Brexit, le banche salutano Londra: ecco cosa rischiano le filiali italiane
L'allarme lanciato dal presidente dell'Aibe è di quelli importanti. I costi finanziari della brexit potrebbero essere più alti del previsto: ecco cosa rischiano le filiali italiane di banche straniere e perché potrebbe essere un regalo per Parigi, Francoforte e Milano
ROMA – L'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea ci mette di fronte a scenari politico-economici del tutto sconosciuti. Gli effetti collaterali della brexit coinvolgeranno mercati, capitali, mezzi di trasporto, istituzioni bancarie e persone. E dall'onda d'urto del cambiamento potrebbero essere travolte anche le filiali italiane delle banche estere, in particolare quelle britanniche. Cosa rischiano e cosa ne sarà di loro?
Cosa rischiano le filiali italiane di banche straniere
Comprendere fino in fondo la portata delle conseguenze della brexit ad oggi è impossibile. Solo tra qualche anno, forse, potremmo tirare le somme di un evento di questa portata. Di sicuro, l'onda d'urto partita dal risultato del referendum inglese travolgerà nel prossimo futuro la politica, l'economia, la finanza e la società europee. Tra le incognite che ci si parano dinnanzi, ce n'è una che finora ha avuto poco spazio sui giornali: il destino delle molteplici istituzioni finanziarie estere, in particolare britanniche, presenti in Italia.
L'allarme lanciato dal presidente dell'Aibe
A lanciare per primo l'allarme è Guido Rosa, il presidente di Aibe (l'Associazione Italiana Banche Estere), come riporta l'articolo di Laura Magna su Formiche.net che ha affrontato la delicata questione. Secondo Rosa, dopo la brexit, le filiali italiane di banche estere dovranno affrontare non pochi problemi, perché diventeranno extracomunitarie. Fino ad ora, infatti, erano considerate europee grazie al passaporto Ue, ma dal momento in cui verrà ufficializzata l'uscita del Regno Unito dall'Unione, «non usufruiranno più delle facilitazioni delle banche comunitarie che riguardano la libertà di apertura di sportelli e la dotazione patrimoniale».
I costi finanziari della brexit
E i problemi in questione non si limiteranno agli istituti bancari britannici, perché molte banche extraeuropee in realtà «utilizzavano Londra come base per operare in Europa». E quasi tutte hanno filiali in Italia, nelle quali lavorano diversi dipendenti che dovranno affrontare le conseguenze di questa vera e propria rivoluzione copernicana dell'Ue. Ecco alcuni esempi: Barclays, Hsbc, Standard Chartered Bank, Royal Bank of Scotland, Nomura Bank International. Secondo Rosa, si tratta di un cambiamento «tutt’altro che irrilevante, che comporta alti costi, complicazioni procedurali e tempi lunghi». Nel Belpaese molti dipendenti di banche straniere potrebbero perdere il lavoro.
Un'occasione ghiotta per Milano
Il colosso della consulenza legale e fiscale PwC ha calcolato che il costo della Brexit, nel campo dei servizi finanziari, determinerà la perdita di diverse migliaia di posti di lavoro solo nella City: tra le 70 mila e le 100 mila unità. Ma non tutto il male vien per nuocere. Molte di queste banche stanno pensando di trasferire i loro dipendenti, e alcuni paesi membri dell'Ue si stanno sfregando le mani. E' il caso della Francia, perché la presidente dell’Ile-de-France, Valerie Pecresse, ha già coniato un nuovo slogan per attirare gli investimenti delle banche straniere nel suo paese: «Benvenuti a Parigi, la nuova Londra». E Hsbc sta già ipotizzando il trasferimento di circa mille dipendenti dalla capitale inglese alla capitale francese. Ma anche Francoforte è in lista per diventare la seconda City. In Italia, invece, potrebbe essere Milano a fare da magnete. E la brexit, in questo caso, si rivelerebbe una manna per le nostre istituzioni locali.
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