26 aprile 2024
Aggiornato 22:00
Crescita annua +0,7%

Pil, Istat: crescita nulla nel secondo trimestre

La crescita economica subisce una battuta d'arresto: rispetto al 2015 si registra una progressione dello 0,7% contro il +1% del primo trimestre. A repentaglio l'obiettivo di crescita del Governo all'1,2%

ROMA - Il Pil del II trimestre è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente mentre su base annuale la crescita è stata pari a +0,7%. E' quanto indica l'Istat nella stima preliminare. Si tratta di una frenata rispetto al I trimestre quando la variazione del Pil era stata pari a +0,3% su base congiunturale e +1,0% su base annuale.

Domanda in negativo
La variazione congiunturale, scrive l'Istat, è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell'agricoltura e dei servizi e di una diminuzione in quello dell'industria. Dal lato della domanda, vi è un lieve contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte), compensato da un apporto positivo della componente estera netta. Il secondo trimestre del 2016 ha avuto una giornata lavorativa in più del trimestre precedente e una giornata lavorativa in più rispetto al secondo trimestre del 2015. Nell'ipotesi di crescita nulla nei due prossimi trimestri, la variazione del Pil acquisita per il 2016, spiega l'Istat, è pari a 0,6%.

Coldiretti: la deflazione pesa sull'agricoltura
 A sostenere il Pil in Italia contribuisce l'agricoltura sulla quale pesa, però, la deflazione con prezzi anche dimezzati nei campi come per il grano duro ma riduzioni rilevanti dei compensi nelle campagne riguardano anche gli allevamenti. E' quanto afferma la Coldiretti nel commentare la variazione congiunturale positiva del valore aggiunto in agricoltura nel secondo trimestre registrata dall'Istat.

Prezzi crollati per raccolti e allevamenti
Nelle campagne è deflazione profonda - sottolinea la Coldiretti - con i prezzi crollati per raccolti e per gli allevamenti che non coprono più neanche i costi di produzione o dell'alimentazione del bestiame. Il risultato è che oggi il grano duro per la pasta - continua la Coldiretti - viene pagato anche 18 centesimi al chilo mentre quello tenero per il pane è sceso addirittura ai 16 centesimi al chilo, su valori che mettono a rischio il futuro del granaio Italia. Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera piu' rappresentativa del Made in Italy mentre - denuncia la Coldiretti - dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa del 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%.

Oggi gli agricoltori - precisa la Coldiretti - devono vendere tre litri di latte per bersi un caffè o quindici chili di grano per comprarsene uno di pane. Le coltivazioni come il latte e la carne subiscono la pressione delle distorsioni di filiera e dal flusso delle importazioni selvagge che fanno concorrenza sleale alla produzione nazionale perché vengono spacciati come Made in Italy per la mancanza di indicazione chiara sull'origine in etichetta. A rischio è il futuro di prodotti simbolo del Made in Italy ma anche un sistema produttivo sostenibile che - conclude la Coldiretti - garantisce reddito e lavoro a centinaia di migliaia di famiglie e difende il territorio nazionale dall'abbandono, dal degrado e dalla desertificazione.


(con fonte Askanews)