19 aprile 2024
Aggiornato 10:30
Cresce ancora la forbice nord-sud

Crisi senza fine, famiglie italiane ancora lontano dal benessere del 2007

Lo rileva la fotografia scattata dal nuovo Barometro Regionale della Cisl, integrativo del Barometro Nazionale Cisl, che mostra i diversi andamenti a livello regionale del benessere delle famiglie.

La crisi economica ha portato ad un pesante calo dell'indicatore della Coesione sociale
La crisi economica ha portato ad un pesante calo dell'indicatore della Coesione sociale Foto: Shutterstock

MILANO - Le Regioni del Sud rappresentano il fanalino di coda per il benessere delle famiglie, ma la coesione sociale cala anche nelle regioni del Nord. Le regioni che hanno perso di più dall'inizio della crisi fino all'autunno 2014 sono infatti quelle meridionali (nell'ordine Sicilia, Campania, Calabria, Sardegna), che già partivano da posizioni largamente inferiori alla media. Ma perdite tra 8 e dieci punti si evidenziano anche in altre regioni, come l'Umbria, l'Emilia Romagna, le Marche, la Lombardia, la Toscana e la Liguria. Lo rileva la fotografia scattata dal nuovo Barometro Regionale della Cisl, integrativo del Barometro Nazionale Cisl, che mostra i diversi andamenti a livello regionale del benessere delle famiglie.
I grafici mostrano, che posto uguale a 100 il livello del benessere nel suo complesso in Italia nel primo trimestre 2007 «tutte le regioni italiane presentavano al IV trimestre 2016 livelli di benessere complessivi sui tre indicatori considerati del Lavoro, dell'Istruzione e della Coesione sociale, ancora largamente inferiori a quelli segnati all'inizio della crisi». Negli ultimi due anni vi è stato «un certo miglioramento, ma questo è stato molto differenziato nelle diverse aree».
Sempre con riferimento al IV trimestre 2016, si osserva che il miglioramento dell'indice Cisl di benessere complessivo rispetto al 2014 è comune a tutti e tre i domini considerati (Lavoro, Istruzione e Coesione sociale), ma i maggiori progressi si sono avuti per il dominio relativo al Lavoro. In quest'ambito "tutte le regioni (a parte la Calabria) hanno registrato tra il 2014 e il 2016 un incremento dell'indicatore sintetico per effetto dei miglioramenti, sia in termini quantitativi che qualitativi, dovuti al bonus occupazione, con gli sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato; le risposte anche qui però sono state articolate a livello regionale. Più recentemente i miglioramenti in termini di stabilità del lavoro sono stati contenuti; le incertezze legate all'intensità della ripresa economica inducono le imprese a preferire un tipo di occupazione che non le vincoli nel lungo periodo".

Pesante calo della coesione sociale
La crisi ha portato ad un pesante calo dell'indicatore della Coesione sociale. Questo ha interessato massicciamente le regioni del Sud, che già si trovavano in fondo alla classifica. E' il caso della Sicilia, della Campania, della Calabria, della Sardegna. Ma ha coinvolto anche regioni del Nord e del Centro, come la Liguria, la Lombardia, l'Umbria, la Toscana, l'Emilia, la Valle d'Aosta, il Veneto. Alcune di queste regioni, prevalentemente al Nord, hanno recuperato livelli un po' migliori nel biennio 2014 - 2016; altre si sono stabilizzate sui livelli minimi.
Un recupero completo rispetto ai livelli pre-crisi si è avuto solo per quanto riguarda il dominio Istruzione, in particolare nelle regioni del Centro-nord dove nel 2016 l'indicatore di dominio registra valori generalmente superiori rispetto a quanto si osservava nel 2007, pure restando intatta la grande distanza rispetto agli altri paesi europei. Il Mezzogiorno ha valori dell'indice mediamente più bassi rispetto al resto del Paese e stazionari rispetto a 9 anni fa; in alcune regioni taluni indicatori di questo dominio continuano ad avere andamenti sfavorevoli.

Cresce la forbice nord-sud
Dai Barometri regionali, rileva la Cisl, risulta «un quadro molto più rigoroso, complesso e preoccupante» rispetto a quello nazionale. «Il differenziale del Pil per area geografica nel periodo 2007-2016 è aumentato: il Meridione ha perso 2,8 punti percentuali rispetto al Centro e 6,1 punti percentuali rispetto al Nord. Non diversamente il differenziale degli occupati, nello stesso periodo, penalizza il Meridione di 7,1 punti percentuali rispetto al Centro e di 10,6 punti percentuali rispetto al Nord. La concavità, un vero e proprio strapiombo, che i grafici radar disegnano seguendo la curva degli indici delle regioni meridionali, rappresenta visivamente l'ulteriore peggioramento delle distanze territoriali nel nostro Paese», si legge nello studio.
«L'aggravarsi degli storici squilibri territoriali è associato ad una nuova linea differenziale, trasversale alle aree industrializzate, che riguarda gli insediamenti territoriali delle imprese eccellenti integrate nelle catene globali del valore e la conseguente incidenza delle esportazioni regionali sui Pil regionali. Le Regioni con un valore di questo indice superiore al 30% si stanno avvicinando ai livelli economici e sociali del 2007, mentre quelle con un valore basso dell'indice e con un'alta incidenza del settore pubblico sul valore aggiunto regionale ne restano molto più lontane. L'Italia è lunga e la crisi ha aggravato e complicato le linee di differenziazione territoriale, come gli indici economici e sociali dei Barometri regionali segnalano», conclude la Cisl.