Fmi: «Le partite correnti dell'Italia sono troppo deboli»
Il vicedirettore del fondo ammonisce che gli squilibri macroeconomici nel mondo si sono ridotti ma sono ancora troppo grandi
NEW YORK (askanews) - In Italia, così come in Francia e Spagna, le partite correnti «sono ancora più deboli di quanto sia desiderabile, anche dopo i notevoli incrementi degli ultimi anni». Lo sostiene il Fondo monetario internazionale, che oggi ha diffuso un rapporto dedicato agli squilibri esterni di 28 delle principali economie al mondo più l'Area euro. In esso l'istituto di Washington analizza gli sviluppi recenti e fornisce un quadro aggiornato delle posizioni nette sull'estero inclusi i flussi di capitale, riserve internazionali e, tra gli altri, partite correnti. Su quest'ultimo fronte il Fondo spiega che «all'interno dell'Area euro, la situazione dei Paesi membri continua a differire. Ciò include un gap delle partite correnti notevolmente positivo in Germania».
Gli squilibri macroeconomici tra i paesi sono troppo grandi
A commento del rapporto David Lipton, vicedirettore del Fondo, ha spiegato che rispetto al 2006-2008, gli squilibri nel mondo si sono «ridotti» ma sono ancora «troppo grandi» e pochi progressi sono stati fatti per ridurli. «Per esempio, il deficit troppo ampio degli Usa si è ristretto ma quello del Regno Unito e di alcuni mercati emergenti si è ampliato. Da un punto di vista globale, una simile 'rotazione' di deficit sostituisce un problema con un altro». Per Lipton, ci devono essere progressi sia nelle nazioni con un avanzo sia in quelle in deficit. In generale, «servono politiche che spingano la domanda interna nelle economie in surplus e la crescita di tale domanda nelle economie con un deficit eccessivo», ha aggiunto Lipton.
Servono interventi di politica economica coordinati tra le nazioni
«In alcuni casi la politica fiscale potrebbe essere parte degli sforzi per l'aggiustamento della domanda ma sono necessarie anche politiche strutturali che condizionino i risparmi e i tassi di investimento del settore privato». Per il numero due del Fondo, i rischi dell'inazione - o di un'azione squlibrata - sono vari. «Nel migliore dei casi, l'inazione su squilibri in eccesso significherebbe un'opportunità persa determinando un risultato mediocre a livello globale in termini di crescita e stabilità. Azioni insufficienti per ridurre deficit in eccesso implicherebbero rischi addizionali alla stabilità finanziaria». Per Lipton, azioni solo da parte delle economie con un deficit di bilancio senza un'azione da parte di quelle in avanzo comporterebbe «la riduzione globale della domanda».
- 02/10/2020 Galloni: «Perché l'Italia va verso il baratro (e come potrebbe salvarsi)»
- 24/08/2020 Carlo Bonomi: «Rischiamo una crisi irreversibile»
- 12/08/2020 Paganini: «Le politiche economiche di questo governo creano solo la decrescita felice»
- 17/06/2020 La speranza di Romano Prodi: «Se facciamo presto con misure economiche tragedia limitata»