I nuovi schiavi del XXI secolo sono i giovani sfruttati e sottopagati: ecco i settori più colpiti
Sembra proprio che il mercato del lavoro sia tornato indietro di decenni, dimenticando le battaglie di mezzo secolo di storia italiana. E i giovani sono i più colpiti
ROMA – Il lavoro è diventato «low cost». Ma solo per i datori di lavoro, non per i lavoratori. I nuovi schiavi del ventunesimo secolo percepiscono stipendi da fame e vedono calpestati quotidianamente i loro diritti. Sembra proprio che il mercato del lavoro sia tornato indietro di decenni, dimenticando le battaglie di mezzo secolo di storia italiana. I giovani sono i più colpiti, vittime della crisi economica stagnante e della globalizzazione che in ragione del libero mercato ha asfaltato il diritto del lavoro occidentale per inseguire il mito assoluto del profitto a tutti i costi. Ecco allora che oggi, nel 2017, in Italia sono moltissimi quelli che lavorano per pochi euro l'ora. Un esercito di disperati che non arriva alla fine del mese, che non può permettersi di lasciare la casa dei genitori o progettare il proprio futuro. E tanto meno può concedersi il lusso di protestare per le condizioni indegne nelle quali è costretto a lavorare. Perché a causa della disoccupazione dilagante la coda delle persone disposte a essere sottopagate senza pretendere nulla di più è lunghissima, visto che 3/4 euro l'ora sono sempre meglio di niente. E il 35,7% dei giovani tra 15 e 24 anni è senza lavoro.
I nuovi schiavi del XXI secolo
C’è chi fatica per 210 ore al mese, ma se ne vede retribuite solo 120 perché la maggior parte sono a nero e non vengono conteggiate. C'è chi dovrebbe percepire almeno 7 euro l'ora, e invece ne prende solo 3,50. C'è chi dovrebbe lavorare 8 ore al giorno e invece diventano 12 esposte alle intemperie. C'è anche chi non dovrebbe lavorare il weekend o i festivi, ma invece poi è costretto a farlo e non viene pagato come dovrebbe essere. Ma non finisce certo qui perché la lista dei nuovi schiavi del turbocapitalismo è lunghissima e ognuno di loro è una vittima del sistema. Come riporta La Stampa, i settori maggiormente colpiti sono quello agricolo, quello della ristorazione, quello alberghiero, quello sportivo o culturale, quello dei servizi così come quello della comunicazione. Così per un giornalista, al giorno d'oggi, è facile dover accettare ob torto collo un contratto di collaborazione a circa 300 euro al mese, che non copre neppure le spese, perché non c'è niente di meglio.
Un problema trasversale
Come diventa «normale» - si fa per dire, perché normale non è – per un cameriere di catering o per un fattorino lavorare 12 ore al giorno e prendere appena mille euro al mese. Ma il settore più penoso resta quello dell’agricoltura dove il lavoro nero e il caporalato decidono ancora della vita e della morte di un essere umano. Le donne sono le più penalizzate, perché spesso – soprattutto in contesti difficili come quello del Sud Italia – non hanno scelta. Ma ad essere sfruttati e sottopagati non sono solo gli ultimi della scala sociale, perché anche i medici italiani oggi vivono grandi difficoltà: basti pensare che l'85% dei 300 giovani medici piemontesi sottoposti a un recente sondaggio ha dichiarato di esser stato costretto a lavorare in condizioni degradanti e ingiuste. Uno di loro ha raccontato di esser stato costretto a lavorare in una colonia con 130 bambini assicurando una reperibilità di ventiquattr'ore al giorno (senza potersi allontanare dalla sua infermeria) e percependo un compenso di soli 600 euro al mese.
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