una precisa volontà di «porre in essere un disegno illecito volto a trarre un ingiusto vantaggio patrimoniale consistente in un risparmio degli oneri economici occorrenti per la loro bonifica».
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